Confisca antimafia – Accollo cumulativo – Inconfigurabilità come elemento ostativo al riconoscimento dei diritti di credito della banca mutuante, quale terza creditrice ipotecaria, e della sua buona fede, ex art. 52 D. Lgs. 159/2011.
Pubblicato il 27/05/16 08:38 [Doc.1139]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Cass. Pen., I° Sez., Sent. n. 22143/2016, Ud. 22/4/2016, Dep. 26/5/2016.

La Suprema Corte – in esito al ricorso proposto dalla banca mutuante avverso il decreto di reiezione della sua istanza di ammissione al credito, avanzata ex art. 1, comma 194, L. 228/2012 – l’ha ritenuto fondato, annullando con rinvio il provvedimento impugnato, alla luce dei seguenti motivi.

1) In merito alla buona fede della banca.

Contraddittorietà sul punto del decreto del Tribunale, che per un verso ha osservato che è mancata la prova dell’adesione dell’istituto mutuante all’accordo di accollo tra la mutuataria (estranea a tematiche di mafia) e l’impresa accollante (il cui patrimonio è stato attinto dalle confische antimafia), e per altro verso fa riferimento alla mancanza di prova da parte della banca istante circa l’esistenza, alla data di adesione da parte dell’istituto mutuante all’accollo pro quota del muto fondiario, di una situazione patrimoniale della terza accollante che le avrebbe permesso di pagare con le sole risorse lecite le rate del mutuo accollatosi; in sostanza, il provvedimento pare ritenere prima inesistente e poi esistente l’adesione dell’istituto mutuante all’accollo del mutuo.
La banca ha chiarito detta circostanza, precisando che nessuna adesione c’era mai stata da parte sua, in quanto non necessaria, visto che non si trattava di accollo privativo, liberatorio dell’originario mutuatario. E ciò ha fatto cadere la motivazione del decreto di reiezione del Tribunale in punto di buona fede del creditore.

- In merito all’efficacia dell’accollo del mutuo da parte dell’accollante nei confronti della banca mutuante, pur in assenza di tale adesione.

Al riguardo la Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza della Cassazione civile secondo cui si è affermato che nel sistema dell’art. 1273 c.c., che costruisce l’ipotesi di accollo a efficacia esterna come vero e proprio contratto a favore di terzo, l’adesione all’accollo da parte del creditore sortisce il solo effetto di rendere irrevocabile la relativa stipulazione, ma non è in ogni caso tale adesione a rendere l’accollo “esterno”, in quanto idoneo a realizzare una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, produttivo di un’obbligazione dell’accollante verso il creditore, atteso che un tal effetto consegue direttamente dal negozio di accollo tra accollante e debitore accollato (Sez. I, sent. n. 4383/2014).

Per il che – concludono gli Ermellini – in relazione al mutuo stipulato dalla banca con impresa estranea alle tematiche mafiose, l’istituto di credito non ha espresso alcun consenso all’accollo da parte dell’accollante (impresa il cui patrimonio è stato sottoposto a confisca antimafia), non essendosi trattato di accollo privativo, ma cumulativo, senza che ciò impedisse il sorgere del suo diritto di credito nei confronti dell’accollante stessa, in virtù della disciplina dei contratti a favore di terzo.

Donato Giovenzana – Legale d’impresa


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