Corte di giustizia: ok al posticipo della tassazione scambio titoli
Pubblicato il 23/03/18 08:23 [Doc.4458]
di Redazione IL CASO.it


All'attenzione dei togati comunitari la normativa francese e la sua eventuale compatibilità con la direttiva fusioni e con il principio di libertà di stabilimento, ex articolo 49 Tfue
Corte di giustizia: ok al posticipo|della tassazione scambio titoli
La Corte di giustizia ha ritenuto conforme al diritto comunitario una normativa nazionale, che colloca in differimento di imposta, al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, la plusvalenza attinente a un'operazione di scambio di titoli.
Purtuttavia, lo Stato membro deve tenere conto di un'eventuale minusvalenza, qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in detto Stato alla data della cessione, pena la violazione dell'articolo 49 Tfue.

Causa C-327/2016
Nel 1996 un cittadino fiscalmente residente in Francia ha conferito alcuni titoli, che deteneva in una società di diritto francese, a un'altra società di diritto francese, in cambio di titoli di quest'ultima.
Conformemente alla normativa fiscale applicabile alla data dei fatti, la plusvalenza realizzata in occasione di tale operazione di scambio è stata collocata in differimento di imposta.
Nel 2004, il cittadino in questione ha trasferito la sua residenza fiscale dalla Francia al Belgio.
Nel 2007, egli cedeva tutti i titoli ricevuti in occasione dell'operazione di scambio in questione.
A seguito di tale cessione, la plusvalenza collocata in regime di differimento di imposta è stata tassata, per l'anno 2007, con interessi di mora, oltre a una maggiorazione del 10 per cento.

Il contenzioso nazionale
L'adito Tribunale amministrativo di Montreuil, ha stabilito lo sgravio di tale contributo integrativo d'imposta sui redditi.
Ma la Corte d'appello amministrativa di Versailles, Francia ha annullato tale sentenza e ripristinato tutti i contributi oggetto dello sgravio.
Ricorreva per cassazione avanti al Consiglio di Stato francese il cittadino.

Le questioni pregiudiziali
Il Consiglio di Stato, pertanto, dopo aver sospeso il procedimento, ha proposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
se le disposizioni dell'articolo 8 della direttiva del 23 luglio 1990 (direttiva fusioni) debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un'operazione di scambio di titoli rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva, un meccanismo di differimento di imposta secondo cui, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell'imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell'anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dello scambio di titoli e sia soggetta a tassazione nell'anno in cui si realizza l'evento che pone fine al rinvio, segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all'atto dello scambio
se le disposizioni del richiamato articolo 8 debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di uno scambio di titoli rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva, che la plusvalenza derivante dall'operazione, supponendola imponibile, possa essere assoggettata a imposta dallo Stato di residenza del contribuente al momento dell'operazione, laddove il contribuente, alla data della cessione dei titoli ottenuti all'atto dello scambio stesso, abbia trasferito il proprio domicilio fiscale in un altro Stato membro.
Causa C-421/2016
Nel 1999, un cittadino, avente residenza fiscale britannica dal 1997, ha conferito a una società di diritto lussemburghese titoli che deteneva in una società di diritto francese, in cambio di titoli della prima società. In detta occasione, è stata accertata una plusvalenza che, in applicazione della normativa in vigore alla data dei fatti, è stata collocata in differimento di imposta.
A seguito dell'operazione, il contribuente acquistava altri titoli dalla società di diritto lussemburghese. Nel 2002, il cittadino ha ceduto il 45% dei titoli che deteneva nella medesima società.
Ritenendo che i titoli ricevuti da quest'ultimo in occasione dell'operazione di scambio fossero stati ceduti in misura pari al 45%, l'amministrazione fiscale ha assoggettato a imposta la corrispondente frazione della plusvalenza collocata in regime di differimento di imposta, come accertata per l'anno 1999, ponendo a carico del contribuente in questione contributi supplementari di imposta sui redditi per l'anno 2002.

