Intermediazione finanziaria, amministratori non esecutivi, sanzioni amministrative e regole di condotta
Pubblicato il 22/05/18 00:00 [Doc.4708]
di Redazione IL CASO.it


Segnalazione e massime a cira del Dr. Alberto De Franceschi

Sanzioni amministrative - Intermediazione finanziaria - Opposizione - Accertamento e contestazione - Sindacato del giudice - giudizio ex ante.

Nel sindacare il rispetto del termine di 180 giorni previsto dall'art. 195, comma 1, TUF, il giudice dell'opposizione, operando una valutazione ex ante in ordine all'eventuale superfluità di atti d'indagine, deve limitarsi a rilevare se vi sia stata un'ingiustificata e protratta inerzia da parte della Consob durante o dopo la raccolta dei dati, tenuto conto che ragioni di economia possono indurre l'autorità di vigilanza a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unico provvedimento sanzionatorio.


Sanzioni amministrative - Intermediazione finanziaria - Contestazione - Termine.

In tema di sanzioni amministrative il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all'ambito di applicazione della l. 241/1990, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, esso è compiutamente retto dai principi sanciti dalla l. 689/1981, sicché non assume alcuna rilevanza il termine di 200 giorni stabilito per la conclusione del procedimento dall'art. 4 regolamento Consob, attesa la inidoneità di un regolamento interno emesso nell'erroneo convincimento di dover regolare i tempi del procedimento ai sensi della l. 241/1990 a modificare le disposizioni della citata l. 689/1981.


Sanzioni amministrative - Legge sopravvenuta più favorevole - Applicabilità - Esclusione.

Anche per le sanzioni qualificate come amministrative dal diritto interno, ma suscettibili nell'ottica convenzionale di essere individuate come sanzioni di carattere penale, non è possibile reputare automaticamente estese alle stesse quelle garanzie che l'ordinamento statuale riserva alle sole sanzioni penali così come qualificate dall'ordinamento interno, cosicché legittima è la differente applicazione delle regole in tema di ius superveniens favorevole in relazione agli illeciti amministrativi, anche laddove siano qualificabili come penali in base alle norme Cedu.


Sanzioni amministrative - Intermediazione finanziaria - Procedimento amministrativo - Diritto dell'incolpato all'ostensione dei documenti - Limiti.

L'irrilevanza, ai fini dell'incolpazione, della documentazione non allegata alla relazione ispettiva della Consob e non confluita nel fascicolo istruttorio dell'autorità di vigilanza giustifica la mancata esibizione della stessa al destinatario della sanzione, trattandosi di documenti estranei all'illecito amministrativo contestato.


Sanzioni amministrative - Offerta al pubblico di prodotti finanziari - Invito ad offrire rivolto ai potenziali investitori - Obbligo di pubblicazione del prospetto informativo - Sussistenza.

La fattispecie prevista dall'art. 94, comma 1, TUF si configura anche quando l'operazione non presenta i caratteri dell'offerta al pubblico definita dall'art. 1336 c.c., posto che la ratio dell'art. 1, comma 1, lettera t), TUF è di apprestare tutela al risparmiatore "non informato", cosicché qualsiasi operazione diretta a realizzare una forma diffusa di raccolta del risparmio rientra nella definizione di "comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell'offerta e dei prodotti finanziari offerti (..)", inclusi gli inviti ai potenziali investitori a presentare offerte per la sottoscrizione o l'acquisto di prodotti finanziari, comunicati allo sportello dagli addetti alla rete commerciale di una banca, in attuazione di un'iniziativa sollecitatoria proveniente dalla banca stessa.


Sanzioni amministrative - Intermediazione finanziaria - Amministratori non esecutivi - Circolare della Banca d'Italia n. 285/2013 - Regole di condotta.

In tema di regole di condotta degli amministratori di una banca, la circolare della Banca d'Italia n. 285/2013 espressamente prevede in via ordinaria - indipendentemente dalla presenza di segnali d'allarme - in capo agli amministratori non esecutivi il dovere di acquisire informazioni sulla gestione e sull'organizzazione aziendale, sia "avvalendosi dei comitati interni", sia in via diretta "dal management, dalla revisione interna e dalle altre funzioni aziendali di controllo" (cfr. Circ. 285/13, parte I, Titolo IV, capitolo 1, sezione IV, § 2.2), per cui gli amministratori deleganti non possono essere considerati destinatari passivi delle informazioni provenienti dalle strutture interne, poiché sugli stessi grava l'obbligo di svolgere un ruolo attivo nell'acquisizione di informazioni sulla gestione aziendale dai numerosi organi interni sopra indicati.


