La perdurante inutilizzazione esclude l’assoggettamento a Iva
Pubblicato il 09/10/17 08:38 [Doc.3783]
di Redazione IL CASO.it


Per applicare il tributo, quando si vende un immobile strumentale, rileva l’attualità dello svolgimento dell’attività commerciale, non la circostanza che in passato l’attività fosse svolta

Con la sentenza 16173/2017, la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla legittimità, o meno, di un avviso di accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria, per l’anno d’imposta 2007, nei confronti di un Comune, in relazione a un atto di compravendita di un immobile (in passato adibito a colonia montana) ceduto dallo stesso Comune in favore di una società con assoggettamento a Iva, previa opzione, da parte del cedente, per l’imponibilità al tributo di cui all’articolo 10, comma 8-ter, del Dpr n. 633/1972 (in quanto fabbricato strumentale per natura). La vendita in questione era stata assoggettata a Iva sul presupposto che l’immobile ceduto era stato in passato destinato allo svolgimento di un’attività commerciale da parte dello stesso cedente (appunto, la gestione della colonia montana), motivo per cui la relativa cessione avrebbe dovuto essere comunque ricompresa nel campo di applicazione di tale tributo, trattandosi nella specie di un atto di liquidazione di un bene già destinato a un’attività d’impresa.

Successivamente, invece, l’amministrazione finanziaria aveva sostenuto che – in mancanza dello svolgimento nello stesso immobile (oltretutto, protratto nel tempo) di qualsivoglia attività imprenditoriale da parte del cedente – l’atto di cessione avrebbe dovuto essere diversamente assoggettato a imposta proporzionale di registro, e non a IVA, non potendo considerarsi effettuato nell’esercizio d’impresa, ex articolo 4, comma 4, del Dpr n. 633/1972; conseguentemente, l’ufficio competente aveva provveduto a recuperare a tassazione la differenza d’imposta a tale titolo dovuta sull’atto di trasferimento.

Investita della questione, nella sentenza in rassegna la Corte ha considerato legittimo il rilievo mosso dall’ufficio, osservando che nell’edificio in contestazione – originariamente utilizzato dal Comune nell’attività commerciale di gestione della colonia – per un lungo periodo di tempo (cinque anni) antecedente l’avvenuta vendita non era stata più esercitata alcuna attività di carattere economico; ad avviso dei giudici di legittimità, pertanto, tale circostanza deve indurre a ritenere che la cessione dell’immobile sia stata erroneamente assoggettata a Iva, anziché a imposta proporzionale di registro (come ritenuto dall’ufficio), dato che l’operazione de qua avrebbe dovuto essere qualificata come “…atto di disposizione del proprio patrimonio disponibile (dunque assoggettabile ad imposta di registro proporzionale) e non come atto rientrante nell’esercizio di attività commerciale (anche nella forma della liquidazione)...”, dovendosi infatti considerare rilevante, ai fini dell’assoggettamento a Iva, o meno, della cessione, “...l’attualità dello svolgimento dell’attività commerciale con riferimento all’immobile in questione, al momento della cessione, e non la circostanza che in passato…detta attività fosse svolta”.

In tale ottica, pertanto, la Corte ha concluso affermando l’insindacabilità, da parte propria, dell’approdo valutativo cui è pervenuto il giudice di appello, laddove afferma che l’atto di cessione appunto “...costituiva un mero atto di disposizione del proprio patrimonio immobiliare disponibile da parte del Comune...” e non già un atto realizzato nell’esercizio di un’attività di carattere commerciale ai sensi del citato articolo 4, comma 4, del Dpr n. 633, “...che presuppone pur sempre che la stessa sia posta in essere nell’esercizio “abituale” e professionale di un’impresa, abitualità evidentemente mancante nel caso di specie, proprio perché la gestione della colonia montana (attività commerciale) non era sicuramente più attuale sin dal 2000: dunque non poteva qualificarsi come inerente all’esercizio dell’impresa, in quanto non si trattava di operazione comportante lo sfruttamento del bene immobile <per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità>...”, così come previsto, in ambito sovranazionale, dall’articolo 9 della direttiva 2006/112/Ce del 28 novembre 2006, di rifusione del testo della sesta direttiva Iva n. 388/1977, in relazione alla definizione di “attività economica” rilevante agli effetti dell’applicazione dell’Iva.

Sul punto, è da rilevare che le conclusioni cui giunge la Corte, nella fattispecie dedotta in controversia, sembrano porsi sostanzialmente in linea con l’orientamento già in passato manifestato dal ministero delle Finanze nella risoluzione n. 26/1998 (espressamente richiamata nella decisione in esame), relativa a una fattispecie per certi aspetti similare a quella in oggetto. In tale declaratoria, infatti, era stato affermato che la cessione di un immobile strumentale per natura, da parte di un Comune, può ritenersi soggetta a Iva solo se “...l’edificio... sin dal suo acquisto è stato destinato allo svolgimento di attività commerciali...” (in quel caso, gestione di una colonia marina), mentre, “…se invece l’immobile… è un bene patrimoniale afferente all’attività istituzionale del Comune la relativa cessione è esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, per carenza del presupposto soggettivo”.


a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME

pubblicato Venerdì 6 Ottobre 2017


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