L'immediatezza della contestazione, ex art. 7, L. n. 300/1970, deve essere interpretata con ragionevole elasticità.
Pubblicato il 24/06/16 13:45 [Doc.1247]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Cassazione civile, sez. lav., Sent. n. 12824/2016, ud. 3/3/2016, dep. 21/6/2016.

La Suprema Corte, riguardo alla ritenuta mancanza di tempestività della contestazione disciplinare - a confutazione delle decisioni dei Giudici di merito - dopo aver premesso che

• nell'ambito del procedimento disciplinare regolato dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, il requisito della immediatezza deve essere interpretato con ragionevole elasticità, il che comporta che il giudice deve applicare il suddetto principio esaminando il comportamento del datore di lavoro alla stregua degli artt. 1375 e 1175 c.c., e può dallo stesso discostarsi eccezionalmente, indicando correttamente le ragioni che lo hanno indotto a non ritenere illegittima una contestazione fatta non a ridosso immediato dell'infrazione;

• per quel che concerne il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si è osservato che il principio tanto dell'immediatezza della contestazione dell'addebito quanto della tempestività del recesso datoriale, la cui "ratio" riflette l'esigenza di osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo necessario, in relazione al caso concreto e alla complessità dell'organizzazione del datore di lavoro, per un'adeguata valutazione della gravità dell'addebito mosso al dipendente e della validità o meno delle giustificazioni da lui fornite,

ha precisato che

• in tema di procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente di datore di lavoro privato, la regola desumibile dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, secondo cui l'addebito deve essere contestato immediatamente, va intesa in un'accezione relativa, ossia tenendo conto delle ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti contestati (da effettuarsi in modo ponderato e responsabile anche nell'interesse del lavoratore a non vedersi colpito da incolpazioni avventate), soprattutto quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti che, convergendo a comporre un'unica condotta, esigono una valutazione unitaria, sicchè l'intimazione del licenziamento può seguire l'ultimo di questi fatti, anche ad una certa distanza temporale da quelli precedenti." Nella fattispecie, così come emerge pacificamente dalla lettura del ricorso e del controricorso, in data 24.10.2007, nell'ambito di un'indagine interna della società postale, la R. fu convocata insieme ad altri tre dipendenti in relazione ai fatti di causa e nel corso di quell'incontro la medesima lavoratrice evidenziò l'inopportunità di rispondere per non pregiudicare l'esito della difesa in sede penale.


Donato Giovenzana – Legale d’impresa


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