Valido l’accertamento sintetico per l’acquisto in comunione legale
Pubblicato il 08/08/17 09:11 [Doc.3581]
di Redazione IL CASO.it


Non conta, ai fini presuntivi, la circostanza che il bene sia in comproprietà di entrambi i coniugi, ma piuttosto la provenienza delle somme usate per pagare il corrispettivo

L’Amministrazione finanziaria è pienamente legittimata ad attivare l’accertamento da redditometro a carico di uno soltanto dei coniugi che formalmente partecipa all’acquisto di un immobile e, contestualmente, sostiene l’esborso economico, salva la prova contraria il cui onere è a carico del contribuente stesso (Cassazione, sentenza 17806/2017).

La vicenda processuale
Una contribuente impugnava in Ctp un avviso d’accertamento relativo all’anno d’imposta 1995 eccependo, in via preliminare, la nullità della notifica e, nel merito, contestando il rilievo, attribuito dall’ufficio, all’intero corrispettivo versato per l’acquisto di un cespite immobiliare, ai sensi dell’articolo 38 del Dpr 600/1973, anziché alla sua metà, in quanto detta transazione era avvenuta non in esclusiva proprietà ma in comunione legale con il coniuge.

Il ricorso veniva rigettato e, in sede di appello, veniva avvalorata la tesi in base alla quale sarebbe stato opportuno fornire rilevanza alla comproprietà del bene acquisito, in considerazione della mancata partecipazione del coniuge alla suddetta compravendita (la contribuente depositava sia due atti di vendita il cui ricavato, oggetto di successiva donazione, avrebbe formato la provvista per l’acquisto oggetto di contestazione sia quietanza, rilasciata a favore del coniuge, conseguente alla cessione della quota di metà del cespite in esame avvenuta in sede di separazione consensuale).
La Ctr adita rigettava il gravame e confermava, per l’effetto, l’impugnata sentenza, in quanto i giudici di secondo grado consideravano la presunzione di capacità contributiva legata non tanto alla mera titolarità dell’immobile quanto alla stessa capacità di spesa riconosciuta alla contribuente.

Quest’ultima ha impugnato detta decisione con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numeri 3) e 5), cpc, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 177 cc, in quanto il corrispettivo di quanto acquistato dai coniugi in regime di comunione legale si presume “…pagato da entrambi quale ulteriore manifestazione della contitolarità e comproprietà di tutto quanto si forma in costanza di matrimonio…” e per omessa motivazione in ordine a un fatto storico.

La decisione
Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto, dalla suprema Corte, infondato sulla base delle seguenti motivazioni.
In primo luogo, i giudici di legittimità precisano che, in tema di accertamento sintetico, le rettifiche eventualmente effettuate traggono la loro ragione logico-giuridica basata sulla presunzione che l’investimento immobiliare (come nel caso di specie) sia possibile grazie a fonti di reddito prodotte nell’annualità, oggetto di controllo, e in quelle precedenti.
Detto assunto viene confermato, del resto, dal disposto dell’articolo 2, primo comma, Dm 19/09/1992 ai sensi del quale, in estrema sintesi, i beni e i servizi, rilevanti ai fini del controllo medesimo, si ritengono nella sfera di disponibilità del soggetto che ha sopportato, in tutto o in parte, i correlati costi.
In tal senso, poi, si è allineata la costante e predominante giurisprudenza di legittimità (cfr da ultimo, sentenza n. 4748/2017) la quale, adottando un ragionamento contrario, ha costantemente escluso la fondatezza dell’accertamento sintetico basato su un acquisto verificatosi in assenza di alcuna materiale erogazione di denaro (ad esempio, attraverso l’emissione di cambiali o accolli di debito, i quali non rappresentano una concreta manifestazione di ricchezza ovvero di manifesta capacità economica).
Di conseguenza, la Cassazione, con la sentenza in commento, giunge alla conclusione che, nell’ipotesi di investimento (rectius di acquisto) effettuato da un soggetto in regime di comunione legale, ciò che deve essere valorizzato non è tanto la circostanza che il cespite di riferimento venga o meno cointestato tra i coniugi quanto la derivazione delle poste economiche utilizzate da imputare, ai fini indiziari, a una o entrambe le parti in causa (anche soggetti alla convivenza civile come disciplinata dalla legge 76/2016).

La Cassazione richiama, poi, il combinato disposto degli articoli 177 e 179 cc, che disciplina il rapporto tra acquisti a titolo oneroso e comunione legale qualora vengano impiegati denaro o beni della comunione stessa, proventi dell’attività separata inclusi nella “comunione de residuo” ovvero danaro riscosso dalla vendita di beni personali e alle condizioni previste dal citato articolo 179 del codice civile.
Da tali argomentazioni, i giudici giungono alla conclusione che l’amministrazione finanziaria è pienamente legittimata ad attivare l’accertamento sintetico a carico di uno soltanto dei coniugi che formalmente partecipi all’atto di traslazione e, contestualmente, sostenga l’esborso economico, salva la prova contraria, il cui onere materiale incombe sul contribuente stesso.

Passando, brevemente, alla disamina del secondo motivo di ricorso, la Cassazione lo ha ritenuto, questa volta, inammissibile in quanto la parte ha lamentato non l’omessa motivazione circa un fatto storico quanto la mancata applicazione, alla fattispecie, del regime della comunione, integrando, così, una critica riferibile a pura violazione di legge del tutto corrispondente al contenuto del predetto primo motivo (Cassazione 26292/2014).
Con la seconda parte del presente motivo, la parte censurava la sentenza di Ctr in ragione dell’omessa considerazione circa la provenienza degli importi poi utilizzati nell’acquisto oggetto di controllo.
A tal proposito, i giudici ricordano la consolidata giurisprudenza di legittimità, venutasi a formare in tema di denunzia di omissione di motivazione sull’ammissione e/o sulla valutazione di un mezzo probatorio o processuale, la quale richiede che, in tale caso, la parte proponente ha l’obbligo (rectius l’onere) di individuare concretamente le ragioni poste a fondamento della sua censura (contenuto di eventuali documenti tralasciati o superficialmente analizzati, carente od insufficiente interpretazione del giudice….) – principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (sentenza n. 19048/2016).
Sul punto, pertanto, la Cassazione ha ritenuto tale parte del secondo motivo di ricorso, del tutto carente dei requisiti richiesti dall’articolo 366, comma 1, numero 6), cpc, in ordine a una mancata o insufficiente esposizione del contenuto fattuale delle prove fornite.

Considerazioni conclusive
Sulla base di quanto sin qui argomentato, la suprema Corte ha espressamente stabilito che, in tema di accertamento sintetico ex articolo 38 Dpr 600/1973 relativo a spese per incrementi patrimoniali, l’ufficio può correttamente imputare la relativa rettifica reddituale a carico di quel coniuge che, pur in costanza di comunione legale, abbia stipulato l’atto oggetto di controllo e materialmente proceduto al pagamento del relativo prezzo, salva la prova contraria, se il regime di comunione legale non garantisce, in senso assoluto, circa la diretta comune provenienza delle somme ivi utilizzate e destinate all’acquisto di un bene immobile o, in generale, a un investimento di natura patrimoniale.
Giuseppe Forlenza
pubblicato Lunedì 7 Agosto 2017


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