Corte d'appello di Venezia
sezione prima civile

riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati
dott. Paola Di Francesco presidente relatore
dott. Caterina Passarelli consigliere
dott. Rita Rigoni consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Oggetto: opposizione avverso la delibera Consob n. 19934 del 30.3.2017

Ragioni della decisione
1. Con la delibera n. 19934/2017, emessa dalla Consob all'esito del procedimento disciplinato dall'art 195 d.lgs. n. 58/98 (t.u.f.), sono state applicate ai sensi dell'art. 191 t.u.f. a M. B., Vice Presidente del CdA della Banca Popolare di Vicenza dal 27.5.1986 e componente del Comitato Soci, dallo stesso presieduto dal 27.4.2013 al marzo 2015, la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 120.000 e la sanzione accessoria della perdita per la durata di quattro mesi dei requisiti di idoneità previsti dal t.u.f. per gli esponenti aziendali dei soggetti abilitati e l'incapacità, per il medesimo periodo, ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società aventi titoli quotati nei mercati regolamentati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante e di società appartenenti al medesimo gruppo.
2. Nella motivazione del provvedimento amministrativo impugnato, reso all'esito delle verifiche ispettive condotte dalla Divisione Ispettorato della Consob presso la Banca Popolare di Vicenza dal 22.4.2015 al 24.2.2016, si premette che: "- nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2014 ed il 28 febbraio 2015 la Banca ha venduto sistematicamente ai clienti, in contropartita diretta, rilevanti quantitativi di azioni proprie detenute nel "Fondo acquisto Azioni Proprie" (in seguito anche "azioni BPVi");
4 - la suddetta attività è stata svolta in modo continuativo e sistematico, attraverso quella che è risultata essere una vera e propria campagna promozionale e sollecitatoria volta ad incentivare i clienti ad acquistare detti titoli azionari sul mercato secondario;
- l'attività di vendita è risultata rivolta ad una pluralità di persone non individuabili ex ante: in particolare, essa ha coinvolto non solo i clienti della Banca già soci/azionisti, ma anche i clienti che non facevano ancora parte della compagine azionaria;
- infine, la vendita nel mercato secondario delle azioni già emesse, presenti nel "Fondo Acquisto Azioni Proprie", è avvenuta a condizioni di prezzo uniformi;
- l'attività di vendita di titoli azionari svolta nei termini sopra descritti configura un'ipotesi di "offerta al pubblico di "prodotti finanziari" ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. t), TUF;
- lo svolgimento della suddetta attività di offerta è avvenuto senza la preventiva pubblicazione del prospetto informativo richiesta dall'art. 94 comma 1, del TUF;" (pagine 1 e 2 della delibera impugnata).
3. Con lettera del 1.4.2016 la Divisione Tutela del Consumatore-Ufficio Vigilanza su Fenomeni Abusivi aveva contestato al ricorrente e ad altri 27 esponenti aziendali dell'intermediario la violazione dell'art. 94, comma 1, t.u.f. e all'esito del procedimento sanzionatorio sono state applicate al ricorrente le sanzioni sopra indicate.
Alla Banca Popolare di Vicenza, in qualità di responsabile in solido ai sensi dell'art. 195, comma 9, t.u.f., è stata irrogata la sanzione di euro 3.000.000, con obbligo di regresso nei confronti dei soggetti ai quali la violazione è stata addebitata.
4. La Consob ha ritenuto che la Banca abbia pianificato e realizzato, nel periodo 1.1.2014- 28.2.2015, una campagna sollecitatoria volta ad offrire ai clienti, in contropartita diretta, i titoli azionari presenti nel Fondo Acquisto Azioni Proprie e che tale attività configuri la fattispecie di offerta al pubblico di prodotti finanziari ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. t), t.u.f., per la quale è risultata omessa la preventiva pubblicazione del prospetto informativo richiesta dall'art. 94 comma 1, t.u.f.
