Risoluzione 122/E, biotecnologie: i chiarimenti dell’Agenzia
Pubblicato il 11/10/17 08:32 [Doc.3790]
di Redazione IL CASO.it


L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 122/E del 10 ottobre 2017, risolve i principali dubbi interpretativi circa l’applicazione al campo delle biotecnologie (con particolare riferimento alla ricerca farmaceutica) del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
L’intervento dell’amministrazione è stato sollecitato da una richiesta di consulenza giuridica avanzata da un’associazione rappresentativa degli operatori del settore. I quesiti analizzati concernono la riconducibilità di determinate attività tra quelle di ricerca e sviluppo e l’individuazione, nell’ambito delle stesse attività, delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta.

Il documento di prassi, che fa seguito all’emanazione della circolare n. 13/E del 27 aprile 2017 (vedi “Bonus ricerca e sviluppo: aggiornate le linee guida”), costituisce un ulteriore fondamentale tassello per delineare compiutamente il quadro di applicazione del credito d’imposta in esame. Con la risoluzione in esame, infatti, l’Agenzia, oltre a risolvere i dubbi prospettati dall’associazione istante, esplicita una serie di principi che, non riguardando aspetti specifici del settore delle biotecnologie, hanno una valenza generale ai fini dell’applicazione dell’agevolazione.

La risoluzione, inoltre, è frutto di condivisione con il ministero dello Sviluppo economico (Mise), competente a pronunciarsi su determinati aspetti del credito d’imposta, con una sinergia che conferma l’impegno delle due amministrazioni su una disciplina che coinvolge, spesso in modo trasversale, le rispettive competenze, a fornire una risposta unitaria agli interessati. Tale modus operandi presenta l’evidente vantaggio di evitare disallineamenti a livello interpretativo.

Il quadro normativo di riferimento
Il decreto “Destinazione Italia” ha introdotto a favore di tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019”, un credito d’imposta in misura pari al 25% “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015” (articolo 3, comma 1, Dl 145/2013).
Il decreto 27 maggio 2015 ha dettato le modalità applicative dell’agevolazione, in relazione alla quale, peraltro, l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016.
La legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, legge 232/2016) ha modificato la disciplina originaria, prorogando di un anno il periodo di riferimento dell’agevolazione (fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020) e prevedendo, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016:
ai fini della determinazione del credito d’imposta, un’aliquota unica del 50%, a prescindere dalla tipologia di investimento realizzato
l’estensione delle spese ammissibili a tutto il “personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo” (originariamente circoscritte al solo personale “altamente qualificato”)
l’innalzamento da 5 a 20 milioni di euro dell’importo massimo del credito annualmente spettante per beneficiario.
Con la successiva circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, l’Agenzia delle entrate ha fornito ulteriori chiarimenti e precisazioni.

Si sottolinea che la risoluzione in esame affronta anche problematiche relative alla disciplina del credito d’imposta vigente prima delle ricordate modifiche. La disciplina previgente, quindi, continua a essere rilevante per gli investimenti realizzati fino al periodo d’imposta vigente al 31 dicembre 2016.

Quesiti e risposte
Di seguito si fornisce una sintesi dei quesiti posti all’Agenzia e delle relative risposte, raggruppati per tipologia di ricerca agevolabile e tipologia di investimenti ammissibili.

Tipologia di ricerca agevolabile
Il primo quesito è relativo alla riconducibilità tra le attività di ricerca e sviluppo degli studi clinici non interventistici (osservazionali) e degli studi clinici di fase IV.
I primi sono centrati “su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti nel modo consueto conformemente alle condizioni fissate nell’autorizzazione all’immissione in commercio”, mentre i secondi rappresentano degli studi post-registrativi, ossia condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco.
Alla luce degli elementi che caratterizzano le due diverse tipologie di studi, come rappresentate dall’associazione istante, l’Agenzia ritiene che gli studi clinici non interventistici siano sempre riconducibili tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, mentre gli studi di fase IV lo siano solo limitatamente a quelli di natura medico-scientifica, potendo essi rientrare nella “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per (…) permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti” ovvero nell’ambito della “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati” (cfr articolo 3, comma 4, lettere b e c, Dl 145/2013).

Tipologia di investimenti ammissibili
Più numerosi i quesiti relativi alla tipologia di investimenti ammissibili.

