L’art. 96 comma III c.p.c. è una sanzione non un risarcimento
Pubblicato il 25/06/16 12:46 [Doc.1250]
di Redazione IL CASO.it


Corte Cost., sentenza 23 giugno 2016 n. 152 (Pres. Grossi, est. Morelli)

PROCEDIMENTO CIVILE – ART. 96 COMMA III C.P.C. – NATURA GIURIDICA – RISARCITORIA – ESCLUSIONE – FUNZIONE SANZIONATORIA – SUSSISTE
L’art. 96 comma III c.p.c. risponde ad una funzione sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti. Depongono in questo senso, oltre ai lavori preparatori della novella, significativi elementi lessicali. La norma fa, infatti, riferimento alla condanna al «pagamento di una somma», segnando così una netta differenza terminologica rispetto al «risarcimento dei danni», oggetto della condanna di cui ai primi due commi dell’art. 96 cod. proc. civ. Ancorché inserita all’interno del predetto art. 96, la condanna di cui all’aggiunto suo terzo comma è testualmente (e sistematicamente), inoltre, collegata al contenuto della «pronuncia sulle spese di cui all’articolo 91»; e la sua adottabilità «anche d’ufficio» la sottrae all’impulso di parte e ne conferma, ulteriormente, la finalizzazione alla tutela di un interesse che trascende (o non è, comunque, esclusivamente) quello della parte stessa, e si colora di connotati innegabilmente pubblicistici. Ne consegue che l’art. 96 comma III c.p.c. istituisce una ipotesi di condanna di natura sanzionatoria e officiosa prevista dall’art. 96 comma 3 c.p.c. per l’offesa arrecata alla giurisdizione.

PROCEDIMENTO CIVILE – ART. 96 COMMA III C.P.C. – SOMMA DEVOLUTA ALLA PARTE E NON ALLO STATO – RAGIONEVOLEZZA - SUSSISTE
La motivazione, che ha indotto il Legislatore, nell’art. 96 comma III c.p.c., a porre «a favore della controparte» l’introdotta previsione di condanna della parte soccombente al «pagamento della somma» in questione, è ricollegabile all’obiettivo di assicurare una maggiore effettività, ed una più incisiva efficacia deterrente, allo strumento deflattivo apprestato da quella condanna, sul presupposto che la parte vittoriosa possa, verosimilmente, provvedere alla riscossione della somma, che ne forma oggetto, in tempi e con oneri inferiori rispetto a quelli che graverebbero su di un soggetto pubblico. Non è dunque fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata la riguardo.


Trib. Varese, sez. I, 30 ottobre 2009 n. 1094

PROCEDIMENTO CIVILE – ART. 96 COMMA III C.P.C. – NATURA GIURIDICA – RISARCITORIA – ESCLUSIONE – FUNZIONE SANZIONATORIA – SUSSISTE
Con la legge 69 del 2009, attraverso l’introduzione dell’art. 96 comma III c.p.c., il Legislatore, consapevole del ristretto fascio applicativo dell'art. 96 c.p.c. (commi I e II) e, per l'effetto, del suo tendenziale “fallimento” operativo, ha introdotto una previsione di nuovo conio che consente una condanna officiosa. Attraverso la nuova previsione, viene introdotta una fattispecie a carattere sanzionatorio che prende le distanze dalla struttura tipica dell'illecito civile per confluire nelle cd. condanne punitive (natura giuridica che in questi termini è confermata dai lavori parlamentari e dalla relazione al primo disegno di Legge). Come ha autorevolmente osservato la dottrina, una previsione del genere «assume le fogge di una “pena privata” dal carattere inedito per il nostro ordinamento» (così ha scritto la dottrina, riferendosi all'art. 385, comma IV, c.p.c. da cui tratto l'art. 96, comma III, c.p.c. e di contenuto sostanzialmente identico).

Massime a cura di Giuseppe Buffone


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