Procedimento di notificazione: basta che l'atto raggiunga lo scopo
Pubblicato il 04/11/17 00:00 [Doc.3868]
di Redazione IL CASO.it


Può essere dichiarato inesistente solo se mancano i requisiti formali indispensabili alle sue funzioni, in presenza di un semplice vizio dell’iter è tranquillamente sanabile

La violazione di specifiche prescrizioni normative sul procedimento di notifica postale – nella specie, omessa sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario sulla busta e mancanza nella relata del numero di raccomandata - non determina inesistenza ma mera nullità della notifica stessa, sanabile per raggiungimento dello scopo in virtù dalla costituzione in giudizio del destinatario.

Così ha concluso la V sezione della Suprema corte, con la sentenza n. 23791/2017, dove è stato inoltre precisato che la sanatoria opera retroattivamente anche quando la costituzione dell’intimato sia avvenuta dopo lo spirare del termine per il compimento dell’atto processuale.

La vicenda processuale
Una società francese chiedeva al Centro operativo di Pescara delle Entrate, ai sensi dell’articolo 10 della convenzione Italia - Francia contro le doppie imposizioni, il pagamento del credito d’imposta sui dividendi ad essa versati a dicembre 2003 e marzo 2004 dalla controllata italiana.

Contro il silenzio-rifiuto opposto dall’Ufficio, la società proponeva vittorioso ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Pescara (sentenza n. 378/1/2009).

L’appello del Centro operativo veniva dichiarato inammissibile dalla Ctr abruzzese (sentenza n. 200/9/2012, del 22 marzo 2012) che accoglieva la doglianza di controparte. Quest’ultima aveva eccepito l’inesistenza della notificazione dell’impugnazione per omessa apposizione della sottoscrizione dell’ufficiale notificatore sulla busta contenente l’atto processuale e per la mancanza nella relata del numero della raccomandata utilizzata per la spedizione del documento.

Precisava il collegio di seconde cure che, quand’anche si fosse inteso ricondurre il vizio in parola nella categoria della nullità, neppure poteva invocarsi la sanatoria dello stesso per raggiungimento dello scopo derivante dalla costituzione in giudizio della parte privata che, essendo intervenuta quando il termine per la proposizione dell’appello era ormai spirato, “non è idonea ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza”.

Ricorrendo in sede di legittimità, l’Agenzia sollevava cinque motivi di gravame: con i primi tre denunciava l’illegittimità della statuizione di inesistenza della notifica dell’appello a causa dell’omessa sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario sulla busta di spedizione postale e dell’omessa indicazione sulla relata del numero della raccomandata; con gli altri due si doleva del fatto che la Ctr non avesse disposto la rinnovazione della notifica, anche in ragione della non imputabilità dei vizi alla parte notificante.

La pronuncia della Corte
Le prime tre doglianze sono state accolte (le restanti ritenute assorbite) e la Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando al giudice a quo in diversa composizione.
Nella motivazione, il Supremo collegio ricorda innanzitutto che la notificazione può considerarsi inesistente soltanto “quando esorbiti completamente dallo schema legale”, mentre la violazione di specifiche prescrizioni normative sul procedimento di notifica comporta una “mera nullità… sanabile ex tunc dalla costituzione in giudizio del destinatario…, a prescindere dal momento di tale costituzione (Cass., sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9859,…; Cass. 8 gennaio 2002, n. 139…)”.

L’impatto di tali principi rispetto al caso di specie, precisa l’odierna pronuncia, comporta che i vizi rilevati dal giudice d’appello “seppur evidenziano la violazione dell’art. 3 L. 890/1982, certo non privano l’atto degli elementi caratteristici del modello legale”; di conseguenza, si legge ancora, la CTR “ha errato nel farne discendere l’inesistenza della notifica e nell’escluderne la sanatoria per raggiungimento dello scopo in rapporto al tempo di costituzione dell’appellato (successivo allo spirare del termine d’appello)”.


