Incostituzionale l'art. 7 della l. 3/2012 sul sovraindebitamento ove non consente la falcidia di Iva e ritenute?
Pubblicato il 31/12/16 18:51 [Doc.2245]
di Redazione IL CASO.it


di Franco Michelotti

La lettura della sentenza delle S.U. n. 26988/2016 (http://news.ilcaso.it/news_2227) mi ha richiamato alla memoria gli insegnamenti del prof. Aristide Savignano, risalenti agli anni '80, il quale era solito esprimersi con degli esempi, come quando rivolgendosi ad Antonio Cariglia, deputato e senatore del PSDI, gli disse: «Scusa Antonio, se Ti scrivo dieci pagine, ma in questo momento sono molto impegnato e non ho avuto il tempo per scriverTene tre! ».

E in effetti le sezioni unite paiono ispirate dagli stessi principi che già a quell'epoca Savignano senza alcuna retorica infondeva ai suoi allievi nell'insegnamento del diritto pubblico e costituzionale: usare solo le parole necessarie e sufficienti a descrivere con compiutezza il concetto che si vuole esprimere; in breve, sintesi e chiarezza. Di fronte a trattati di centinaia di pagine sul tema dell'infalcidiabilità dell'IVA nel concordato preventivo, la sentenza si pronuncia in 14 pagine, comprese la parte iniziale e finale con timbri e firme, in rigoroso formato uso bollo. Un distillato di scienza giuridica o se volete un suo precipitato!

Scusandomi per questa breve digressione, vorrei tornare sul tema della infalcidiabilità dell'IVA e delle ritenute alla fonte nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento alla luce della sentenza delle S.U. e del nuovo art. 182-ter l.f. Infatti, l'attento Antonio Pezzano mi ha subito segnalato un passo della suddetta sentenza, che - a mio parere - lascia poco spazio ad interpretazioni costituzionalmente orientate dell'art. 7 della legge n. 3/2012 e successive modifiche ed integrazioni per salvare la legittimità costituzionale della norma.

Infatti, in via incidentale, la sentenza si pronuncia precisando che l'eccezione della infalcidiabilità dell'IVA alla regola della falciabilità dei crediti privilegiati, anche tributari, è espressamente prevista nell'art. 7 della legge citata n. 3/2012, che, dunque, pare stia all'accordo di composizione della crisi, come la disposizione eccezionale (oggi abrogata dalla legge 232/2016) sull'infalcidiabilità dell'IVA e delle ritenute dell'art. 182-ter l.fall. sta al concordato con transazione fiscale.

Oggi che nemmeno con il concordato con transazione fiscale è vietato falcidiare l'IVA e le ritenute alla fonte, per quale ragione SOLO gli imprenditori non fallibili non possono falcidiare l'IVA e le ritenute se nella liquidazione del patrimonio sia dimostrato che tali crediti tributari sarebbero incapienti, sia pure anche parzialmente?

Si dirà che lo dice la legge e che dura lex, sed lex! Si, però, di legge irragionevole oggi si tratta.
L'accordo di composizione della crisi è una procedura concorsuale generale, al pari del concordato preventivo cd. semplice o senza transazione fiscale, rivolta a tutti i creditori del sovraindebitato, con l'unica eccezione costituita dai titolari di crediti impignorabili, in cui non è previsto un sub-procedimento per la transazione fiscale e previdenziale, per cui il consenso del creditore tributario o contributivo alla proposta del debitore viene acquisito con le stesse modalità con cui si esprime il consenso da parte di tutti gli altri creditori, vigendo - tra l'altro - il principio del silenzio-assenso. Le considerazioni svolte dalle S.U. per il concordato semplice valgono anche per l'accordo di composizione della crisi.

La sentenza della Corte di giustizia dell'UE 7 aprile 2016, citata dalle S.U. - a mio avviso - è chiaramente applicabile anche alle procedure di sovraindebitamento, in quanto l'esperto indipendente è certamente il gestore della crisi o il professionista f.f. di Organismo di Composizione della Crisi e la procedura di liquidazione è certamente quella prevista e disciplinata dall'art. 14- ter e segg. della legge n. 3/2012 e succ. mod. ed int., per cui non viola la normativa eurounitaria una legge nazionale, come la legge n. 3/2012 sull'accordo di composizione della crisi, che consentendo la degradazione a chirografo di un creditore prelatizio incapiente, per effetto di una perizia redatta da un esperto indipendente, assicura al creditore tributario per IVA un trattamento non deteriore rispetto a quello che avrebbe in caso di una procedura esecutiva liquidatoria.

Dunque, l'art. 7 citato nella parte in cui stabilisce che il credito per IVA e ritenute può essere oggetto solo di dilazione e non di falcidia, si pone in contrasto con l'ordinamento eurounitario e con la nostra Costituzione, violando l'art. 3 co. 1 in materia di eguaglianza formale, perchè irragionevolmente tratta in modo diverso situazioni eguali, come quella di un imprenditore commerciale sopra soglia che con un concordato preventivo senza transazione fiscale (e oggi anche con transazione fiscale) può falcidiare l'IVA e le ritenute, incapienti nel fallimento, proponendo al creditore tributario un trattamento non deteriore di quello che riceverebbe in caso di fallimento, rispetto a quella di un imprenditore commerciale sotto soglia che con un accordo di composizione della crisi NON può falcidiare l'IVA e le ritenute, incapienti nella liquidazione del patrimonio, potendo solo proporre al creditore tributario o contributivo la dilazione di pagamento.

Del pari, eguale disparità di trattamento non giustificata si ha tra un imprenditore commerciale sopra soglia e un imprenditore agricolo, che abbiano le stesse dimensioni in termini di ricavi, attivo e debiti: il primo con il concordato (con o) senza transazione fiscale può falcidiare IVA e ritenute, il secondo no, potendo solo proporre una dilazione.

Oggi, con il nuovo art. 182-ter, sostituito con l'art. 1, co. 81, della legge n. 232/2016 tale disparità di trattamento è ancora più palese, perchè è venuta meno la fattispecie nella quale sovraindebitato e debitore fallibile avevano la stessa previsione di infalcidiabilità: il concordato con transazione fiscale.

Orbene, a questo punto per eliminare questa grave disparità di trattamento dal nostro ordinamento giuridico, occorre sollevare al più presto - non appena si presenta la prima occasione - in sede di ammissione di una proposta di accordo o in sede di omologazione di un accordo di composizione in cui sia proposta la falcidia dell'IVA e/o delle ritenute alla fonte, una questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 citato e delle altre norme che espressamente lo richiamano, affinchè in materia si pronunci la Corte costituzionale, sperando che ritenga non manifestamente infondata la questione, con sentenza di accoglimento che si discosti dalla deludente sentenza n. 225 del 2014.

Consapevole - per il principio di contraddizione - di non aver seguito i precetti del prof. Savignano, Vi domando che cosa ne pensate.

Franco Michelotti - Dottore commercialista in Pistoia


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