Scissione parziale asimmetrica: non c’è indebito vantaggio fiscale
Pubblicato il 27/07/17 08:42 [Doc.3520]
di Redazione IL CASO.it


Quella non proporzionale, finalizzata all’assegnazione agevolata di beni immobili ai soli soci che riceveranno partecipazioni nella società scissa, è priva di carattere abusivo

L’Agenzia, con la risoluzione n. 98/E del 26 luglio 2017, rispondendo a un’istanza di interpello, fornisce un importante chiarimento interpretativo in materia di scissione parziale asimmetrica non proporzionale seguita dalla cessione di beni ai soli soci che riceveranno partecipazioni nella società scissa: non si tratta di un’operazione abusiva.

Il quesito
Una società in accomandita semplice che esercita l’attività di locazione immobiliare di beni propri, (in particolare possiede uno stabile di civile abitazione, composto da unità immobiliari locate a “canone convenzionato” ai soci o loro familiari), ha chiesto all’Agenzia un parere sull’eventuale carattere abusivo, ai fini delle imposte dirette e dell’imposta di registro, di un’operazione straordinaria che intende effettuare.
Più precisamente, la società vuole realizzare una scissione parziale asimmetrica non proporzionale – finalizzata alla cessione agevolata dei beni immobili ai soci – in cui le quote della nuova sas beneficiaria saranno attribuite esclusivamente ai due soci della scindenda, che non concordano con l’assegnazione agevolata, mentre agli altri (favorevoli all’assegnazione) saranno attribuite solo quote della società scissa.
Alla beneficiaria della scissione saranno assegnati immobili allo stesso valore fiscale in essere presso la società scindenda e la riserva da rivalutazione di riferimento.
Poi, in seguito all’operazione, avverrà l’assegnazione agevolata di beni immobili (ex articolo 1, commi 115-120, della legge 208/2015) in favore dei soci della scissa ai quali gli stessi immobili sono attualmente concessi in locazione.
Contestualmente all’assegnazione agevolata, la società scissa sarà posta in scioglimento e liquidazione, mentre la beneficiaria continuerà nell’attività di gestione degli immobili ricevuti in occasione della scissione, con le stesse modalità e sulla base dei contratti di locazione attualmente in vigore.

A parere dell’istante, la descritta operazione funzionale all’assegnazione agevolata di beni immobili ad alcuni soltanto dei soci, non risulta abusiva, anche perché avverrebbe nelle stesse condizioni e con gli stessi oneri tributari applicabili al caso in cui l’assegnazione medesima non fosse stata preceduta dalla scissione, cioè con il pagamento dell’imposta sostitutiva dell’8% sulla plusvalenza pari alla differenza tra il valore della rendita catastale rivalutata degli immobili e il valore fiscale degli stessi; e della sostitutiva del 13% sulla riserva da rivalutazione.

La risposta
Ricordando in primis quali sono i presupposti in presenza dei quali un’operazione può essere considerata abusiva, l’Agenzia delle Entrate afferma che, sotto il profilo delle imposte dirette, la fattispecie posta alla sua attenzione (scissione parziale asimmetrica non proporzionale, finalizzata all’assegnazione agevolata di beni immobili ai soli soci che riceveranno partecipazioni nella società scissa) non solo appare una scelta coerente con la disciplina dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci, ma neppure è finalizzata ad aggirare alcun principio dell’ordinamento.
Del resto, la possibilità di assegnare beni soltanto ad alcuni soci, anziché alla totalità degli stessi, è stata prevista dalla circolare n. 26/E del 1° luglio 2016, in cui si afferma che “non costituisce causa ostativa l’attribuzione di beni agevolabili solo a taluni soci anziché alla generalità degli stessi”.
Pertanto, considerato che la scissione risponde alla necessità di riorganizzare l’assetto societario per permettere solo ad alcuni soci (quelli che resteranno nella società scissa) di procedere all’assegnazione agevolata degli immobili, la scelta appare meritevole di tutela e non integra lo sviamento dalla ratio di alcuna norma o principio dell’ordinamento.
Ne consegue che l’operazione, complessivamente considerata, non di pone in contrasto con la disciplina dell’abuso del diritto dettata dall’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2002).

Sul versante dell’imposta di registro, in linea con quanto già sostenuto nella risoluzione 97/E di ieri, l’Agenzia, sul presupposto della natura residuale della nozione di abuso del diritto e sulla scorta della recente giurisprudenza di legittimità, non formula alcuna osservazione. Pertanto, l’operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale non sarà, quindi, valutata sulla base dei principi dettati dall’articolo 10-bis dello Statuto, bensì sulla base dei criteri interpretativi forniti dall’articolo 20, Dpr 131/1986.
Conclusivamente, quindi, l’operazione in esame, in ordine alla possibile riqualificazione ai sensi dell’articolo 20, Dpr 131/1986, non presenta aspetti di criticità, tenuto conto che l’operazione di scissione è espressamente disciplinata, nell’ambito dell’imposta di registro (articolo 4, lettera b, tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986) ed è assoggettata all’imposta nella misura fissa di 200 euro.
r.fo.
pubblicato Mercoledì 26 Luglio 2017


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