Corte Ue: sì a regime forfetario per agricoli anche se Iva è in calo
Pubblicato il 14/10/17 00:10 [Doc.3804]
di Redazione IL CASO.it


Due le questioni pregiudiziali sottoposte all’attenzione dei giudici in un contenzioso che vede protagoniste due imprese operanti nel settore dell’allevamento e macellazione di bovini

Una società di persone a base familiare, che esercita attività agricola nell’Irlanda del Nord, alleva bovini acquistati da un’impresa consociata, che porta all’ingrasso prima di rivenderli alla società che gestisce la macellazione dei capi.

Su indicazione di quest’ultima, la società di persone presentava domanda di adesione al regime forfettario, che veniva accolta.

Ad essa era pertanto consentito di aumentare il prezzo di vendita dei bovini di un tasso forfettario di maggiorazione del 4% che conferiva, ai suoi clienti, il diritto alla detrazione.

Le contestazioni del Fisco
Il Fisco nazionale, al fine di stabilire se la società potesse ancora beneficiare del regime forfetario, esaminava i rendiconti finanziari della compagine sociale, in particolare i risultati di esercizio ed i bilanci. Di conseguenza l’Amministrazione finanziaria constatava che, negli esercizi contabili in contestazione, la società aveva ottenuto dalla sua adesione al regime forfetario un vantaggio fiscale pari a diverse centinaia di migliaia di euro.
Pertanto, il Fisco revocava il certificato di adesione al regime forfetario della società, per il motivo che i guadagni derivati dall’applicazione del tasso di compensazione forfettaria erano notevolmente superiori all’importo dell’Iva pagata a monte che essa avrebbe potuto detrarre se fosse stata assoggettata al regime normale dell’Iva.

Il contenzioso nazionale
Il Fisco confermava la sua decisione anche a seguito del reclamo della società. Quest’ultima presentava ricorso avanti alla Sezione tributaria del Tribunale di primo grado del Regno Unito, che lo respingeva. La vertenza finiva, allora, avanti alla Sezione tributaria, del pubblico registro e della cancelleria del Tribunale superiore del Regno Unito.

Questioni pregiudiziali
Ciò premesso, il Tribunale superiore, sospeso il procedimento, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, così sintetizzabili:
se, rispetto al regime comune forfettario per i produttori agricoli stabilito dal titolo XII, capo 2, della direttiva Iva, l’articolo 296, paragrafo 2 della detta direttiva debba essere interpretato nel senso che reca una disciplina tassativa dei casi in cui uno Stato membro può escludere un produttore agricolo dal regime forfettario. In particolare viene richiesto alla Corte di chiarire, se sussistano altre ipotesi oltre a quelle e sulla base di quali principi lo Stato abbia tale potere
come debba essere interpretata l’espressione “categorie di produttori agricoli” contenuta nell’articolo 296 richiamato. Sul punto, viene richiesto anche se tale espressione autorizzi uno Stato membro a trattare come categoria rilevante ai fini di tale disposizione i “produttori agricoli che risultano recuperare, quali membri di un regime forfettario, importi nettamente superiori rispetto a quelli che recupererebbero se fossero registrati a fini Iva”.
Il regime forfetario
La Corte di giustizia, nel rispondere alle questioni ad essa sottoposte, premette che il regime forfetario è un regime derogatorio che costituisce un’eccezione al regime generale della direttiva Iva e deve, pertanto, essere applicato solo nella misura necessaria a realizzarne lo scopo.
Tra i due obiettivi assegnati a tale regime, continua la Corte, rientra quello relativo all’esigenza di semplificazione amministrativa per gli agricoltori interessati, che deve essere conciliato con quello della compensazione dell’onere dell’Iva, sopportato a monte da tali agricoltori nell’acquisto di beni utilizzati ai fini delle loro attività.

La tassatività dei casi di esclusione dal beneficio
L’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva menziona unicamente la possibilità di escludere dal beneficio del regime forfetario talune categorie di produttori agricoli, nonché i produttori per i quali l’applicazione del regime normale dell’Iva, o delle modalità semplificate di cui all’articolo 281 di tale direttiva, non crei difficoltà amministrative.
Ebbene, ritiene la Corte, né gli obiettivi di detto regime forfettario, né il contesto nel quale si inserisce l’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva, implicano che si debba ritenere che il legislatore abbia inteso ammettere altri motivi di esclusione.
Alla stessa conclusione circa la tassatività delle cause di esclusione dal beneficio, inferisce la Corte, si perviene anche dall’esame di altre norme della direttiva. In questo senso, l’articolo 299 vieta agli Stati membri di fissare le percentuali forfetarie di compensazione a livelli che avrebbero l’effetto di procurare al complesso degli agricoltori forfettari rimborsi superiori agli oneri dell’Iva a monte.
Ma tale norma non può, comunque, giustificare l’adozione di una decisione che esclude, a titolo individuale, un produttore agricolo dal regime forfetario in considerazione dei rimborsi ottenuti in applicazione di dette percentuali.