Il processo in Francia
La vertenza finiva innanzi al Tribunale amministrativo di Parigi, che respingeva il ricorso del contribuente.
Ribaltando la decisione del primo grado, la Corte d'appello amministrativa parigina, sanciva lo sgravio da detti contributi.
Il Fisco francese ricorreva, allora, in cassazione avanti al Consiglio di Stato.

Questioni pregiudiziali

In tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
se le disposizioni dell'articolo 8 della direttiva fusioni debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un'operazione di scambio di titoli rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva, un meccanismo di differimento di imposta che preveda che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell'imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell'anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dell'operazione di scambio di titoli e sia assoggettata a imposta nell'anno in cui si realizza l'evento che pone fine al differimento, che può essere segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all'atto dello scambio
se la plusvalenza derivante da scambio di titoli, supponendola imponibile, possa essere assoggettata a imposta dallo Stato che deteneva il potere impositivo al momento dell'operazione, laddove la cessione dei titoli ricevuti in occasione di tale scambio ricada nella competenza fiscale di un altro Stato membro.
Venivano, poi, proposte altre tre articolate questioni pregiudiziali, circa le implicazioni derivanti dalle risposte alle questioni precedenti.
La sentenza
I togati comunitari, iniziando l'analisi dalle prime questioni delle cause riunite, osservano che la direttiva fusioni è diretta a tutelare gli interessi finanziari dello Stato della società conferente o acquistata e, tra tali interessi, figura il potere di imposizione della plusvalenza attinente ai titoli esistenti prima dell'operazione di scambio.
L'articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva dispone, in particolare, che l'applicazione del paragrafo 1 dello stesso articolo non impedisce ai Paesi membri di assoggettare a imposta il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto generato dalla cessione dei titoli esistenti prima dell'acquisto.
Pertanto, atteso che né l'articolo 8 né alcun altro articolo della direttiva in esame contiene disposizioni riguardanti misure fiscali appropriate ai fini dell'attuazione di tale articolo 8, gli Stati Ue dispongono di un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda l'attuazione della norma.

Quindi, poiché la misura in questione consiste, in un primo momento, nell'accertare la plusvalenza derivante dall'operazione all'atto dello scambio e, in un secondo momento, nel differirne l'imposizione alla data della successiva cessione dei titoli ricevuti, essa rispetta, in definitiva, il principio di neutralità fiscale.
Difatti, detta misura, poiché fa sì che il fatto generatore dell'imposta sulla plusvalenza sia differito fino all'anno in cui si verifica l'evento che pone fine al posticipo, vale a dire la cessione dei titoli ricevuti con la permuta, assicura che l'operazione, di per sé, non comporti alcun assoggettamento a imposta della plusvalenza.

Competenza fiscale degli Stati e doppie imposizioni
Esaminando le questioni pregiudiziali n. 2, la Corte di giustizia osserva come la direttiva fusioni non armonizzi i criteri di ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, i quali restano competenti a definire, tramite accordi o in via unilaterale, nel rispetto del diritto dell'Unione, i criteri di ripartizione della loro competenza fiscale, al fine di eliminare le doppie imposizioni.
In questo senso, la direttiva non osta a che la tassazione della plusvalenza derivante dall'operazione di scambio di titoli sia rimandata fino alla successiva cessione dei titoli: dunque, la disposizione non impedisce allo al Paese interessato di assoggettare a imposta la plusvalenza al momento della cessione.
Quanto precede è, altresì, conforme al principio di territorialità fiscale associato a un elemento temporale, riconosciuto dalla Corte, in base a cui uno Stato membro ha il diritto di tassare la plusvalenza sorta nell'ambito della sua competenza fiscale, principio volto a preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati.

