Estinzione e risoluzione del rapporto di lavoro subordinato – Licenziamento – Insussistenza del “fatto materiale” – Illegittimità – Reintegrazione.
Pubblicato il 13/04/15 19:23 [Doc.377]
di Redazione IL CASO.it


CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO – SENTENZA 23669/2014, DEPOSITATA IN DATA 6 NOVEMBRE 2014.

Estinzione e risoluzione del rapporto di lavoro subordinato – Licenziamento – Insussistenza del “fatto materiale” – Illegittimità – Reintegrazione.

Il nuovo art. 18 ha tenuto distinta, invero, dal fatto materiale la sua qualificazione come giusta causa o giustificato motivo, sicché occorre operare una distinzione tra l'esistenza del fatto materiale e la sua qualificazione. La reintegrazione trova ingresso in relazione alla verifica della sussistenza/insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento, così che tale verifica si risolve e si esaurisce nell'accertamento, positivo o negativo, dello stesso fatto, che dovrà essere condotto senza margini per valutazioni discrezionali, con riguardo alla individuazione della sussistenza o meno del fatto della cui esistenza si tratta, da intendersi quale fatto materiale, con la conseguenza che esula dalla fattispecie che è alla base della reintegrazione ogni valutazione attinente al profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità del comportamento addebitato (nel caso di specie è stata disposta la reintegrazione del lavoratore direttore di banca accusato di condotte inadempienti nella gestione dell'ufficio, atteso che l'istruttoria svolta aveva escluso la commissione delle condotte come contestate, ossia con riferimento ai connotati dell'abitualità che le rendevano più gravi rispetto ad una condotta occasionale, e perciò inidonee a giustificare la massima sanzione disciplinare).

Nota

Il caso deciso dalla Suprema Corte riguardava un Direttore di Filiale di un istituto di credito al quale erano state contestate condotte consistenti nell'incaricare abitualmente i dipendenti della filiale di fare la spesa per il direttore durante l'orario di lavoro e di timbrare l'entrata in servizio a nome dello stesso, nell'incaricare ripetutamente il personale di acquistare il pesce in un Comune vicino durante l'orario di lavoro e nell'avere fornito ad un addetto della filiale password e chiavi di accesso alla filiale. Nella motivazione si legge che la contestazione disciplinare si riferiva all’abitualità delle condotte, ossia aveva riguardo ad un "modus operandi" del direttore che denotava un atteggiamento perdurante di grave scorrettezza ed inadempienza nella gestione dell'ufficio.

In fase di reclamo, ritenuto che l’istruttoria svolta avesse escluso le condotte come contestate e ritenuto che i testi escussi non avessero confermato l’abitualità delle stesse, veniva ritenuta l’insussistenza del fatto contestato, con conseguente dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato e condanna del datore di lavoro alla reintegrazione ex. art. 18, comma 4, S.L, come novellato dalla legge n. 92/2012.

Avverso tale decisione la Banca proponeva ricorso per Cassazione adducendo, tra gli altri numerosi motivi di ricorso, la violazione dell’art. 18, comma 4 e comma 5, ed osservando che “il giudice, accertata l'insussistenza totale ed assoluta del fatto contestato, avrebbe potuto rilevare quanto meno la sussistenza parziale del fatto che giustificava la condanna all'indennità risarcitoria omnicomprensiva tra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità”.

La Corte ha respinto il ricorso, formulando il principio riportato nella massima in epigrafe ed affermando che ai sensi della disciplina di cui alla art. 18, comma 4, S.L. spetta alla lavoratore la reintegrazione nel posto di lavoro in tutte le ipotesi di insussistenza del “fatto materiale” oggetto di contestazione, precisando – a quanto consta per la prima volta – che la verifica della sussistenza/insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento si esaurisce nell'accertamento, positivo o negativo, dello stesso fatto, “con la conseguenza che esula dalla fattispecie che è alla base della reintegrazione ogni valutazione attinente al profilo della proporzionalità della sanzione”.
Si tratta ovviamente di principio generale applicabile in tuti i settori e non solo in quello bancario.

Interessante è notare la probabile influenza della pronuncia in esame sulla formulazione dello Schema di decreto legislativo approvato dal Governo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (cd. Jobs Act), che all’art. 3 prevede – in maniera non dissimile da quanto precisato dalla sentenza in epigrafe – che “nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione” (oltre che al pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, fino ad un massimo di 12 mensilità).


Fabrizio Daverio
Studio Daverio & Florio


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