La Ue salva la prescrizione polacca per la richiesta del rimborso Iva
Pubblicato il 23/12/17 00:00 [Doc.4056]
di Redazione IL CASO.it


Secondo i giudici europei il termine previsto dalla normativa interna non è contrario ai principi di equivalenza e di effettività e consente al contribuente di far valere i propri diritti

È legittimo il diniego al rimborso dell’Iva pagata in eccedenza da un soggetto passivo d’imposta, quando l’istanza è presentata dopo la scadenza del termine prescrizionale previsto dalla normativa interna anche se, da una sentenza della Corte di giustizia pronunciata successivamente alla scadenza di tale termine, risulti che il pagamento dell’Iva oggetto di tale domanda di rimborso non era dovuto.

Il procedimento principale
La Caterpillar è una società di diritto polacco che concede beni in leasing ai propri clienti e che, nell’ambito della propria attività economica, offre agli utilizzatori la possibilità di prestar loro un’assicurazione che copre il bene oggetto del leasing.
All’epoca dei fatti, detti contratti erano sottoscritti presso una compagnia di assicurazioni da parte della stessa Caterpillar, che si assumeva le spese connesse alla loro conclusione, e poi riversava sugli utilizzatori il costo dei premi assicurativi senza percepire alcun margine di profitto. Tali premi erano fatturati in esenzione da Iva.

A seguito di una successiva sentenza della Corte suprema amministrativa polacca (che nel 2010 ha stabilito che il fornitore di prestazioni di servizi di leasing deve includere nella base imponibile Iva, relativa a tali servizi, anche i costi dell’assicurazione che copre il bene oggetto di leasing), nonché nella prospettiva di un imminente controllo da parte dell’autorità tributaria competente, la Caterpillar ha decido di assolvere l’Iva corrispondente ai premi assicurativi fatturati in esenzione di imposta nel periodo dicembre 2005-dicembre 2006 e in quelli successivi.

Nel 2013, a seguito di una sentenza favorevole della Corte di Giustizia europea nell’ambito di una controversia simile a quella che vedeva coinvolta la Caterpillar, la società ha presentato all’amministrazione finanziaria istanza per il rimborso dell’eccedenza dell’Iva versata per il periodo compreso tra il mese di dicembre 2005 e il mese di dicembre 2011.
Il compente ufficio finanziario ha proceduto al rimborso dell’imposta eccedente solo per il periodo dicembre 2007-dicembre 2011, mentre ha negato il rimborso relativa per il periodo precedente (dicembre 2005-novembre 2007), invocando la scadenza del termine di prescrizione quinquennale previsto dall’articolo 70 del codice tributario polacco.
Avverso tale diniego, la società ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo di Varsavia, respinto nel merito perché la Caterpillar non era legittimata a chiedere il rimborso dopo la scadenza del termine di prescrizione di cinque anni del debito d’imposta. Il giudice del rinvio ha dichiarato parimenti che il termine di prescrizione suddetto non contrastava con il principio di effettività del diritto dell’Unione.

Avverso la sentenza amministrativa la Caterpillar e l’amministrazione finanziaria polacca presentavano ricorso dinanzi alla Corte suprema amministrativa.
Il giudice del rinvio ritiene, in primo luogo, che il termine prescrizionale previsto dal legislatore fiscale sia contrario al principio di effettività del diritto dell’Ue.
Tuttavia, il medesimo giudice ammette che il diritto polacco non prevede alcuna base giuridica che consenta al soggetto di diritto di proporre la domanda di rimborso dell’imposta, riscossa in violazione del diritto dell’Unione dalle autorità tributarie, dopo la scadenza del termine di prescrizione.
In tale contesto la Corte suprema ha deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: “Se i principi di effettività, di leale cooperazione e di equivalenza o qualsiasi altro principio inerente, previsto nel diritto dell’Unione, ostino, in materia di imposta sul valore aggiunto …, a disposizioni nazionali o a una prassi nazionale che impediscono il rimborso di un’eccedenza emersa a seguito della riscossione dell’IVA a valle in violazione del diritto dell’Unione, nella situazione in cui, a causa del comportamento delle autorità nazionali, il soggetto interessato abbia avuto la possibilità di esercitare i propri diritti soltanto dopo la scadenza del termine di prescrizione del debito d’imposta”.

Il diritto dell’Unione
L’articolo 135, par. 1, lettera a), della direttiva 2006/112/Ce del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto prevede che gli Stati membri esentino, tra l’altro, le operazioni “di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione”.

Il diritto interno
Il codice tributario polacco prevede, all’articolo 70, un termine prescrizionale del debito d’imposta di cinque anni.
Il successivo articolo 74 del codice così recita: “Qualora un’eccedenza sia emersa a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale o di una pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, e il soggetto passivo ... abbia presentato una delle dichiarazioni di cui all’articolo 73, paragrafo 2, o un’altra dichiarazione, dalla quale risulti l’ammontare del debito d’imposta, l’importo dell’eccedenza è determinato dal soggetto passivo nella domanda di rimborso, presentata unitamente alla dichiarazione rettificata”.

Sulla questione pregiudiziale
Con il procedimento in commento il giudice del rinvio ha chiesto ai giudici della Corte di giustizia se una normativa o una prassi nazionale, che consente di respingere una richiesta di rimborso dell’Iva – versata ma non dovuta – da un soggetto passivo quando l’istanza di rimborso sia presentata oltre il termine prescrizionale previsto per legge, sia contraria ai principi di equivalenza e di effettività previsti dal diritto dell’Unione.

