La banca risponde verso la PA per i danni erariali da derivati
Pubblicato il 27/06/16 07:44 [Doc.1260]
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L'advisor finanziario è tenuto a particolari vincoli e obblighi, tra i quali la cd. "valutazione di adeguatezza", e il rapporto di servizio è configurabile anche per soggetti estranei alla PA indipendentemente dal ruolo, con conseguente loro assoggettamento anche alla giurisdizione della Corte dei Conti.

Decisione: Sentenza n. 609/2015 Corte dei Conti - Sezione prima giurisdizionale centrale di appello

Il caso.
La Procura della Repubblica segnalava alla Procura contabile un procedimento penale per truffa aggravata nei confronti di un Comune in relazione ad alcuni contratti finanziari derivati di swap.
La banca che aveva svolto attività di advisory aveva eccepito il difetto di giurisdizione della magistratura contabile, e l'avvenuta prescrizione; la sentenza/ordinanza di primo grado rigettava l'eccezione sul difetto di giurisdizione e accoglieva parzialmente l'eccezione di prescrizione.
Avverso la sentenza/ordinanza la banca propone appello principale, ma la Sezione centrale di appello non lo accoglie.

La decisione.
Dapprima la Corte dei Conti affronta la questione in via preliminare circa l'eccepito difetto di giurisdizione della magistratura contabile nei confronti della banca, e chiarisce che «secondo la giurisprudenza della Corte regolatrice (Corte di Cassazione, sezione u civile, ordinanza 22 settembre 2014, n. 19891) il Regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, articolo 52, manifesta il trasparente intento di non limitare la categoria dei destinatari delle norme in materia di responsabilità amministrativa ai soli soggetti che abbiano instaurato con lo Stato o con altro ente pubblico un rapporto di impiego vero e proprio, dato che menziona, oltre agli impiegati, i funzionari e gli agenti, civili e militari, tout court, siano essi dipendenti ovvero comunque retribuiti da amministrazioni, aziende e gestioni pubbliche».
Ricorda anche che la giurisprudenza di legittimità «al fine di individuare lʹambito di estensione della giurisdizione della Corte dei conti in relazione alla posizione dellʹautore della condotta, pretesamente responsabile di danno erariale, si sono avvalse anzitutto del criterio cd. dellʹappartenenza, andando a scrutinare se, in relazione alle connotazione che, in concreto, ha assunto il singolo rapporto, il soggetto possa considerarsi parte integrante (e costitutiva) di una pubblica amministrazione. Ne è derivata lʹelaborazione di una nozione di rapporto di servizio, come rapporto che è configurabile tutte le volte in cui il soggetto, persona fisica o giuridica, benché estraneo allʹente, si trovi investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore dello stesso, venendo conseguentemente a inserirsi nella sua organizzazione e ad assumere particolari vincoli ed obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali, cui lʹattività medesima, nel suo complesso, è preordinata indipendentemente dal ruolo in cui il soggetto che interloquisce con la P.A.viene a trovarsi. (Cass. SS.UU. 14 maggio 2014, n. 1229; Cass. SS.UU. 9 febbraio 2011, n. 3165; Cass. SS.UU. 3 luglio 2009, n. 15599; Cass. SS.UU. 9 settembre 2008, n. 22652)».
Poi ricorda che «va sottolineato, agli stretti fini di poter definire il livello di “coinvolgimento” del consulente nei confronti dell’Ente pubblico, che l’art. 12 comma 1 reg. n. 17310/2010 (Delibera Consob n. 17130 del 12 gennaio 2010. Adozione del regolamento recante norma di attuazione degli articoli 18‑bis e 18‑ter del D.lgs. 58/1998 in materia di consulenti finanziari) richiama “diligenza”, “correttezza” e “trasparenza”, allo scopo di determinare quale debba essere il buon comportamento dei consulenti finanziari. Diligenza, correttezza e trasparenza sono menzionate espressamente nella disposizione‑cardine in materia di norme di comportamento dei soggetti abilitati, ossia nell’art. 21 T.u.f., dove si afferma che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati” (art. 21 comma 1 lett. a T.u.f.). Osserva il Collegio che in materie così tecniche come l’intermediazione finanziaria e la consulenza finanziaria non è possibile lasciare a mere clausole generali la funzione di determinare quali siano i “giusti” comportamenti degli operatori del settore».
Il Collegio precisa che ai fini dell'affermazione della giurisdizione della magistratura contabile, «la tipicità delle azioni che l’advisor deve porre in essere è tale da porre in risalto il suo inserimento nella organizzazione dell’Ente pubblico con l’assunzione di particolari vincoli ed obblighi funzionali atti ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali. Inoltre, e nella stessa ottica, va sottolineato che uno dei principali doveri che fanno capo ai consulenti finanziari è la c.d. “valutazione di adeguatezza”».
Quindi, ricorda che «la prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione e di questa Corte dei conti citata e richiamata anche dal giudice di primo grado considera rilevante, ai fini della sussistenza del rapporto di servizio, anche l’attività meramente consultiva concorrente alla produzione dell’evento dannoso quando essa si appalesi essenziale per l’assunzione del provvedimento finale e, ancor più, quando, per l’autorevolezza del consulente e per il particolare rapporto anche di tipo fiduciario con l’ente, essa risulti decisiva ai fini del contenuto del provvedimento».
Il Collegio trae la conclusione che «Quanto precede, quindi, non può che portare all’affermazione di un rapporto fra Banca ed Ente publico caratterizzato da elementi che vanno ben oltre la mera consulenza e che integrano un vero e proprio rapporto di servizio (poco importa se di diritto o di fatto) destinato a dimostrare e giustificare in pieno la sussistenza della giurisdizione di questa Corte».
Oltre al difetto di giurisdizione, gli appellanti avevano eccepito l'avvenuta prescrizione, che secondo gli appellanti decorrerebbe dal momento in cui il contratto fu sottoscritto perché il danno configurabile nelle operazioni in derivati consisterebbe esclusivamente nel mark to market, che esprime il valore di mercato del derivato al momento della sottoscrizione.
La Corte così affronta l'eccezione di prescrizione: «in base a più che consolidata giurisprudenza di questa Corte dei conti, la locuzione di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge numero 20/1994 “Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si eʹ verificato il fatto dannoso” si interpreta nel senso che il fatto dannoso va identificato, salvo circostanziate eccezioni, nel momento in cui l’erario subisce l’effettivo nocumento. Inoltre, la richiamata natura del contratto in strumenti derivati di cui è causa e cioè la sua aleatorietà fa sì che l’ipotesi dannosa possa essere rilevata e valutata solo al consolidamento degli oneri effettivi che il contratto pone in capo all’ente contraente e ciò non può accadere se non allo scadere degli effetti del contratto medesimo».
Il Collegio respinge tutti gli appelli e conferma la pronuncia impugnata.

Osservazioni.
La Sezione centrale di appello della Corte dei Conti ricorda che l'advisor finanziario è tenuto a particolari vincoli e obblighi, tra i quali la valutazione di adeguatezza, e anche l'attività meramente consultiva concorrente alla produzione dell'evento dannoso, se si rivela essenziale per adottare il provvedimento finale, si considera rilevante ai fini della sussistenza del rapporto di servizio, e della conseguente giurisdizione della Corte dei Conti.


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