5. All'opposizione proposta da M. B. con ricorso depositato in data 21.6.2017 ha resistito la Consob e all'udienza del 20.3.2018, acquisita la replica scritta dell'opponente e i documenti ad essa allegati, il collegio si è riservato di decidere anche sull'istanza di differimento della discussione della causa, formulata dall'opponente in ragione del fatto che gli ex consiglieri S. e Z., anch'essi destinatari delle sanzioni applicate dalla 5 Consob con la delibera n. 19934/2017, hanno impugnato innanzi al TAR Lazio gli artt. 1, 4 comma 2, 5 commi 1 e 2, e 8, commi 1 e 7, del Regolamento sui procedimenti sanzionatori adottato dalla Consob con la delibera n. 18750/2013 e modificato con le delibere n. 18774/2014 e n. 19158/2015.
5.1. L'istanza di rinvio non può trovare accoglimento, innanzi tutto per l'insussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra questo procedimento e quello n. 4269/2017 pendente innanzi al TAR Lazio (cfr. Cass. civ. [ord.], sez. VI, 29-07-2014, n. 17235) Né vi sono ragioni per differire la decisione di questa causa sino alla pronuncia del giudice amministrativo, che comunque non statuirebbe in via definitiva sulla legittimità del regolamento impugnato, ben potendo la Consob appellare, a sua volta, l'eventuale declaratoria di illegittimità del regolamento n. 18750/2013.
Il difensore dell'opponente ha chiesto, altresì, un termine per replicare alle difese della resistente e depositare documenti, ma sul punto il collegio non può che rilevare come tale esigenza sia stata soddisfatta con l'acquisizione dello scritto difensivo dimesso all'udienza del 20.3.2018.
6. Le questioni preliminari.
6.1. Sulla nullità del provvedimento sanzionatorio per intervenuta decadenza dal potere punitivo per decorso del termine posto dall'art. 195, comma 1, t.u.f.
La tesi muove dal rilievo che già nella prima metà del 2015 la Consob disponeva del corredo probatorio sulla scorta del quale avrebbe potuto e dovuto contestare al ricorrente l'addebito a lui ascritto. Si sostiene, infatti, che dalla lettura dei verbali di acquisizione dei documenti consegnati dalla Banca Popolare di Vicenza nel corso dell'attività ispettiva (all. B, C, D, E, F, di cui si fa menzione alla pagina 1 della relazione ispettiva) emergerebbe che l'8.5.2015 l'autorità di vigilanza già disponeva del materiale utile per l'accertamento e che con l'ultima acquisizione del 17.9.2015 gli ispettori erano venuti in possesso degli elementi di prova sufficienti alla formulazione dell'addebito, mosso invece solo con la lettera di contestazione notificata nei primi giorni di aprile 2016, anziché nel termine di 180 giorni contemplato dall'art. 195, comma 1, t.u.f., vale a dire entro e non oltre il 26.1.2016 o, al più tardi, il 21.3.2016.
Ciò in quanto la violazione dell'obbligo della pubblicazione del prospetto relativo all'offerta al pubblico di azioni presenti nel Fondo Acquisto Azioni Proprie risultava de 6 plano dall'esame della corrispondenza di posta elettronica acquisita dagli ispettori in data 8.5.2015, dalla quale emergevano "indizi di una diffusione di messaggi percepibili da una molteplicità indeterminata di soggetti, mirati alla vendita di prodotti finanziari" (pagina 18 del ricorso), cioè la pianificazione della vendita di azioni BPVi e l'attuazione di tale strategia tramite una serie di iniziative rimesse alla scelta della rete commerciale e, in particolare, dei Capi Area. L'opponente sottolinea la irragionevolezza della condotta della Consob, sostanziatasi in un abuso procedimentale lesivo delle proprie prerogative difensive, giacché gli sarebbe stato precluso di attingere a tutta la documentazione a lui necessaria per controdedurre, alla quale avrebbe potuto utilmente accedere quando era ancora componente del C.d.A. della Banca. In particolare, un tempestivo avvio del procedimento avrebbe determinato la trasmissione della proposta sanzionatoria in un momento antecedente al dicembre 2016, cosicché, quale componente dell'organo amministrativo della Banca, egli avrebbe potuto agevolmente reperire la documentazione utile all'espletamento della propria attività difensiva.
La tesi non può trovare accoglimento.
