Procedimento disciplinare per accesso all’armadio personale del dipendente
Pubblicato il 27/03/17 07:14 [Doc.2717]
di Redazione IL CASO.it


SSegnalazione e massima a cura dell'Avv. Fabrizio Daverio - Daverio&Florio

Cass. civ., sez. lavoro, sent. 2 marzo 2017, n. 5314 – Pres. Macioce – Est. Torrice

Licenziamento – Procedimento disciplinare – Accesso all’armadio personale del dipendente – Violazione procedimento – Non sussiste

È legittima, pur in assenza di contraddittorio, la perquisizione dell’armadio personale di un lavoratore volto ad accertare la presenza di beni aziendali dallo stesso occultati (nel caso specifico, si trattava di pratiche affidate al lavoratore ma non eseguite), laddove ciò avvenga nell’ambito di un procedimento disciplinare.

Con il provvedimento in esame, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ad un licenziamento intimato per aver un lavoratore, tra i tanti addebiti mossi, occultato, all’interno del proprio armadio personale, diverse pratiche sottoposte al suo esame (i.e. domande di congedo; pratiche di riscatto degli anni di laurea; etc.).
Il Tribunale del merito riteneva che l’accesso effettuato dall’Istituto previdenziale datore di lavoro (nella specie, l’INPS) presso l’armadio in dotazione del lavoratore fosse legittimo perché finalizzato ad accertare il buon andamento dell’amministrazione in relazione alle pratiche incriminate. Parimenti legittimo era, dunque, il licenziamento impugnato dal lavoratore ricorrente.
La statuizione di primo grado veniva integralmente confermata dalla Corte territoriale, la quale sanciva, peraltro, che il licenziamento de quo fosse proporzionato rispetto all’entità degli atti occultati (nonché alla durata pluriennale dell’occultamento stesso) ed alla rilevanza che le pratiche occultate avevano sul piano economico.
Il lavoratore ricorreva dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione dolendosi, tra l’altro, che l’apertura del suo armadio personale avrebbe dovuto essere disposta in contraddittorio con lo stesso; che durante i periodi per i quali egli aveva dedotto di essere in malattia era prassi non verificare lo status di avanzamento delle pratiche affidate; che in passato non si era mai proceduto alla perquisizione del suo armadio.
I Giudici di legittimità rigettavano integralmente il ricorso del lavoratore rilevando, per quel che qui interessa, che la doglianza circa l’apertura dell’armadio personale in assenza di contradditorio non era stata accompagnata dalla correlata indicazione della norma di legge che si assumeva violata. Nondimeno, quella doglianza era da respingersi per aver chiesto il lavoratore nient’altro che un riesame nel merito dell’intera vicenda, come tale precluso in sede di legittimità.
Vero è che se anche il lavoratore avesse allegato, a dimostrazione della presunta illegittimità dell’accesso disposto con riguardo al suo armadio, la norma di legge asseritamente violata, tale norma non avrebbe di certo potuto essere individuata nel divieto di visite di controllo sul lavoratore ex art. 6 della legge n. 300/1970. Invero, il controllo di un armadio in dotazione di un dipendente non rientra nell’ambito di applicazione della citata norma di legge sostanziandosi, a ben vedere, in un controllo su oggetti di proprietà aziendale e non personale (cfr., tra le prime, Pret. Milano, 11 maggio 1997).


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