Sull’import di un bene il rischio di un difetto pesa sul suo valore
Pubblicato il 18/10/17 00:40 [Doc.3820]
di Redazione IL CASO.it


La controversia, esaminata dalla Corte di giustizia, attiene alla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario e nel regolamento di applicazione

Una società, dopo aver acquistato autoveicoli di diverse tipologie da un produttore stabilito in Giappone ed averli immessi in regime di libera pratica nel territorio dell’Unione europea, ha venduto le auto ad alcuni concessionari per la successiva rivendita agli utenti finali.
Conformemente a quanto previsto dal codice doganale comunitario, il valore dei veicoli oggetto di scambio è stato fissato sulla base del prezzo di acquisto pagato al produttore giapponese e su tali valori la società ha corrisposto i dazi doganali stabiliti dall’Inspecteur van de Belastingdienst/Douane (Ispettore del servizio imposte/dogane dei Paesi Bassi, d’ora in avanti l’Ispettore).

Il procedimento principale - Alcune delle automobili messe in circolazione presentavano dei difetti che venivano risolti dai concessionari in forza della garanzia offerta alla vendita.
I costi sostenuti per le riparazioni erano stati prima rimborsati dal produttore giapponese e poi dalla società rivenditrice ai concessionari.
La società ha richiesto un rimborso parziale dei dazi corrisposte sulle auto difettose in quanto il valore era risultato a posteriori inferiore al valore iniziale dichiarato in dogana e ciò costituiva una modifica del prezzo effettivamente pagato. A parere della società richiedente, la differenza tra il valore in dogana iniziale e il valore in dogana effettivo corrispondeva all’importo rimborsato dal produttore per ogni automobile.
L’Ispettore ha respinto le domande di rimborso perché:
con riferimento ad alcune vetture, pur ritenendo che la domanda riguardava una modifica del prezzo pagato per le automobili, esse non erano da ritenersi “difettose” nel senso previsto dalle disposizioni doganali;
con riferimento alle altre, la domanda di rimborso dei dazi doganali era stata presentata oltre il termine di dodici mesi decorrenti dalla data di accettazione della dichiarazione di importazione.
A seguito del rigetto la società ha proposto ricorso dinanzi al Rechtbank Noord‑Holland, il tribunale della provincia dell’Olanda settentrionale.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso perché la società, al fine di usufruire del rimborso legato alla modica del prezzo, avrebbe dovuto dimostrate che, alla data di accettazione della dichiarazione di importazione, le automobili erano “difettose”, non essendo sufficiente stabilire “l’eventualità o la possibilità dell’esistenza di un difetto” per l’applicazione di tale disposizione.

Le questioni pregiudiziali - La causa è giunta dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia Europea le seguenti questioni pregiudiziali:
se il codice doganale e il regolamento di applicazione devono essere interpretati nel senso che il regime ivi previsto riguarda anche il caso in cui si accerta che al momento dell’accettazione della dichiarazione per una determinata merce esisteva il rischio, connesso alla fabbricazione, che una parte della merce si deteriorasse con l’uso, e per questo motivo il venditore, in adempimento di un obbligo contrattuale di garanzia nei confronti dell’acquirente, concede a quest’ultimo una riduzione del prezzo in forma di un rimborso delle spese da questo sostenute per modificare la merce in modo tale da escludere il rischio in parola.
se le condizioni previste dal regolamento d’applicazione per la modifica del valore in dogana, per cui la modifica del prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci deve essere avvenuta entro dodici mesi dalla data dell’accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, sia contraria alle disposizioni del codice doganale.

Il contesto normativo – La controversia attiene la corretta interpretazione delle diposizioni contenute nell’articolo 29, paragrafo 1 e 3 del codice doganale comunitario e nell’articolo 145, paragrafo 2 e 3 del regolamento di applicazione.
L’articolo 29 del codice doganale, ai paragrafi 1 e 3, prevede che il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, a condizione che non esistano restrizioni per la cessione o per l’utilizzazione delle merci da parte del compratore oltre quelle previste tassativamente dalla lett. a) dell’articolo 29.
L’articolo 145, paragrafo 2, del regolamento di applicazione prevede che “dopo l’immissione in libera pratica, la modifica del prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci di cui trattasi, effettuata dal venditore in favore dell’acquirente, può essere presa in considerazione per la determinazione del valore in dogana a norma dell’articolo 29 del codice qualora sia dimostrato alle autorità doganali:
che le merci erano difettose alla data di cui all’articolo 67 del codice;
che il venditore ha effettuato la modifica in adempimento di un obbligo contrattuale di garanzia previsto dal contratto di vendita concluso prima dell’immissione in libera pratica delle merci;
che la natura difettosa delle merci non è già stata presa in considerazione nel contratto di vendita.”
Il paragrafo 3 dell’articolo 145 citato dispone che la modifica del prezzo delle merci, effettuata a norma del paragrafo 2, è condizionata al termine “di dodici mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica delle merci.”