Realizzazione di un prototipo
Il primo gruppo di domande concerne l’ammissibilità, ai fini della realizzazione di un prototipo, dei costi relativi alle seguenti ipotesi:
acquisto di materiali per la realizzazione del prototipo di un macchinario: la risoluzione esclude – in assenza di un riscontro nel disposto dell’articolo 3 e nel relativo decreto attuativo - che la spesa per l’acquisto di semplici materiali o componenti già disponibili sul mercato, benché impiegati per la realizzazione dei prototipi, rientri tra quelle ammissibili all’agevolazione. Di contro, il documento di prassi, confermando un’interpretazione estensiva già enunciata nella circolare n. 5/E del 2016, chiarisce che sono ammissibili le quote di ammortamento di tutti i beni materiali ammortizzabili, il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo, non dovendosi fare riferimento a “strumenti e attrezzature di laboratorio” in senso stretto
lavorazioni speciali, che non possono essere svolte internamente in azienda e senza le quali sarebbe impossibile realizzare il prototipo stesso: in argomento, la risoluzione afferma che i costi di esternalizzazione di attività non qualificabili come ricerca commissionata (ai sensi dell’articolo 3, comma 4, lettera c,) o che non abbiano a esito un risultato o prodotto innovativo, ma che sono strumentali alla realizzazione del prototipo o a componenti dello stesso, possono ritenersi ammissibili (ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera d)
contratti di sviluppo sperimentale, che contengono lo studio di fattibilità tecnica, la progettazione, l’ingegnerizzazione, la realizzazione del prototipo di un nuovo macchinario e il relativo test: dopo aver ricordato che, in linea generale, i contratti di sviluppo sperimentale sui prototipi rientrano tra i contratti di ricerca extra-muros (ex articolo 3, comma 6, lettera c), la risoluzione chiarisce che anche in tal caso il discrimen per individuare in quale categoria di costi ammissibili includerli è costituito dall’avere gli stessi, come finalità, un risultato o prodotto innovativo. In tale ottica, quindi, l’Agenzia ritiene che i costi di esternalizzazione relativi a contratti a terzi per la realizzazione di componenti originali o per l’adattamento di componenti non originali possano rientrare tra quelli ammissibili ai sensi della lettera c), mentre i costi di esternalizzazione necessari ai fini dell’attività di ricerca che non abbiano ad esito un risultato o prodotto innovativo, possano rientrare nella successiva lettera d) del comma 6 dell’articolo 3.
Costi per personale
Un altro gruppo di quesiti concerne i costi sostenuti per il personale. Queste le ipotesi poste all’attenzione dell’Agenzia:
costi relativi a personale non altamente qualificato, che svolge la propria attività in totale autonomia di mezzi e organizzazione: il quesito trae origine dalla frequente ipotesi di utilizzo nell’attività di ricerca e sviluppo di professionisti con un elevato profilo di competenze tecniche, tuttavia privi dello status di “personale altamente qualificato”, richiesto dalla disciplina previgente. Nella risoluzione, l’amministrazione sostiene che i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da personale non altamente qualificato dotato di specifiche competenze tecniche possono considerarsi ammissibili ai sensi della lettera d) del comma 6, sempreché non ricorrano i presupposti per qualificare la prestazione svolta come attività di ricerca “commissionata” ai sensi della lettera c) del medesimo comma. Deve comunque evidenziarsi che, in virtù delle ricordate modifiche normative, dal 2017 non ha più un’autonoma rilevanza il costo relativo al “personale altamente qualificato” nell’ambito del costo del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo (cfr circolare n. 13/E del 2017, paragrafo 1.5)
costi per personale altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato: sul punto, l’Agenzia, alla luce della normativa in materia di tale tipologia contrattuale e di quanto già sostenuto nella circolare n. 5/E del 2016, ritiene che il costo relativo al personale altamente qualificato, assunto con contratto di apprendistato (anche di tipo formativo), può rientrare nel novero dei costi ammissibili al credito d’imposta, a condizione e nella misura in cui l’apporto fornito da detto personale sia direttamente connesso allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili.
Costi riferibili a consulenze regolatorie
Per consulenza regolatoria si intende l’insieme delle attività connesse e propedeutiche all’immissione sul mercato di un farmaco e/o alla brevettabilità dello stesso e/o di un processo. Nel quesito, l’associazione istante specifica che si tratta di servizi cosiddetti di regulatory affairs offerti da soggetti terzi e finalizzati allo sviluppo, all’immissione in commercio e all’aggiornamento del dossier di prodotti farmaceutici e/o para-farmaceutici.
In altri termini, il quesito verte sull’ammissibilità al credito d’imposta dei costi relativi a servizi connessi allo sviluppo e alla realizzazione di uno specifico farmaco, sia nella fase antecedente alla sua messa in commercio sia in quella successiva.
La risoluzione opera una distinzione nell’ambito delle consulenze regolatorie, considerando ammissibili le spese per consulenze regolatorie finalizzate alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno dello studio clinico ed escludendo, invece, quelle relative ad attività regolatorie finalizzate alla preparazione della documentazione destinata all’ottenimento delle autorizzazioni a eseguire lo studio (da parte di autorità regolatorie, comitati etici o altri organismi) e, più in generale, quelle relative ad attività di natura meramente burocratica o assimilabili ai “lavori amministrativi e legali necessari per richiedere brevetti e licenze”.
Conclusioni analoghe valgono per i “fees”, ossia i corrispettivi sostenuti per la richiesta di commercializzazione o la prosecuzione della vendita di nuovi prodotti: sono ammissibili gli oneri finalizzati agli studi clinici, mentre non sono ammissibili quelli relativi ad adempimenti amministrativi.

Costi relativi a commesse di ricerca tra imprese aventi il medesimo consiglio di amministrazione
Per questa tipologia di costi, la risoluzione esclude la configurabilità in termini di spese extra-muros. Infatti, la ratio delle limitazioni alla configurabilità di attività di ricerca e sviluppo extra-muros discende dall’esigenza di evitare un’alterazione del reale costo di mercato della commessa, in conseguenza dell’influenza esercitata da un’impresa sull’altra, derivante non solo da vincoli azionari o contrattuali, ma anche da fattori economici.

Costi relativi a studi clinici per contratti di ricerca sui farmaci, relativi ad assicurazione e comitati etici, in quanto costi accessori alla ricerca stessa
In ordine all’ammissibilità, come spesa extra-muros dei suddetti costi, la risoluzione rinvia alla risposta fornita in merito ai costi per consulenze regolatorie, escludendo espressamente l’ammissibilità dei costi di assicurazione.

Annalisa Fava
pubblicato Martedì 10 Ottobre 2017


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