La bancarotta non è contestata, ma câè concorso in autoriciclaggio
Pubblicato il 10/10/17 08:20 [Doc.3784]
di Redazione IL CASO.it
La mancata imputazione in capo al consulente del reato presupposto non può escludere, nei confronti dello stesso, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza dellâaltro reato
La disponibilità di poteri gestori, lâomessa segnalazione di operazioni sospette, la tenuta irregolare e confusa della contabilità e lâattività svolta dal professionista fin dalla precedente fase della bancarotta fraudolenta rendono, infatti, più che verosimile la consapevolezza, da parte sua, della provenienza illecita del denaro reinvestito.
Questo il principio contenuto nella sentenza della Corte di cassazione n. 42561 del 18 settembre 2017.
La vicenda processuale
Con ordinanza del giudice per le indagini preliminari veniva disposta la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un consulente indagato per il reato di autoriciclaggio, previsto dallâarticolo 648-ter.1 del codice penale. In particolare, si riteneva sussistere il reato di autoriciclaggio a carico del consulente fiscale di una società attraverso cui veniva âripulitoâ il denaro proveniente dalla bancarotta fraudolenta della stessa.
Il tribunale del riesame, tuttavia, annullava lâordinanza, ritenendo che il complesso degli elementi raccolti non consentisse di constatare, in capo allâindagato, la consapevolezza che le somme investite fossero di provenienza delittuosa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale, sostenendo, al contrario, la sussistenza in capo al professionista della consapevolezza dellâattività delittuosa di reimpiego di denaro.
In sede di ricorso, il Pm evidenziava, in particolare, come il professionista in questione avesse competenze specifiche in materia tributaria e contabile, e fosse munito, inoltre, di poteri gestori, considerato anche che era in possesso delle credenziali di accesso ai conti della società .
La pronuncia della Corte
La Corte suprema ha accolto il ricorso della Procura, annullando lâordinanza impugnata e rinviando per un nuovo esame con integrale trasmissione degli atti al tribunale, sezione per il riesame delle misure coercitive.
Ad avviso dei giudici di legittimità , il tribunale del riesame ha errato nel revocare gli arresti domiciliari a carico dellâindagato, non avendo vagliato in modo completo ed esaustivo i gravi indizi di colpevolezza sussistenti nei suoi confronti e, più in generale, non avendo correttamente esaminato la posizione dellâindagato.
Non si tratta â precisa la Corte â di una mera testa di legno al servizio di una delle società coinvolte nellâinchiesta, ma di un soggetto provvisto di peculiari competenze in campo tributario nonché di un potere gestorio non irrilevante, visto che disponeva delle password di accesso ai conti della società : è lâindagato stesso che si occupava della contabilità e dei bilanci delle società attraverso i cui conti il denaro sporco proveniente dalla bancarotta sarebbe confluito in unâattività turistica.
Il tribunale del riesame aveva inoltre omesso, secondo la Corte, di considerare che il professionista, in veste di consulente di un intero gruppo societario, aveva tenuto in maniera confusa e irregolare la contabilità e non aveva segnalato allâufficio italiano cambi (Uic) operazioni di interposizione societaria che avevano come obiettivo il reimpiego di somme di provenienza criminale, pur avendone lâobbligo sulla base dellâarticolo 41 del Dlgs 231/2007.
Come poi correttamente rilevato dal Procuratore ricorrente, la mancata contestazione in capo al professionista della bancarotta, ossia del reato presupposto, non fa venir meno in capo allo stesso la configurabilità del reato di autoriciclaggio, disciplinato dallâarticolo 648-ter.1 del codice penale; nella fattispecie in esame, viene in particolare a configurarsi unâipotesi di concorso dellâextraneus nel reato proprio.
La Corte ha, pertanto, accolto il ricorso, annullando lâordinanza impugnata e rinviando per nuovo esame con integrale trasmissione degli atti al tribunale, sezione per il riesame delle misure coercitive.
Andrea Santoro
pubblicato Lunedì 9 Ottobre 2017
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