Non occorre la presenza del titolare per gli accessi presso la società
Pubblicato il 17/09/22 00:00 [Doc.11054]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Secondo la normativa se la sede dell'amministrazione dell'impresa o l'oggetto principale dell'attività sono situati in Italia deve essere applicata la legge italiana
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In caso di verifiche all'interno della sede di una società di capitali non è necessaria la presenza del "titolare", è sufficiente quella di un delegato incaricato anche oralmente, non essendo prescritti particolari requisiti di forma, come avviene invece per gli accessi presso locali destinati all'esercizio di arti e professioni. Questo il principio espresso dalla Cassazione con sentenza n. 24262 dello scorso 4 agosto.

La pronuncia in commento giunge a conclusione di un iter processuale di merito nel quale la Commissione regionale del Lazio aveva respinto l'appello proposto da un contribuente avverso la sentenza della Ctp di Roma che, a propria volta, aveva respinto il ricorso proposto contro un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società Ltd, con il quale venivano accertati e recuperati redditi non dichiarati in Italia. In particolare, l'ufficio riteneva che sebbene l'impresa avesse sede legale alle Bahamas e sede operativa negli Usa, avesse operato in Italia, non dichiarando il reddito prodotto.

La Ctr del Lazio, confermando la pronuncia di primo grado, rilevava che:

la sede amministrativa e, conseguentemente, la residenza fiscale, della società erano da collocarsi in Roma
che anche la sede effettiva era in Roma
che la società era il reale soggetto passivo delle imposte oggetto del giudizio.
Quanto alla legittimazione del ricorrente, la Ctr evidenziava che il medesimo aveva proposto ricorso e si era difeso in giudizio a sostegno della posizione fiscale della società, così dimostrandosi suo legale rappresentante ovvero comportandosi come tale o, quanto meno come amministratore di fatto, equiparabile all'amministratore di diritto, restando irrilevante che al momento della notifica non rivestisse più tale carica, atteso che la circostanza non risultava dal registro delle imprese.
In ordine alle attività di accertamento, il Tribunale regionale escludeva che fossero inficiate da irregolarità in quanto ogni operazione si era svolta alla presenza del rappresentante o di un suo delegato e per ogni accesso era stato redatto pvc sottoscritto da quest'ultimo o da suo delegato e consegnato alla parte.
Il contribuente, infine, aveva tenuto un comportamento non ispirato ai principi di collaborazione con il Fisco in quanto, solo in data 18 dicembre 2001 aveva contestato la propria carenza di legittimazione, presuntivamente risalente al mese di giugno, sebbene le operazioni di controllo fossero iniziate il 7 febbraio 2001 e alla data del 18 dicembre 2001 fossero ancora in corso.

Il contribuente ha impugnato la decisione della Ctr articolando il ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi ai quali ha replicato l'Agenzia con autonomo controricorso.
Il gravame di parte si articolava, in sostanza, sui seguenti ordini di censure:

errata validità sia della notifica dell'avviso di accertamento eseguita nei confronti della società presso la sede romana sia della notifica effettuata nei confronti del contribuente, qualificato in relata rappresentante legale della società, presso la sua residenza estera
violazione del principio del contraddittorio nel corso della verifica, avvenuta in assenza del rappresentante legale della società, sebbene in appello fosse stato ribadito che quest'ultimo, essendo cessato dalla carica di componente del consiglio di amministrazione della società in data 8 giugno 2001, non era legittimato ad assistere alle operazioni, e sebbene l'attività di controllo si fosse protratta sino al 6 marzo 2006, con conseguente nullità del procedimento e dell'avviso di accertamento
violazione e falsa applicazione dell'articolo 25, comma 2, lettera f) della legge n. 218/1995 assumendo che la società attinta dall'accertamento aveva la propria sede legale nello Stato delle Bahamas, sicché, ai sensi della citata norma, la rappresentanza organica avrebbe dovuto essere accertata secondo la legge societaria di detto ultimo Stato.

I giudici di piazza Cavour, con la sentenza in esame, ha rigettato il ricorso del contribuente con sua condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
La Commissione tributaria del Lazio, ritenendo, in conformità a quanto già espresso dalla Ctp, che il ricorso fosse imputabile alla società e che, in ragione del contenuto del medesimo vi fosse stata utilizzo del nome di quest'ultima, ha fatto buon governo della giurisprudenza della Corte in materia in base alla quale "il requisito della spendita del nome, necessario perché l'atto compiuto dal rappresentante possa essere imputato al rappresentato, non richiede l'uso di formule sacramentali e può evincersi anche dalle modalità con le quali l'atto stesso viene compiuto".

Anche la censura di presunta violazione dell'articolo 25, comma 2, lettera f) della legge n. 218/1995 è stata ritenuta infondata.
L'articolo 25 citato prevede che si applichi la legge italiana se la sede dell'amministrazione della società è situata in Italia ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale dell'ente.
La sentenza ha espressamente accertato che la sede effettiva della società era in Roma, luogo dove venivano svolte pressoché tutte le attività di amministrazione, di direzione e, nella sostanza, di gestione della società stessa.
Su tale statuizione, non oggetto di gravame, si è formato il giudicato interno.
In ragione della medesima non vi è stata alcuna violazione della norma citata. Va aggiunto che la sentenza resa da questa Corte nel giudizio per revocazione della medesima sentenza impugnata ha definitivamente acclarato che la cessazione della rappresentanza del ricorrente non è stata iscritta nel registro delle imprese di Roma (Cassazione, pronuncia. 14496/2022).
La Cassazione, inoltre, ha già avuto più volte modo di affermare che le variazioni nella rappresentanza della persona giuridica o della sede non sono opponibili ai terzi se non iscritte nel registro delle imprese e lo sono solo a partire dalla data di iscrizione (Cassazione, n. 26130/2016 e, n. 22754/2012).

Infine, il ricorrente ha censurato la sentenza di appello in ordine a quanto statuito sull'eccezione relativa alla violazione del contraddittorio da parte dei verificatori per essersi svolta l'attività di verifica in assenza del rappresentante legale.
La Corte ha già chiarito sul punto che, in caso di accertamento e verifiche presso i locali dell'impresa, non è necessaria la presenza del "titolare", ma è sufficiente quella di un delegato, cui l'incarico può essere conferito anche oralmente, non essendo prescritti particolari requisiti di forma, al caso in commento, infatti, non è applicabile l'articolo 52 del decreto Iva, il quale prevede l'obbligo di eseguire l'accesso "in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato" che riguarda, come testualmente previsto solo questa specifica ipotesi, evidentemente diversa da quella ricorrente nella vicenda in esame, posto che l'accesso è stato eseguito presso la sede di società di capitali (cfr Cassazione, pronuncia n. 6683/2017).


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