Evasione fiscale, dinamica d'impresa e crescita aggregata
Pubblicato il 13/09/16 07:25 [Doc.1607]
di Redazione IL CASO.it


L’Italia ha registrato un tasso di crescita modesto negli ultimi vent’anni. La sua economia è caratterizzata da bassi investimenti in ricerca e sviluppo; le imprese sono più piccole e hanno una minore probabilità di crescere o uscire dal mercato rispetto a quelle di altre economia avanzate; il sommerso rappresenta una parte significativa dell’economia. In questo lavoro si mostra come tali tratti emergano simultaneamente in un modello schumpeteriano di crescita con agenti eterogenei dove la probabilità di controllo fiscale aumenta al crescere della dimensione aziendale. L’evasione fiscale conferisce un vantaggio di costo rispetto ai concorrenti. In equilibrio le imprese di minori dimensioni investono meno in innovazione perché crescere comporta un costo implicito di regolarizzazione fiscale. La concorrenza sleale spinge le altre imprese a diminuire il mark-up che esse applicano per i loro nuovi prodotti riducendo così gli incentivi all’innovazione. La selezione di mercato ne risulta indebolita, abbassando ulteriormente il tasso di crescita lungo il margine estensivo. Calibrando il modello su microdati riferiti alle imprese italiane per il periodo 1995-2006 si trova che in assenza di evasione il tasso di crescita sarebbe stato l’1,1 per cento anziché lo 0,9. La quota di mercato delle imprese innovative sarebbe stata più alta di 6 punti percentuali e la dimensione media aziendale maggiore del 20 per cento. Inoltre, risulta che l’abbassamento del carico fiscale può avere un impatto significativo sul tasso di crescita quando i livelli di evasione sono alti, mentre l’effetto della tassazione è trascurabile quando i livelli di evasione sono bassi.

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