Ricordato che per gli illeciti al cui accertamento procede la Consob non è neppure ipotizzabile una contestazione immediata, vale a dire all'atto della percezione del fatto suscettibile di sanzione (cfr. Cass., sez. un., 09-03-2007, n. 5395, in motivazione), e che il termine entro il quale l'autorità di vigilanza deve notificare la contestazione degli addebiti è quello di 180 giorni previsto dall'art. 195 t.u.f., è sufficiente rilevare che in una recente pronuncia (Cass. civ. Sez. II, 16-04-2018, n. 9261) la s.corte ha ribadito: - che, in tema di sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme che disciplinano l'attività di intermediazione finanziaria, il momento dell'accertamento da parte della Consob va individuato in quello in cui la constatazione si è tradotta, o si sarebbe potuta tradurre, in accertamento, dovendosi a tal fine tener conto, oltre che della complessità della materia, delle particolarità del caso concreto anche con riferimento al contenuto ed alle date delle operazioni;
- che in relazione al sindacato sulla tempistica degli atti di indagine il giudice deve limitarsi a rilevare se vi sia stata un'ingiustificata e protratta inerzia durante o dopo la raccolta dei dati, tenuto anche conto che ragioni di economia possono indurre a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti 7 raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unico provvedimento sanzionatorio;
- che la valutazione della superfluità degli atti di indagine va effettuata con un giudizio ex ante (e in tal senso il giudice deve rilevare l'evidente superfluità, per essere manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità delle violazioni, senza omettere di considerare anche la possibile connessione con altre violazioni ancora da accertare), essendo irrilevante che indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica si rivelino, ex post, inutili.
Nel caso in esame, alle acquisizioni di documenti effettuate dagli ispettori il 30.4.2014, l'8.5.2015, il 30.6.2015, il 24.7.2015 e il 17.9.2015 (allegati B,C,D,E,F alla relazione ispettiva) hanno fatto seguito quelle del 20.10.2015 (allegato G), 20.1.2016 (allegato H) e 24.2.2016 (allegato I) relative ai documenti dal n. 1501 al n. 2801.
L'argomentazione dell'opponente, che rimarca come la data del "ragionevole accertamento" debba essere individuata con riferimento alla singola contestazione, anziché "ad una pluralità di problematiche che interessano un medesimo intermediario" (pagina 24 del ricorso), non può essere condivisa.
Ed infatti, a differenza di quanto si sostiene nel ricorso, con riferimento alla violazione in esame, deve escludersi che l'attività di accertamento della Consob fosse conclusa il 17.9.2015, e tanto meno l'8.5.2015, laddove si consideri che attraverso le e-mail dei vertici aziendali e le dichiarazioni dei dipendenti della Banca l'autorità di vigilanza aveva acquisito il 17.9.2015 - come ammette lo stesso ricorrente - "indizi" della pianificazione della campagna c.d. Svuotafondo, di cui più avanti si dirà.
Le successive verifiche ispettive hanno avuto ad oggetto la rilevazione di dati inerenti alle modalità di attuazione di tale specifica iniziativa, collaterale ad altre aventi ad oggetto la sottoscrizione di azioni di nuova emissione nell'ambito delle operazioni di aumento di capitale, e posta in essere anche mediante finanziamenti correlati all'acquisto di azioni della Banca (cfr. paragrafo 2.1.3. dell'atto di accertamento).
Ne discende, quindi, che il materiale probatorio raccolto dall'autorità di vigilanza sino al 17.9.2015 non era sufficiente a fornire esaustiva evidenza della violazione di cui si controverte, senza che fossero acquisiti gli ulteriori dati di cui gli ispettori della Consob sono venuti solo successivamente in possesso. Ciò anche ai fini della connessione di tale 8 accertamento con le altre violazioni accertate all'esito dell'indagine ispettiva conclusasi con il deposito della relazione ispettiva in data 25.2.2016.
Ne viene che la contestazione contenuta nella lettera del 1.4.2016 risulta tempestiva.
Ma quand'anche si accedesse alla tesi secondo cui il termine di 180 giorni avesse preso decorrenza dal 17.9.2015, tra tale data e quella della spedizione della lettera di contestazione (1.4.2016) sarebbero trascorsi 197 giorni, sicché detraendo da questi i 180 giorni previsti per l'inoltro dell'atto di contestazione, dovrebbe concludersi che la Consob ha usufruito di uno spatium deliberandi di 17 giorni.
