Investimento ceduto troppo presto: il bonus aree svantaggiate svanisce
Pubblicato il 25/09/17 03:49 [Doc.3717]
di Redazione IL CASO.it


La norma agevolativa prevede l’impiego del bene acquisito nel ciclo produttivo, pur consentendo che esso non venga utilizzato nel primo biennio, ma non ne ammette l’alienazione

Il credito d’imposta per nuovi investimenti (legge 388/2000) è riferito specificamente alle acquisizioni di beni strumentali nuovi, destinati alle strutture produttive già esistenti o che vengano impiantate nelle aree svantaggiate. Perché sussista il requisito della strumentalità indicato, è necessario che i costi e i ricavi si inseriscano nella contabilità di una struttura produttiva effettivamente attiva nel territorio. Nel caso di un capannone ceduto a terzi per finalità estranee all’esercizio dell’impresa prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto, l’agevolazione deve ritenersi non spettante.
Lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza n. 20810 del 6 settembre 2017, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

La vicenda processuale
Una società in liquidazione impugnava un atto impositivo con cui l’Agenzia delle entrate aveva recuperato il credito d’imposta di cui alla legge 388/2000 (derivante dall’acquisto di un capannone industriale), utilizzato in compensazione nell’anno 2004, in quanto la società aveva ceduto il bene “agevolato” a terzi prima del decorso del biennio dall’acquisto.

Sia la Ctp di Milano che la Ctr accoglievano la tesi del contribuente, annullando l’atto impugnato sull’assunto che la norma che si riteneva violata non prevedeva che il bene, prima del decorso di due anni dalla messa in funzione del bene, non potesse essere concesso in uso a terzi.

Con il successivo ricorso per cassazione, l’Agenzia delle entrate denunciava violazione dell’articolo 8, comma 7, della legge 388/2000, che fa conseguire la perdita del diritto all’agevolazione all’aver ceduto il bene in uso a terzi entro il quinquennio dall’acquisizione.

La pronuncia
Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassando senza rinvio la decisione impugnata.
Il credito d’imposta previsto dall’articolo 8 della legge 388/2000, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che hanno effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, che siano nuovi e fiscalmente ammortizzabili. Sono agevolabili anche gli investimenti che consistono in spese di ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione e si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile.

Secondo la norma censurata, “Se i beni oggetto dell'agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione. Se entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti”.

Nel caso concreto, la contribuente aveva acquisito un bene ultimato (un capannone industriale), cedendolo a terzi per finalità estranee all’esercizio dell’impresa prima del decorso del quinquennio dall’acquisto, per cui l’agevolazione, secondo i giudici di legittimità, doveva ritenersi non spettante. E ciò, in quanto la norma antielusiva ricollega l’agevolazione all’impiego del bene acquisito nel ciclo produttivo, pur facendo salva la possibilità che esso non venga utilizzato entro il biennio dalla sua acquisizione o ultimazione, per la ragione che può essere necessario tale lasso di tempo al fine di predisporre l’utilizzo del bene stesso nel ciclo produttivo esistente.

Tuttavia, concludono i giudici, “non si può ritenere che il contribuente, che intenda avvalersi dell'agevolazione, sia facoltizzato a cedere a terzi l'uso del bene nel biennio in cui è consentito che esso non sia messo in funzione nel ciclo produttivo, considerato che in tale evenienza viene meno la ratio del beneficio, che comporta la necessità che i beni vengano utilizzati dall'acquirente, ammesso al regime di favore, all'interno della sua struttura produttiva, operante in area svantaggiata”.

In altri termini, se è ammesso che il bene strumentale nuovo non entri in funzione nel biennio, purché in quel lasso di tempo lo si predisponga per l’utilizzo futuro nel ciclo produttivo, nessuna esimente può avere l’imprenditore che in quello stesso arco temprale ceda a terzi il bene, dato che la ratio dell’agevolazione è quella di evitare l’immissione temporanea dei beni nell’impresa al solo fine di fruire dell’agevolazione (cfr Cassazione 3114/2014).
La concessione in uso a terzi nel biennio è quindi incompatibile con l’agevolazione in esame, i cui requisiti, anche quelli di natura soggettiva, vanno interpretati restrittivamente.
Francesco Brandi
pubblicato Venerdì 22 Settembre 2017


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