Osservazioni
Il procedimento di notificazione degli atti in genere, e per quanto d’interesse in questa sede degli atti del procedimento amministrativo e del processo tributario, soggiace a una puntuale disciplina normativa delle varie fasi in cui si articola il relativo iter, sostanziandosi in una serie di attività, il cui scopo ultimo è quello di determinare la “conoscenza legale” dell’atto in capo al suo destinatario.

Il puntuale rispetto della sequenza procedurale consente infatti di ritenere convenzionalmente intervenuta la conoscenza dell’atto da notificare, indipendentemente dal fatto che vi sia stata una effettiva conoscenza dello stesso, basandosi dunque “su di una fictio in virtù della quale l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, pur costituendo lo scopo della notificazione, rimane estranea alla sua struttura” (Cassazione, sentenza 23675/2014).

Laddove invece, nel corso del concreto espletamento dell’iter di notifica, si verifichino delle “deviazioni” rispetto allo schema legale tipico occorre valutare quali conseguenze ne derivano.

Invero, mentre in base all’articolo 156, secondo comma, cpc, la nullità per inosservanza di forme di un atto, anche se non prevista dalla legge, può tuttavia “essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”, in virtù del successivo terzo comma, la nullità non può invece mai essere pronunciata “se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.

L’articolo 156 cpc positivizza cioè il principio di “strumentalità delle forme”, in ragione del quale la nullità della notifica non discende di per sé dalla violazione della forma fissata dalla legge, ma soltanto dalle conseguenze che il vizio comporta sull’idoneità della notifica a raggiungere lo scopo cui la stessa è preordinata.

Nella fattispecie, in effetti, si era verificato un vizio dell’iter di notifica, perché l’articolo 3, secondo comma, della legge n. 890/1982 prevede che, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, l’ufficiale giudiziario presenta la copia dell’atto da notificare in busta chiusa sulla quale sono apposti, tra gli altri, “il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell’ufficio”. Di contro, per mera completezza, si osserva che il precedente comma non impone l’indicazione del numero della raccomandata sulla relata, stabilendo soltanto che la stessa debba fare “menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale (l’agente notificatore, n.d.a.) spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento”.

Peraltro, tale vizio non ha impedito all’atto di entrare nella sfera di conoscibilità del destinatario che, attraverso la costituzione in giudizio aveva dimostrato per facta concludentia di esserne venuto a conoscenza.

Sul tema, si può ricordare l’insegnamento della Cassazione 5057/2015, ove si legge che il raggiungimento dello scopo consente la piena conoscenza dell’atto, così realizzando “il nucleo forte di tutela dell’esercizio del diritto di difesa cui sono parametrate tutte le garanzie offerte dall’ordinamento perché tale effetto sia davvero conseguito, senza dar rilievo ad aspetti puramente formali che ostacolino la pronuncia sostanziale di giustizia alla quale tende l’ordinamento”.

In termini analoghi, la Cassazione a sezioni unite, con sentenza n. 7665/2016, ha ritenuto che nel processo la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito “non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione”. Di conseguenza “è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione”.

E ancora, la Cassazione a sezioni unite, con la sentenza n. 14916/2016, nel ribadire che le forme degli atti “sono prescritte al fine esclusivo di conseguire un determinato scopo, coincidente con la funzione che il singolo atto è destinato ad assolvere nell'ambito del processo”, precisa che la regola della sanatoria dei vizi per raggiungimento dello scopo costituisce espressione della prevalenza che il legislatore “in piena attuazione del principio della strumentalità delle forme” ha inteso dare ai dati dell’esperienza concreta (constatazione ex post), sia pure dovuta ad accadimenti del tutto accidentali, rispetto agli elementi di astratta potenzialità e prevedibilità (valutazione ex ante).

Massimo Cancedda
pubblicato Martedì 31 Ottobre 2017


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