6.2. Sulla nullità del provvedimento sanzionatorio per decadenza del potere punitivo per superamento del termine ragionevole di conclusione del procedimento.
Il ricorrente assume che la delibera impugnata è stata adottata oltre il termine ragionevole di durata del procedimento, fissato dall'art. 4, comma 2, del regolamento Consob 18750/2013 in 200 giorni decorrenti dal trentesimo giorno successivo all'ultima notifica delle contestazioni, nel caso in esame perfezionatasi il 18.4.2016. Ne discenderebbe la violazione dell'art. 41 Carta dei diritti fondamentali UE, dell'art. 6, par. 1 CEDU e del principio di determinatezza ricavabile dalla l. 689/1981, in quanto la delibera impugnata, notificata all'opponente il 27.4.2017, sarebbe stata adottata all'esito di un procedimento avviato con un atto d'impulso notificato "solo nell'aprile del 2016". Dal confronto tra la data di avvio e quella di notifica del provvedimento conclusivo si ricaverebbe, pertanto, che l'autorità di vigilanza non ha rispettato il termine massimo di natura decadenziale contemplato dall'art. 4, comma 2, regolamento n. 18750/2013. Soggiunge il ricorrente che la stessa l. 689 del 1981 si fa carico della previsione di tempi determinati per l'esercizio della potestà sanzionatoria della p.a., laddove fa discendere dal decorso di un determinato periodo di tempo la perdita di efficacia dei suoi atti e, quindi, l'estinzione del potere sanzionatorio, come si desume dall'art. 19, comma 3, l. 689 del 1981, a mente del quale la misura conservativa del sequestro perde efficacia se l'ordinanza ingiunzione non viene emessa nei sei mesi successivi all'adozione dell'atto conservativo. Il che - in tesi - dovrebbe condurre l'interprete a concludere che il termine massimo di durata del procedimento amministrativo sanzionatorio sia implicitamente individuato dalla l.
689/1981 in sei mesi, con la conseguenza che lo spirare dello stesso implicherebbe la decadenza della pubblica amministrazione dal potere deliberativo. Né potrebbe trovare 9 applicazione, tenuto conto della specialità e autosufficienza della l. 689/1981, l'art. 21- octies l. 241/1990, introdotto dalla l. 11.2.2005 n. 15, con la conseguente impossibilità di "dequotare" i vizi formali del provvedimento sanzionatorio.
Anche questo motivo di opposizione in esame non è fondato.
E' dirimente, infatti, considerare che in tema di sanzioni amministrative il procedimento preordinato alla loro irrogazione sfugge all'ambito di applicazione della l. 241/1990, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, esso è compiutamente retto dai principi sanciti dalla l. 689/1981, sicché non assume alcuna rilevanza il termine di 200 giorni stabilito per la conclusione del procedimento dall'art. 4 regolamento Consob, attesa la inidoneità di un regolamento interno emesso nell'erroneo convincimento di dover regolare i tempi del procedimento ai sensi della l. 241/1990 a modificare le disposizioni della citata l.
689/1981 (cfr. Cass. 23-01-2018, n. 1621; Cass., 03-08-2016, n. 16257; Cass. civ., sez. II, 04-03-2015, n. 4363; Cass. civ., sez. II, 23-07-2009, n. 17344).
Quanto alla individuazione del termine in parola in quello di sei mesi contemplato dall'art. 19, comma 3, l. 689/1981 per la peculiare fattispecie del sequestro anteriore all'emissione dell'ordinanza ingiunzione, è dirimente considerare che l'impianto argomentativo dell'opponente sottende, nella individuazione di un termine finale, la piena equiparazione del procedimento amministrativo sanzionatorio a quello penale, ma sul punto il collegio ha già avuto occasione di affermare la propria convinta adesione all'orientamento della s. corte a mente del quale i principi convenzionali non possono indurre a ritenere che una sanzione qualificata come amministrativa dal diritto interno abbia sempre e a tutti gli effetti natura sostanzialmente penale (tra le numerose, Cass. civ., 23-01-2018, n. 1621 in motivazione; Cass., sez. II, 05-04-2017, n. 8855; Cass., sez. II, 13-01-2017, n. 770; Cass. civ., sez. I, 30-06-2016, n. 13433).
