L’art. 33 CCNL dei bancari non contempla anche l’obbligo di comunicazione dell’impugnativa del PM.
Pubblicato il 24/06/16 19:19 [Doc.1249]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sent. n. 13049/2016, Ud. 17/2/2016, Dep. 23/6/2016.

La Suprema Corte ha accolto lo specifico motivo di ricorso avanzato da un dipendente di Banca, cassando con rinvio, sul punto, la sentenza di seconde cure.

Infatti, secondo gli Ermellini,

• atteso il contenuto della previsione contrattuale di cui all’art. 33 del CCNL del settore creditizio, secondo cui “Il lavoratore/lavoratrice il quale venga a conoscenza, per atto dell’autorità giudiziaria (Pubblico ministero o altro magistrato competente), che nei suoi confronti sono svolte indagini preliminari ovvero è stata esercitata l’azione penale per reato che comporti l’applicazione di pena detentiva anche in alternativa a pena pecuniaria, deve darne immediata notizia all’azienda. Analogo obbligo incombe sul lavoratore/lavoratrice che abbia soltanto ricevuto informazione di garanzia”,

• la finalità di detta norma collettiva consiste nel rendere il datore di lavoro compiutamente e precisamente informato di vicende potenzialmente incidenti sul legame fiduciario tra le parti,

per il che,

• ai fini dell’assolvimento dell’obbligo in argomento, è sufficiente che il dipendente dia puntuale ed immediata notizia al datore di lavoro dell’esistenza di indagini penali preliminari nei suoi confronti o dell’inizio del procedimento penale a suo carico o della ricezione dell’informazione di garanzia, per cui ogni altra pretesa di adempimento di comunicazione che non rientri in quelle sopra previste resta fuori dalla prescrizione contrattuale in esame e non può essere fatta oggetto di contestazione disciplinare. D’altra parte, la norma collettiva di cui trattasi è chiaramente riferita alla fase preliminare delle indagini penali ed all’esercizio dell’azione penale e non contempla affatto un obbligo di comunicazione endoprocedimentale quale potrebbe essere, come nella fattispecie oggetto di contestazione, quello dell’impugnazione esperita Pubblico Ministero avverso la sentenza di assoluzione, atteso che la disposizione in esame risponde alla logica di porre la parte datoriale nella condizione di conoscere da subito l’inizio dell’azione penale nei confronti del suo dipendente al fine di poter effettuare tempestivamente le valutazioni disciplinari di sua competenza. Né può pretendere di equiparare in tale contesto l’impugnazione del Pubblico Ministero avverso la sentenza di assoluzione all’esercizio dell’azione penale, stante il principio della irretrattabilità dell’azione penale.

Donato Giovenzana – Legale d’impresa


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