Il mega evasore non si ravvede? No a domiciliari e servizi sociali
Pubblicato il 08/09/17 04:45 [Doc.3630]
di Redazione IL CASO.it
Niente misure alternative alla detenzione per chi, avendo frodato il fisco per decine di milioni di euro, è disposto a riparare il danno con lâofferta di una cifra irrisoria
Lâevasore milionario che, offrendo âpochi spicciâ, non dimostra alcuna forma di ravvedimento o di revisione critica del proprio passato, non può espiare presso i servizi sociali o ai domiciliari la pena seguita alla condanna per associazione a delinquere finalizzata allâemissione di false fatturazione e dichiarazioni fraudolente relative a operazioni inesistenti. à quanto precisato dalla Suprema corte con la sentenza n. 39186 depositata lo scorso 17 agosto.
Il ricorso
Il tribunale di sorveglianza rigettava lâistanza di un detenuto, condannato per associazione a delinquere finalizzata allâemissione di false fatturazioni e dichiarazioni fraudolente relative a operazioni inesistenti, volta a richiedere lâaffidamento in prova ai servizi sociali o, in subordine, la detenzione domiciliare.
Il diniego del tribunale era motivato sulla base dellâindisponibilità del condannato a risarcire il danno cagionato dai delitti commessi, cui era seguita unâevasione Iva di alcune decine di milioni di euro. Il tribunale evidenziava, in particolare, come, a fronte di importi evasi così rilevanti, risultasse del tutto irrisoria la cifra, di circa 10mila euro, messa a disposizione dellâErario da parte del condannato a titolo di âravvedimentoâ.
La magistratura di sorveglianza sottolineava come il condannato non avesse âancora maturato un sufficiente grado di revisione critica sulle proprie - rilevantissime - condotte delittuose... e come lo stesso intenda gli strumenti dellâesecuzione alternativa della pena previsti dallâordinamento penitenziario in unâottica puramente strumentale, rivolta allâesclusivo fine di affrancarsi dalla carcerazioneâ.
Avverso il provvedimento di diniego ricorreva per cassazione il condannato eccependo, in particolare, lâesclusivo rilievo attribuito dai giudici allâinsufficienza della somma offerta a titolo di versamento volontario, disattendendo quellâorientamento giurisprudenziale âsecondo cui il mancato o non integrale risarcimento del danno non può di per sé impedire la concessione dellâaffidamento in prova ai servizi socialiâ.
La decisone dei giudici di legittimitÃ
La Corte di cassazione ha ritenuto il ricorso non fondato. I giudici di legittimità hanno precisato che, ai fini della concessione dellâaffidamento in prova ai servizi sociali, sono necessari elementi positivi che consentano un giudizio prognostico favorevole della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva.
Questâultimo è rilevante anche per la detenzione domiciliare invocata in via subordinata. La concessione di una misura alternativa, infatti, non può prescindere dallâesistenza di un serio processo di revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità , il giudice, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di un trattamento alternativo alla detenzione, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, però, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione. Ciò al fine di verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Cassazione, sentenze 17021/2015 e 20469/2014).
Per concedere lâaffidamento in prova ai servizi sociali, perciò, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione costituisce solo il punto di partenza per lâanalisi della personalità del soggetto, la cui compiuta valutazione non può prescindere dalla condotta successiva, risultando questa essenziale per valutare lâesistenza di un effettivo processo di recupero sociale e lâassenza di pericolo di recidiva.
Nel caso in esame, ad avviso dei giudici di legittimità , il provvedimento impugnato ha correttamente evidenziato come il condannato non abbia intrapreso quel necessario processo di revisione critica e ha messo in luce il mancato risarcimento dei danni causati dallâevasione fiscale milionaria del condannato, quantificando, con un calcolo logico e motivato, i verosimili profitti percepiti dal condannato e sottolineando come gli stessi non potessero essere andati tutti dispersi.
La mancata presa di distacco del condannato rispetto alla vicenda penale ha condotto, dunque, la Corte suprema a escludere il presupposto per tutte le misure alternative, domiciliari compresi.
Al rigetto del ricorso è conseguita, ai sensi dellâarticolo 616 cpp, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Andrea Santoro
pubblicato Martedì 5 Settembre 2017
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