Gli investimenti “alla cieca”, per carenza di informazioni, danno diritto al risarcimento a carico della banca.
Pubblicato il 09/06/16 00:17 [Doc.1185]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Cass. , 1^ Sez. civ., n. 11466, Ud. 22/2/2016, Dep. 3/6/2016.

La Suprema Corte ancora una volta ha condannato l’intermediario all’integrale risarcimento dell’investimento effettuato da parte del cliente, in ragione della evidente violazione degli obblighi informativi su di esso incombenti ex art. 28, comma 2, del Reg. CONSOB n. 11522 del 1998.

Ed invero, nel caso in esame, l’intermediario non ha offerto alcuna soddisfacente informazione, essendosi limitato a consegnare all’investitore un foglio scaricato da internet, contenente informazioni insufficienti, quantunque la circostanza che le obbligazioni in discorso non fossero dotate di rating imponesse alla banca anzitutto di documentarsi sulle caratteristiche, sulla rischiosità dell’investimento e, successivamente, di informare debitamente il cliente degli elementi di giudizio acquisiti.

Infatti - come mirabilmente precisato dagli Ermellini – ciò che si chiede all’intermediario finanziario non è di prevedere il futuro (nella fattispecie de qua il default), ma di porre in condizioni l’investitore di effettuare scelte consapevoli, avendo cioè a disposizione dati adeguati a formarsi un convincimento sulla convenienza e sicurezza dell’operazione.

Per la Suprema Corte, alla base della complessiva finalità della previsione dettata in tema di obblighi informativi dell’intermediario finanziario sta la considerazione secondo cui ogni investitore razionale è avverso al rischio, sicchè il medesimo, a parità di rendimento, sceglierà l’investimento meno aleatorio e, a parità di alea, quello più redditizio, se non si asterrà perfino dal compiere l’operazione, ove l’alea dovesse superare la sua propensione al rischio. La scelta tra differenti opportunità di investimento è quindi essenzialmente un problema di raccolta e di valutazione di informazioni, ovvero di ogni dato sulla natura dello strumento finanziario, sul suo emittente, sul suo rendimento e sull’economia nel suo complesso, compresa l’informativa circa l’eventuale sussistenza, con riferimento alla singola operazione da porre in essere, di una situazione di cd. grey market, cioè di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo ed il rating del prodotto finanziario nel periodo in considerazione, o – addirittura – di una situazione di imminente default economico dell’emittente. E’ evidente che, essendo le informazioni finanziarie complesse e costose, nei rapporti di intermediazione finanziaria le imprese di investimento posseggono – ovvero devono procurarsi – elementi informativi diversi e superiori rispetto a quelli a disposizione degli investitori, o da essi acquisibili.

Pertanto, anche soltanto la sottolineatura della mancanza di rating costituisce un elemento che, se adeguatamente comunicato e valorizzato, potrebbe, già da solo, almeno secondo parametri di normalità, porre l’investitore sull’avviso e, se non altro, suscitare in lui un fondato dubbio in ordine alla sicura percorribilità dell’affare.

Donato Giovenzana – Legale d’impresa


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