Regime forfetario e principio di neutralità dell’Iva
Ugualmente non giova, come fa il giudice remittente, invocare il principio di neutralità dell’Iva, poiché il regime forfetario non può garantire una perfetta neutralità dell’Iva, proprio in quanto detto regime è volto a conciliare tale obiettivo con quello della semplificazione delle norme cui gli agricoltori forfettari sono soggetti
In proposito, osservano i togati comunitari, il legislatore dell’Unione ha deliberatamente fondato tale regime su una certa generalizzazione, derogando a tale principio, come poteva legittimamente fare, in quanto la neutralità fiscale, nell’accezione che detta nozione assume nel procedimento principale, costituisce non un principio giuridico autonomo, bensì uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva Iva, concretizzato in particolare dagli articoli 167 e seguenti di tale direttiva, che stabiliscono il principio del diritto alla detrazione dell’Iva sopportata a monte.
Pertanto, conclude la Corte sul punto, non può essere considerato contrario al diritto dell’Unione il fatto che un produttore agricolo che beneficia di tale regime ottenga, come nel caso di specie, compensazioni dell’Iva più elevate dell’importo dell’Iva a monte che avrebbe potuto detrarre se fosse stato assoggettato a tale imposta secondo il regime normale o il regime semplificato di imposizione.

Le “categorie di produttori agricoli”
Passando alla seconda questione, osserva la Corte che l’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva prevede la possibilità di escludere determinate “categorie” di produttori agricoli dal regime forfettario, senza tuttavia definirne la nozione.
Ebbene, alla luce del principio della certezza del diritto, le categorie di produttori agricoli, di cui all’articolo 296, paragrafo 2, devono essere previste sulla base di criteri oggettivi, chiari e precisi, dalla normativa nazionale o, se del caso, dall’autorità esecutiva, a tale fine delegata dal legislatore nazionale. Inoltre, tali criteri devono essere previamente stabiliti, nel senso che la categoria soggetta all’esclusione deve essere definita a priori ed in astratto, in modo che un produttore agricolo, nel prendere un’eventuale decisione di adesione al regime, sia in grado di stabilire se appartenga alla categoria soggetta all’esclusione e se continuerà ad appartenervi in futuro.
In sostanza, un produttore agricolo deve poter effettuare ex ante un’analisi individuale della propria situazione al fine di determinare se faccia parte, alla luce dei criteri oggettivi fissati da tale normativa, di una categoria di produttori esclusa dal regime forfettario. Per contro, una categoria di produttori agricoli, ai sensi dell’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva, non può essere definita con riferimento ad un criterio che non consenta ai soggetti in questione di procedere a siffatta analisi individuale.
Nella fattispecie, concludono i togati comunitari, è proprio questo il caso di un criterio di esclusione dal regime forfettario fondato sulla nozione di importo «nettamente superiore», con la consequenziale censura del recupero effettuato dal Fisco del Regno Unito.

Le conclusioni della Corte
La Corte di giustizia, al termine del procedimento giunge a due conclusioni:
l’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che esso prevede in modo tassativo tutte le ipotesi in cui uno Stato membro può escludere un produttore agricolo dal regime comune forfettario per i produttori agricoli;
l’articolo 296, paragrafo 2, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che i produttori agricoli, nei confronti dei quali è stato accertato che l’importo da essi recuperato in quanto membri del regime comune forfetario per i produttori agricoli è nettamente superiore a quello che recupererebbero se fossero stati assoggettati al regime normale, o al regime semplificato, dell’imposta sul valore aggiunto non possono costituire una categoria di produttori agricoli ai sensi di tale disposizione.

Data della sentenza
12 ottobre 2017
Numero della causa
C-262/2016
Nome delle parti
Shields & Sons Partnership;
contro
The Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs.
Martino Verrengia
pubblicato Giovedì 12 Ottobre 2017


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