L’ipotesi in esame attiene un soggetto passivo che sostiene di aver pagato un’eccedenza di imposta soltanto in considerazione della giurisprudenza sviluppata dal giudice del rinvio, anteriormente alla sentenza del 2013 della Corte di giustizia, nonché della prospettiva dell’imminente svolgimento di un controllo da parte dell’autorità tributaria competente.
Nella richiamata sentenza del 17 gennaio 2013 nella Causa C?224/11, la Corte ha dichiarato che spettava al giudice del rinvio stabilire se, considerate le circostanze concrete della causa sfociata nella sentenza suddetta, la prestazione di servizi relativa all’assicurazione del bene oggetto di leasing e la prestazione di servizi relativa al leasing stesso fossero connesse tra loro a tal punto da dover essere considerate costitutive di un’unica prestazione oppure se, al contrario, esse costituissero prestazioni indipendenti.

Nel caso in cui tali prestazioni di servizi fossero considerate distinte, la Corte ha dichiarato che, quando il concedente del leasing provvede egli stesso a far assicurare il bene, fatturando a sua volta all’utilizzatore il costo esatto dell’assicurazione senza alcun margine di profitto, tale operazione costituisce un’operazione esente dall’Iva.
Nella fattispecie in commento, l’amministrazione tributaria polacca ha negato l’avvio di una procedura di rimborso dell’Iva pagata in eccedenza per il periodo compreso tra il mese di dicembre 2005 e il mese di novembre 2007, con la motivazione che il termine di prescrizione quinquennale, previsto dall’articolo 70, paragrafo 1, del codice tributario polacco, era scaduto.

In primo luogo la Corte ha chiarito che, con riferimento agli effetti di una sentenza emessa su un rinvio pregiudiziale, l’interpretazione di una norma di diritto Ue, che la Corte fornisce nell’esercizio delle proprie competenze, “chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda di interpretazione, purché sussistano, peraltro, i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma”.
Solo in caso del tutto eccezionale la Corte, in applicazione del principio generale della certezza del diritto dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità di far valere una disposizione da essa interpretata.

Nella controversia in esame, non essendo state poste limitazioni temporali alla richiamata decisione del 2013, “le disposizioni interpretate dalla Corte in tale sentenza devono, in linea di principio, essere intese e applicate in conformità a tale interpretazione fin dalla data della loro entrata in vigore”.
Con riferimento alla problematica del rimborso di imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione, la Corte ha rammentato che, in linea di principio, lo Stato membro è tenuto al rimborso,
Tuttavia il problema della restituzione di tributi indebitamente pagati è risolto in modi diversi nei Paesi Ue e persino all’interno di uno stesso Stato, a seconda dei tipi di imposte e di tasse in questione.
La Corte ha dedotto che il termine prescrizionale previsto dalla normativa interna polacca non sia contrario ai principi di equivalenza e di effettività. Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, i giudici europei hanno considerato che il termine di prescrizione quinquennale, previsto dall’articolo 70 del codice polacco, sia “idoneo a consentire a qualsiasi soggetto passivo dotato della normale diligenza di far valere validamente i diritti derivanti a suo favore dall’ordinamento giuridico dell’Unione”.

L’ultimo punto esaminato dalla Corte attiene alla verifica del principio per cui il diritto dell’Unione osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole soltanto se il comportamento delle autorità nazionali, congiuntamente all’esistenza di un termine di decadenza, ha come conseguenza di privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi ai giudici nazionali.

Nella controversia in commento la Corte ha verificato in sostanza se la Caterpillar, in quanto soggetto passivo, fosse stata privata della possibilità di far valere i propri diritti dinanzi ai giudici nazionali.
La società ha sostenuto che, essendo venuta a conoscenza di una sentenza del più alto organo giurisdizionale amministrativo polacco, a essa sfavorevole, e avendo ricevuto l’annuncio di un controllo fiscale imminente, aveva deciso di versare all’amministrazione tributaria gli importi corrispondenti agli arretrati di imposta.
Gli eurogiudici osservano sul punto che “la convinzione soggettiva di non essere in grado di agire diversamente che mediante il pagamento dell’IVA relativa ai costi dell’assicurazione afferente ai contratti di leasing non può essere assimilata all’impossibilità oggettiva di agire diversamente”.
In particolare, la Caterpillar aveva la facoltà di rifiutarsi di pagare l’arretrato di imposta, avendo inizialmente considerato che tali costi assicurativi erano esenti dall’Iva e di contestare qualsiasi ingiunzione di pagamento mediante ricorso giurisdizionale o di pagare l’arretrato di imposta e adire un giudice nazionale per ottenere la ripetizione dell’indebito nell’osservanza di detto termine di prescrizione, senza attendere un’eventuale interpretazione da parte della Corte delle disposizioni della direttiva Iva.
Non essendosi avvalsa di nessuna di tali facoltà, ne consegue che la pronuncia della sentenza della Corte del 17 gennaio 2013, resa successivamente alla scadenza del termine di prescrizione “non consente di concludere che la ricorrente nel procedimento principale non potesse far valere i propri diritti anteriormente alla scadenza di tale termine”.

Il principio di diritto
Alla luce delle considerazioni precedenti, la Corte ha pronunciato il seguente principio di diritto: “I principi di equivalenza e di effettività, letti alla luce dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente di respingere una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) pagata in eccedenza qualora tale domanda sia stata proposta dal soggetto passivo dopo la scadenza del termine di prescrizione quinquennale, sebbene da una sentenza della Corte pronunciata successivamente alla scadenza di tale termine risulti che il pagamento dell’IVA oggetto di tale domanda di rimborso non era dovuto”.


Data della sentenza
20 novembre 2017
Numero della causa
C?500/16
Nome delle parti
Caterpillar Financial Services sp. z o.o.
contro
Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie,
Emiliano Marvulli
pubblicato Giovedì 21 Dicembre 2017
fonte: www.fiscooggi.it


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