La centralità della libertà di stabilimento
I togati comunitari passano a esaminare le questioni dalla terza alla quinta, proposte nella causa C?421/16: in sostanza, viene richiesto alla Corte se la direttiva fusioni e l'articolo 49 Tfue debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti a seguito di una permuta non rientra nella competenza fiscale di tale Paese, prevede l'imposizione della plusvalenza al momento della cessione senza tenere conto di un'eventuale minusvalenza realizzata in detta occasione, laddove la minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente abbia la propria residenza fiscale nello Stato alla data della cessione. Inoltre, in tal caso, il giudice del rinvio intende sapere quali siano le modalità di compensazione e di calcolo di tale minusvalenza.

Nell'ipotesi in esame, al momento della cessione successiva dei titoli, il cittadino era un contribuente non residente e, dunque, non poteva compensare un'eventuale minusvalenza realizzata alla data della cessione con la plusvalenza derivante dallo scambio e collocata in differimento di imposta mentre, se fosse stato un contribuente residente, avrebbe potuto effettuare tale compensazione.
Una simile differenza di trattamento, derivante dalla residenza fiscale è idonea - secondo la Corte - a ostacolare e a scoraggiare, rispetto ai contribuenti detentori di titoli non residenti, le operazioni di ristrutturazione di società rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva fusioni e integra, pertanto, un ostacolo alla libertà di stabilimento, ex articolo 49 Tfue.

Gli ostacoli all'articolo 49 Tfue
L'ipotesi può essere ammessa solo qualora riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o qualora possa essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale riconosciuti dal diritto dell'Unione.
Quanto a quest'ultimo aspetto, il governo francese ritiene che il motivo imperativo di interesse generale connesso alla ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri possa giustificare un siffatto ostacolo.
Ma, secondo i giudici comunitari, tale obiettivo non può giustificare il caso proposto, poiché è in discussione soltanto il potere impositivo della Repubblica francese.
Nel fatto esaminato, il differimento di imposta della plusvalenza oggetto del procedimento principale fino alla successiva cessione dei titoli, ha come conseguenza che detta plusvalenza, nonostante sia stata accertata al momento dello scambio, è assoggettata a imposta solo alla data della successiva cessione.
Ciò comporta - conclude la Corte - che lo Stato membro interessato eserciti il suo potere impositivo sulla plusvalenza al momento della realizzazione della minusvalenza in questione. Pertanto, tenere conto di una simile minusvalenza rientra correlativamente nell'obbligo di tale Stato membro, che intende esercitare il suo potere impositivo sulla plusvalenza.

Conclusioni
L'articolo 8 della direttiva fusioni deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la plusvalenza risultante da uno scambio di titoli rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva è accertata al momento di detta operazione, ma la sua tassazione è rinviata fino all'anno in cui si verifica l'evento che pone fine al differimento di imposta, nel caso di specie la cessione dei titoli ricevuti.
Inoltre, la stessa norma, non contrasta con la normativa di uno Stato membro che prevede l'assoggettamento a imposta della plusvalenza attinente a un'operazione di scambio di titoli, in differimento di imposta, al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, sebbene tale cessione non rientri nella competenza fiscale di tale Stato membro.
L'articolo 49 Tfue, infine, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Paese Ue che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti in cambio non rientra nella competenza fiscale dello stesso Stato, prevede l'imposizione della plusvalenza collocata in differimento d'imposta al momento della cessione senza tenere conto di un'eventuale minusvalenza realizzata in tale occasione, laddove una siffatta minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in tale Paese alla data di detta cessione. Spetta agli Stati membri, nel rispetto del diritto dell'Unione e, nella fattispecie, segnatamente, della libertà di stabilimento, stabilire modalità relative alla compensazione e al calcolo di tale minusvalenza.


Data della sentenza
22 marzo 2018

Numero della causa
Cause riunite C-327/2016 e C-421/2016

Nome delle parti
Marc Jacob

contro

Ministre des finances et des comptes publics
Martino Verrengia
pubblicato Giovedì 22 Marzo 2018



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