Clausole statutarie su quorum a tutela delle minoranze non modificabili col quorum ordinario
Pubblicato il 27/05/16 08:07 [Doc.1138]
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In presenza di una clausola statutaria che prevede un quorum rafforzato a garanzia di una minoranza qualificata, se lo statuto non prevede diversamente la clausola non può essere modificata col quorum ordinario.

Decisione: Sentenza n. 4967/2016 Cassazione Civile - Sezione I

Il caso.
La Corte di Appello accoglieva l'appello principale proposto dalla società e rigettava la domanda di annullamento della delibera assembleare della stessa proposta da alcuni soci, evidentemente di minoranza nella compagine sociale.
Lo statuto sociale prevedeva, sia in prima che in seconda convocazione, una maggioranza del 60% per le delibere assembleari concernenti alcune materie.
La Corte di appello ha ritenuto insussistente il lamentato abuso di maggioranza, e ha ritenuto che l'assemblea dei soci (tenutasi nel 2001, quindi in vigenza del testo previgente alla riforma del diritto societario) abbia legittimamente proceduto a mutare tale clausola (ai sendi dell'art. 2369 codice civile) con il quorum ordinario.
Per la Corte di Appello, il lamentato abuso non sussisteva per tre ragioni:
- l'abuso non sarebbe configurabile con riferimento a una delibera costituente un atto preparatorio della decisione asseritamente abusiva;
- comunque la previsione statutaria aveva sottratto alla maggioranza qualificata le delibere aventi ad oggetto le modifiche allo statuto, attribuendo sono in via temporanea e precaria ai soci di minoranza un peso determinante nell'adozione di decisioni in tali materie;
- non era stata dimostrata l'intenzionalità specificamente dannosa di sottrarsi al controllo della minoranza da parte del socio di maggioranza.
I soci propongono ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a ben 16 motivi.

La decisione.
Il Collegio riunisce i primi otto motivi di ricorso, e li esamina congiuntamente per ragioni di economia espositiva, ritenendo fondate, nel loro complesso, le censure svolte.
La Suprema Corte premette che «il sindacato di legittimità sull'interpretazione fornita dal giudice di merito, quanto al contenuto delle previsioni contrattuali, ha ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente la individuazione dei criteri ermeneutici scelti e del processo logico seguito dal giudice di merito, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v., ad es, Cass. 29 luglio 2004, n. 14495)».
E, al riguardo, precisa che «Nel sistema normativo delineato dagli artt. 1362 e ss. cod. civ., si osserva che la verifica condotta alla stregua della formulazione letterale deve comunque essere accompagnata dalla applicazione dei criteri dell'interpretazione dell'interpretazione funzionale, ai sensi dell'art. 1369 cod. civ., e dell'interpretazione secondo buona fede, ai sensi dell'art. 1366 cod. civ., che si caratterizzano quali primari criteri d'interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto, avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (v., di recente, Cass. 22 ottobre 2014, n. 22343, la quale ribadisce che il primo di tali criteri consente di accertare il significato dell'accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta, laddove il secondo si specifica in particolare nel significato di lealtà, al fine di non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte)».
Tanto premesso, per la Cassazione «proprio muovendo dai dati fattuali assunti dalla sentenza impugnata e dalla ricostruzione della causa negoziale, quale accertata dalla Corte territoriale, emerge che la soluzione interpretativa raggiunta non risponde ai sopra ricordati criteri ermeneutici».
E ne trae la seguente conclusione: «salva una non equivoca diversa volontà negoziale, nella specie insussistente, una clausola che protegga la minoranza richiedendo una maggioranza rafforzata per le delibere aventi ad oggetto gli argomenti concernenti determinate materie non può essere modificata da una maggioranza più limitata».
Infine, nel decidere il caso specifico, accoglie i primi otto motivi di ricorso, dichara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito (non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto), annulla la delibera impugnata limitatamente alla parte con cui è stata modificata la maggioranza richiesta.

Osservazioni.
Per la Suprema Corte, lo statuto sociale deve essere interpretato secondo buona fede e avendo presente lo scopo pratico perseguito dalle parti.
Non si rilevano decisioni specifiche della Cassazione sulla fattispecie oggetto della decisione, ma è utile ricordare che anche prima della riforma societaria del 2003, la giurisprudenza di legittimità e di merito ha affermato che è nulla la clausola statutaria che impone un quorum costitutivo in seconda convocazione, in quanto arreca un grave pregiudizio all'efficienza delle imprese (Cass. 5595/1988; 2198/1990; Tribunale di Bologna 1984).

Disposizioni rilevanti.
REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 262
Codice civile
Vigente al: 31-12-2001 (testo previgente)

Art. 2369 - Seconda convocazione
Se i soci intervenuti non rappresentano complessivamente la parte di capitale richiesta dall'articolo precedente, l'assemblea deve essere nuovamente convocata.
Nell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fissato il giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver luogo nello stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere riconvocata entro trenta giorni dalla data della prima, e il termine stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto ad otto giorni.
In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci intervenuti, e l'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più del terzo del capitale sociale, a meno che l'atto costitutivo richieda una maggioranza più elevata.
Tuttavia anche in seconda convocazione è necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento anticipato di questa, il trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione di azioni privilegiate.

REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 262
Codice civile
Vigente al: 21-05-2016 ( testo vigente)
CAPO IV Dell'interpretazione del contratto

Art. 1362 - Intenzione dei contraenti
Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

Art. 1363 - Interpretazione complessiva delle clausole
Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto.

Art. 1364 - Espressioni generali
Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.

Art. 1365 - Indicazioni esemplificative
Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.

Art. 1366 - Interpretazione di buona fede
Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede.

Art. 1367 - Conservazione del contratto
Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

Art. 1368 - Pratiche generali interpretative
Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell'impresa.

Art. 1369 - Espressioni con più sensi
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto.


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