Il procuratore distrattario è legittimato ad azionare il titolo in sede esecutiva senza dover impugnare la sentenza
Pubblicato il 21/02/18 00:00 [Doc.4282]
di Redazione IL CASO.it


Cass. civ., 19 febbraio 2018, n. 3970

Il procuratore distrattario è legittimato ad azionare il titolo in sede esecutiva per reclamare il pagamento del 10% ex articolo 15 della tariffa forense sulla base della sentenza che contiene la condanna alle spese processuali in suo favore senza dover impugnare la sentenza.

La somma dovuta per il 10% può essere riconosciuta in via esecutiva soltanto laddove la sentenza distingue gli esborsi dai diritti e dagli onorari, venendo altrimenti meno i requisiti della liquidità e della certezza che devono contraddistinguere il diritto di credito che costituisce l'oggetto del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.


RILEVATO IN DIRITTO
che col primo motivo viene sollevata la violazione o falsa applicazione dell'articolo 15 della tariffa forense, approvata con decreto ministeriale 5 ottobre 1994 n. 585, in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.c. avendo la corte errato ad affermare che il rimborso delle spese generali ex articolo 15 della tariffa forense fosse compreso, cioè già calcolato, nella condanna alla rifusione delle spese del giudizio; che esso costituisse una percentuale degli onorari e non anche dei diritti; ed infine che la fattispecie riguardasse l'adeguatezza delle somme liquidate a titolo di rimborso delle spese del giudizio, ossia la pretesa al pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle liquidate dal tribunale;
l'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio e l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, l'omessa ed errata valutazione dei fatti di causa, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. laddove la corte territoriale non aveva considerato che solo in alcuni casi le spese erano state liquidate dal giudice senza distinguere gli onorari dalle altre voci, mentre in altri casi i giudici avevano liquidato distintamente le spese rispetto alle altre voci (diritti e onorari) su cui si calcola la percentuale del 10% delle spese generali, che ben poteva essere quindi correttamente determinata; inoltre la sentenza risultava contraddittoria ed insufficiente nella parte in cui, dopo aver affermato in premessa che il rimborso delle spese forfettarie dei 10% è dovuto anche in assenza di specifica richiesta del difensore della parte a cui esso spetta anche automaticamente in virtù della condanna al pagamento delle spese, sosteneva che fosse onere della parte e non del difensore distrattario impugnare la sentenza qualora le somme liquidate complessivamente a titolo di rimborso delle spese non fossero state adeguate;
che i motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la connessione che li correla, sono fondati nei termini di seguito precisati; costituisce invero principio ripetutamente affermato da questa Corte quello secondo cui il rimborso delle spese generali (nella specie, richiesto ai sensi dell' art. 15 della tariffa forense approvata con decreto ministeriale 5 ottobre 1994 n. 585 ) spetti all'avvocato in via automatica e con determinazione "ex lege", dovendosi, pertanto, ritenere compreso nella liquidazione degli onorari e diritti di procuratore nella misura del dieci per cento, anche senza espressa menzione nel dispositivo della sentenza (da ultimo Cass. sentenza n. 17046 del 20/08/2015, in precedenza n. 23053/2009); da ciò conseguendo che l'avvocato distrattario è legittimato a pretenderne il pagamento in forza della sentenza da cui discende la liquidazione delle stesse voci e nelle quali deve ritenersi automaticamente compresa quella in discussione; mentre è privo di fondamento sostenere che sia la parte rappresentata a dover impugnare una sentenza all'interno della quale si ritiene già compresa ex lege la condanna al pagamento della somma a favore dell'avvocato distrattario, a nulla rilevando la sua omessa menzione nel dispositivo della sentenza;
non può essere pertanto seguito il diverso orientamento richiamato dall'Inps nel controricorso (Cass. 9699/2011) con cui questa Corte ha affermato che la maggiorazione forfettaria per spese generali deve essere espressamente riconosciuta in sentenza, negando altresì la legittimazione del procuratore a contestare la congruità 2 esplicito delle spese generali (in un caso in cui tuttavia era stata pure omessa la pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore);
che inoltre, rispetto al caso in esame, va pure chiarito che non si tratta di contestare la congruità della liquidazione poiché questa consegue automaticamente alla condanna; trattandosi soltanto di affermare la legittimazione esclusiva del difensore distrattario di chiedere il pagamento del 10% azionando in via esecutiva quella parte della sentenza da cui consegue automaticamente la condanna al pagamento delle spese generali;
che d'altra parte è pure pacifico, poiché previsto nell'articolo 93, 2° comma c.p.c., che in presenza della distrazione delle spese al difensore, sia invece la parte sostanziale a non essere legittimata a chiedere il pagamento alla controparte, se non dopo aver richiesto al giudice la revoca del provvedimento di distrazione; ne consegue che, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario è l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari (Cass. n. 27041/2008);
che va pertanto affermato che il procuratore distrattario è legittimato ad azionare il titolo in sede esecutiva per reclamare il pagamento del 10% ex articolo 15 della tariffa forense sulla base della sentenza che contiene la condanna alle spese processuali in suo favore senza dover impugnare la sentenza; dopo di che, va altresì precisato che la somma dovuta per il 10% può essere riconosciuta in via esecutiva soltanto laddove la sentenza distingue gli esborsi dai diritti e dagli onorari, venendo altrimenti meno i requisiti della liquidità e della certezza che devono contraddistinguere il diritto di credito che costituisce l'oggetto del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.;
che a tale principi si atterrà il giudice di rinvio designato come in dispositivo, cui, cassata la pronuncia impugnata, la causa va rimessa per nuovo esame, in relazione ai motivi accolti, e per la statuizione sulle spese anche di questa fase del giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie i! ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.



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