Nell’operazione di stock lending la commissione resta indeducibile
Pubblicato il 01/06/17 09:00 [Doc.3145]
di Redazione IL CASO.it


Il prestito di azioni realizza il medesimo fenomeno economico dell’usufrutto, non rilevando che in un caso si verta su un diritto reale e, nell’altro, su un diritto di credito

Con la sentenza 11872 del 12 maggio 2017, la Corte suprema ha stabilito che, in tema di imposte sui redditi, il prestito di azioni (“stock lending”) realizza il medesimo effetto economico dell’usufrutto di azioni, per cui la commissione versata dal mutuatario rappresenta un costo indeducibile ai sensi dell’articolo 109, comma 8, del Tuir, in quanto relativa a una partecipazione da cui derivano utili esclusi da tassazione ai sensi dell’articolo 89, Tuir.

Il contratto di stock lending
È un contratto atipico, a cui è applicabile la normativa relativa al contratto di mutuo ex articolo 1813 del codice civile, in base al quale un soggetto prestatore (lender) consegna dei titoli a un altro soggetto (borrower), con l’impegno di restituire alla scadenza prestabilita titoli equivalenti a quelli ottenuti in prestito.
Contestualmente al trasferimento della proprietà dei titoli, il borrower costituisce una garanzia costituita da denaro o altri titoli (collateral) in favore del prestatore, per assicurare quest’ultimo contro il rischio di un eventuale inadempimento del primo all’obbligo di riconsegna dei titoli.
L’operazione prevede, inoltre, il versamento al prestatore di una commissione (fee) da parte del borrower quale remunerazione per il vantaggio economico conseguito dal temporaneo possesso dei titoli.
I vantaggi e l’utilità economica, oltre a essere legati alla percezione dei dividendi senza assumere rischi di mercato connessi alla proprietà dei titoli, possono correlarsi anche a ulteriori esigenze quali, ad esempio, un eventuale rendimento sui titoli oggetto della garanzia o l’esercizio temporaneo dei diritti accessori derivanti dalle azioni (partecipazione alle assemblee o diritto di voto).

I fatti di causa
La vicenda ha a oggetto la stipula di un contratto denominato stock lending agreement, mediante il quale una società italiana prende a prestito da una società ceca titoli azionari, che quest’ultima detiene in società portoghesi residenti nella zona franca di Madeira, il cui unico cespite è costituito da una partecipazione in una società con sede in un paradiso fiscale.
L’accordo prevede che la società italiana abbia diritto all’incasso dei dividendi correlati alle azioni in prestito, conservando, invece, la società ceca gli altri diritti, tra i quali il diritto di voto. A garanzia della restituzione dei titoli, inoltre, le stesse azioni oggetto del prestito sono date in pegno alla società mutuante, sicché, per tale aspetto, le azioni non sono mai state materialmente trasferite tra le parti.
Al prestito dei titoli è legata una pattuizione (“scommessa”) in forza della quale, laddove le società portoghesi avessero deliberato la distribuzione di dividendi in misura superiore a un certo importo, la società borrower avrebbe corrisposto un commissione pari a circa il valore degli stessi.

Analizzando il vantaggio derivante dalla predetta operazione, a fronte di una sostanziale neutralità del risultato economico perché la società residente non paga la commissione né incassa i dividendi dato che i due importi si compensano e di una formale aleatorietà della scommessa, la società mutuataria riscuote dividendi esclusi da tassazione al 95% ai sensi dell’articolo 89, Tuir, e deduce l’importo della commissione pari a circa il valore dei dividendi percepiti, realizzando, così, un indebito risparmio fiscale.

L’ufficio accertatore recupera a tassazione l’importo di tale commissione, affermandone l’indeducibilità ai sensi dell’articolo 109, comma 8, del Tuir, il quale stabilisce che “… non è deducibile il costo sostenuto per l’acquisto del diritto d’usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell’articolo 89”.
In sostanza l’ufficio, equiparando l’operazione di stock lending all’usufrutto di azioni, sostiene l’indeducibilità della predetta commissione in quanto correlata a dividendi esclusi da tassazione ai sensi dell’articolo 89 del Tuir.

La Ctr di Napoli, con la sentenza 291/1/2013, afferma che l’operazione è finalizzata a ottenere un indebito risparmio d’imposta, individuando a sostegno di tale conclusione la carenza di informazioni sull’attività svolta dalle società veicolo portoghesi, l’indeterminatezza della movimentazione finanziaria e la mancanza dell’alea nell’operazione oggetto di controllo.

La decisione della Corte suprema
La Corte suprema sottolinea che l’operazione incontra i limiti posti dall’articolo 109, comma 8, del Tuir, che costituisce l’autentico fondamento del recupero a tassazione.
La norma citata, infatti, dispone l’indeducibilità del costo correlato a partecipazioni societarie da cui derivino utili esclusi da tassazione; individua, in altri termini, un parallelismo tra la deducibilità del costo dell’usufrutto su azioni e l’imponibilità dei dividendi derivanti dalla sottostante partecipazione.
In effetti, i giudici di legittimità equiparano, sotto l’aspetto fiscale, l’usufrutto di azioni al prestito di azioni. Infatti, mentre il primo prevede il diritto a percepire i dividendi distribuiti da un’altra società a fronte di un corrispettivo per la cessione dell’usufrutto comprensivo del valore attuale dei flussi futuri di utili, il secondo si associa al diritto di percepire i relativi dividendi da parte del mutuatario, previo pagamento al mutuante di una commissione in relazione al dividendo incassato.

La Cassazione afferma, quindi, che, come nell’usufrutto di azioni, “… il contratto di Stock Lending trasferisce (temporaneamente) la titolarità del diritto al dividendo e per ottenere la relativa riscossione è previsto un costo…”, per cui “… il fenomeno economico … è lo stesso, senza che assuma rilievo, ai fini tributari … la circostanza che nell’un caso si verta su un diritto reale e, nell’altro, in un diritto di credito”.
Ciò posto, parimenti, anche i costi sostenuti (idem est, la commissione) per l’operazione di stock lending debbono ritenersi indeducibili.
Tale soluzione, a detta dei supremi giudici, non configura un’impropria estensione analogica del dettato della norma, nella quale si fa espresso riferimento “ad altro diritto analogo” e che non va, quindi, intesa come meramente afferente i soli diritti reali.

In definitiva, la Corte afferma il seguente principio di diritto: “In tema di imposte sui redditi, l’operazione di Stock Lending, ossia di prestito di azioni che preveda a favore del mutuatario il diritto all’incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente o meno all’ammontare dei dividendi riscossi), realizza il medesimo fenomeno economico dell’usufrutto di azioni, senza che rilevi, ai fini tributari, che nell’un caso si verta su un diritto reale e, nell’altro, su un diritto di credito, sicché è soggetta ai limiti previsti dall’art. 109, comma 8, TUIR, restando il versamento della commissione costo indeducibile”.

Mariano De Micco
pubblicato Martedì 30 Maggio 2017


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