Nessuna discriminazione tra fusione intra-Ue e interna
Pubblicato il 19/03/17 08:14 [Doc.2701]
di Redazione IL CASO.it


Al centro del contenzioso comunitario, che vede protagonista una società di diritto francese, il beneficio del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai conferimenti di beni

Una società di diritto francese veniva fusa per incorporazione in una società di diritto lussemburghese, rappresentante - peraltro - il socio unico della prima. In tale contesto, la compagnia francese optava per il regime fiscale di favore previsto dalla legislazione nazionale, non assoggettando immediatamente ad imposta le plusvalenze nette e gli utili da essa conferiti all'incorporante; operando, in sostanza, la fusione in sospensione d'imposta.
I conferimenti della società francese venivano, dunque, valutati al loro valore contabile netto ma contestualmente ceduti dalla società lussemburghese ad una terza società ad un prezzo ben maggiore, corrispondente al loro valore commerciale.

Il rilievo del Fisco francese
Alla luce della normativa fiscale francese, il beneficio del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai conferimenti di beni a una società stabilita in un altro Stato membro da parte di una società francese era subordinato a una previa procedura di controllo, nell’ambito della quale, per ottenere tale beneficio, il contribuente doveva dimostrare il rispetto di tre condizioni, ossia, 1) che l’operazione fosse giustificata da una valida ragione economica; 2) che non avesse come obiettivo la frode o l’evasione fiscale; 3) che le modalità dell’operazione garantissero la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione di imposta. Solo al ricorrere di tali stringenti requisiti, il richiedente avrebbe ricevuto apposita autorizzazione ministeriale.
Il Fisco francese, dunque, contestava l'assenza di autorizzazione e, comunque, l'obiettivo elusivo dell'operazione; di conseguenza, poneva a carico della società incorporante lussemburghese maggiorazioni d’imposta, interessi e sanzioni per inadempimento della normativa interna.

Il contenzioso francese
La società lussemburghese adiva invano i competenti giudici di primo e secondo grado, prima di rivolgersi al Consiglio di Stato francese, il quale - sospeso il giudizio - richiedeva l'intervento chiarificatore della Corte di giustizia sul punto.

Le questioni pregiudiziali
Le perplessità della Corte francese di ultima istanza riguardavano le seguenti questioni pregiudiziali:
se, qualora una normativa nazionale riconosca il beneficio fiscale suindicato (sospensione d'imposta nell'ambito di fusioni intracomunitarie) individuato dall’art. 11 par. 1) della Dir.90/434, sia ammessa una verifica, alla luce del diritto UE, dei provvedimenti così adottati;
se, in caso di risposta positiva alla prima questione, le disposizioni dell’articolo 49 Tfue debbano essere interpretate nel senso che ostano a che una normativa nazionale subordini il beneficio citato ad una procedura di previa autorizzazione esclusivamente per quanto riguarda i conferimenti effettuati in favore di persone giuridiche straniere, escludendo quelli effettuati in favore di persone giuridiche di diritto interno.
Le risposte degli eurogiudici
Riguardo la prima questione, la Corte afferma che è certamente possibile che uno Stato membro disciplini, in via autonoma, la fruizione del beneficio fiscale della sospensione dell'imposta sul reddito delle società in caso di fusioni od altre operazioni straordinarie intracomunitarie, riconosciuto dall'art.11 par.1) della Dir. 90/434, trattandosi di tributo non pienamente armonizzato. Cionondimeno, venendo alla seconda questione, il modo con cui tale controllo viene effettuato, così come la sottoposizione a stringenti requisiti per la fusione transfrontaliera - ove i medesimi controlli non siano richiesti in ipotesi di fusione tra società interne - non può lasciare indifferente il diritto Ue.
Invero, proseguono i togati comunitari, una fusione transfrontaliera costituisce una modalità particolare di esercizio della libertà di stabilimento ed affinché tale libertà non sia ostacolata, la direttiva 90/434 istituisce un regime fiscale comune, prevedendo agevolazioni, tra le quali proprio il riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti in occasione di una data operazione straordinaria. La direttiva 90/434 non contiene alcun requisito procedurale che gli Stati membri debbono rispettare ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali e, comunque, il sistema di autorizzazione francese è incompatibile con la direttiva, in quanto il rispetto dei parametri prima indicati è previsto solo per le fusioni intracomunitarie, mentre per quelle interne nulla è richiesto.

Normativa francese e libertà di stabilimento
In definitiva, mentre la direttiva 90/434 stabilisce, in generale, il principio del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti i beni conferiti e consente il rifiuto di tale beneficio in un solo caso, ossia unicamente quando l’operazione ha come obiettivo principale la frode fiscale, la normativa francese inverte il sistema, rifiutando in modo generale la concessione di tale beneficio, a meno che il contribuente non soddisfi dapprima i requisiti, formali e sostanziali, previsti da tale normativa, ampliando illegittimamente l’ambito di applicazione della riserva di competenza degli Stati membri e ponendo una presunzione assoluta di frode, che è onere del contribuente risolvere qualora voglia accedere al beneficio per una fusione transnazionale, finendo così per ledere la libertà di stabilimento riconosciuta dall'art. 49 Tfue.

Le decisioni della Corte
A conclusione del procedimento, gli eurogiudici hanno deciso che:
l’articolo 11, paragrafo 1 della direttiva 90/434/CEE relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, non opera un’armonizzazione esauriente, il diritto dell’Unione consente di valutare la compatibilità di una normativa nazionale adottata per recepire nel diritto interno la facoltà offerta da tale disposizione;
l’articolo 49 Tfue e l’articolo 11 citati devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nel caso di un’operazione di fusione transfrontaliera, subordini la concessione dei vantaggi fiscali applicabili a un’operazione siffatta ai sensi di tale direttiva, nella fattispecie il riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti a una società stabilita in un altro Stato membro da una società francese, a una procedura di previa autorizzazione nell’ambito della quale, per ottenere tale autorizzazione, il contribuente deve dimostrare che l’operazione interessata è giustificata da una ragione economica, che non ha come obiettivo principale la frode o l’evasione e che le sue modalità consentono di garantire la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione di imposta, mentre, nel caso di un’operazione di fusione interna, un simile riporto è concesso senza che il contribuente debba effettuare una simile procedura.


Data della sentenza
8 marzo 2017
Numero della causa
C-14/2016
Nome delle parti
Euro Park Service;
contro
Ministre des Finances et des Comptes publics
Martino Verrengia
pubblicato Giovedì 9 Marzo 2017
(www.fiscooggi.it)


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