Sulle questioni pregiudiziali – La prima questione pregiudiziale verte sulla portata della natura “difettosa” che le merci importate devono presentare affinché la modifica, da parte del venditore a favore dell’acquirente, del prezzo effettivamente pagato per tali merci possa essere presa in considerazione al fine della determinazione del valore in dogana.
Sul punto gli eurogiudici hanno precisato che la merce è difettosa quando è priva delle qualità richieste o è imperfetta e quindi si riscontrerà un difetto ogniqualvolta la merce “non presenta le qualità che ci si può legittimamente attendere, tenuto conto della sua natura e di tutte le circostanze pertinenti.”
Il concetto di difettosità alla fabbricazione è ancor più stringente quando si riferisce a beni come le automobili, stante il legame con il concetto di sicurezza delle persone che le utilizzano ed esso deve essere valutato necessariamente al momento della loro importazione nel territorio dell’Unione.
Per quanto attiene l’aspetto del valore da attribuire ai beni in dogana, il citato art. 29 del codice doganale lega tale valore al prezzo di transazione, ossia al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione.
A tal riguardo la Corte di giustizia ha precisato però che, sebbene il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci costituisca, in linea generale, la base di calcolo del valore in dogana, tale prezzo è un dato che deve essere eventualmente rettificato qualora tale operazione sia necessaria per evitare di determinare un valore in dogana arbitrario o fittizio. Il valore in dogana, infatti, deve corrispondere al reale valore economico del bene.

L'accertamento del rischio - Sulla base di tali principi, pertanto, la circostanza per cui al momento dell’importazione è stato accertato un rischio che la merce fosse difettosa alla fabbrica, a fronte del quale il venditore garantisce una riduzione del prezzo, consente la modifica del prezzo ai fini della determinazione del valore doganale ai sensi dell’articolo 145, paragrafo 2 del regolamento d’applicazione.
La seconda questione attiene la corretta qualificazione del termine di 12 mesi, decorrente dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, perché sia accettata la modifica del prezzo ai fini della determinazione del valore doganale. In altre parole, se si ritiene che tale termine sia perentorio, in caso di modifica del prezzo intervenuta dopo il dodicesimo mese, il valore di transazione non potrà essere più rettificato e in dazi pagati in eccesso non rimborsati.
A parere dei giudici comunitari, il termine dei dodici mesi viola il disposto dell’art. 78 del codice doganale laddove è previsto che le modifiche al valore doganale, comprese quelle conseguenti alla natura “difettosa” del bene, possono essere attuate entro tre anni.
Sulla base di tale principio, pertanto, il debitore può ottenere il rimborso dei dazi all’importazione, come nel caso che ci occupa, “fino alla scadenza di un termine di tre anni a decorrere dalla notifica di tali dazi al debitore.”
Ne consegue che le disposizioni di cui all’articolo 145, paragrafo 3 del regolamento d’applicazione sono contrarie a quelle contenute nel codice doganale e il termine di dodici mesi ivi previsto è in buona sostanza invalido.

La decisione della Corte – Per i motivi sopra esposti la Corte di giustizia dell'Unione europea è giunta alla seguente conclusione:
l’articolo 145, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione deve essere interpretato nel senso che “include una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui sia accertato che, al momento dell’accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica per una merce, sussiste un rischio, connesso alla fabbricazione, che tale merce divenga difettosa con l’uso, e in cui per questo motivo il venditore, in adempimento di un obbligo contrattuale di garanzia nei confronti dell’acquirente, concede a quest’ultimo una riduzione del prezzo sotto forma di un rimborso delle spese sostenute dall’acquirente per modificare la merce in modo tale da escludere il suddetto rischio.”
l’articolo 145, paragrafo 3 del regolamento, “prevedendo un termine di dodici mesi a decorrere dall’accettazione della dichiarazione d’immissione in libera pratica delle merci entro il quale deve aver luogo la modifica del prezzo effettivamente pagato o da pagare, è invalido.”


Data della sentenza
12 ottobre 2017
Numero della causa
C‑661/15
Nome delle parti
X BV
contro
Staatssecretaris van Financiën
Emiliano Marvulli
pubblicato Lunedì 16 Ottobre 2017


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