Valga infatti considerare che nella sentenza 14.3.2014 Grande Stevens c. Italia la stessa Corte Edu ha ritenuto, in tema di market abuse, che la conformità con l'art. 6 CEDU non viene meno nel caso in cui una sanzione di natura penale sia inflitta da un'autorità amministrativa, la cui decisione non soddisfi le condizioni di cui al paragrafo 1 della norma sopra indicata, laddove la stessa debba subire un controllo a posteriori da un organo indipendente e imparziale avente giurisdizione piena.
10 Sul punto i giudici di legittimità hanno ribadito che "In tema di sanzioni che, pur qualificate come amministrative, abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto processo, ex art. 6 Cedu, può essere realizzata, alternativamente, nella fase amministrativa - nel qual caso, una successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria - ovvero mediante l'assoggettamento del provvedimento sanzionatorio - adottato in assenza di tali garanzie - ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva ed attuato attraverso un procedimento conforme alle richiamate prescrizioni della convenzione, il quale non ha l'effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della fase amministrativa giacché la stessa, sebbene non connotata dalle garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle relative prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un provvedimento suscettibile di controllo giurisdizionale (fattispecie in tema di sanzioni applicate dalla Consob all'esito del procedimento amministrativo previsto dall'art. 187 septies d.leg. n. 58 del 1998).") (cfr. Cass. civ., sez. II, 13- 01-2017, n. 770).
6.3. Sulla illegittimità del provvedimento impugnato per violazione delle prescrizioni del diritto successivo più favorevole al soggetto passivo del procedimento.
L'opponente assume che con la recente sentenza n. 193/2016 la Corte costituzionale avrebbe superato il principio della irretroattività della misura più favorevole al soggetto passivo del procedimento amministrativo sanzionatorio, in quanto, pur escludendo che la retroattività della legge più favorevole costituisca un principio generale del sistema sanzionatorio amministrativo, ne avrebbe affermato l'operatività quando la specifica disciplina oggetto di applicazione da parte di un'autorità amministrativa possa essere qualificata penale, perché rispondente ai criteri fissati dalla c.d. sentenza Engel (Corte EDU, 1976, C-5101/71). L'applicazione retroattiva del trattamento più favorevole sarebbe imposta, quindi, sia dall'art. 7 CEDU, cui fa rinvio l'art. 117, comma 1, Cost., sia dall'operare dell'ulteriore rinvio dell'art. 52, par. 5, Carta dei diritti fondamentali UE ai fini dell'interpretazione dell'art. 49, par. 1.
Tale plesso normativo imporrebbe di ritenere che l'applicazione della sanzione irrogata dalla Consob è impedita dal regime introdotto dall'art. 5, d. lgs. n. 72/2015, che ha sostanzialmente escluso le persone fisiche dal novero dei soggetti destinatari delle sanzioni.
Ne discenderebbe - in tesi - la illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2, d. lgs.
72/2015, che limita espressamente la retroattività della legge più favorevole all'adozione 11 da parte dell'autorità di vigilanza della nuova disciplina regolamentare attuativa della parte V del d. lgs. 58/1998 (art. 196-bis t.u.f.).
Neppure tale argomentazione difensiva può trovare accoglimento.
L'attuale testo dell'art. 191 t.u.f., applicabile alle violazioni commesse dal 8.3.2016, prevede in relazione dell'art. 94, comma 1, t.u.f. una forbice edittale da euro 25.000 a euro 5 milioni, avendo il d.lgs. n. 72/2015 ridotto il minimo della sanzione stabilita per la fattispecie di indeterminabilità del controvalore dell'offerta al pubblico (euro 100.000) e nel contempo elevato il massimo edittale da euro 2 milioni a euro 5 milioni, ma in virtù del richiamo dell'art. 190-bis t.u.f. della violazione in esame è responsabile l'intermediario, mentre la responsabilità degli esponenti aziendali e del personale ricorre solo al verificarsi di determinati presupposti.
Deve peraltro escludersi, ad avviso del collegio, che tali modifiche alla parte V del d.lgs. n. 58/1998 trovino applicazione alle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione adottate dalla Consob e dalla Banca d'Italia, poiché così dispone l'art. 6 del citato d.lgs. n. 72, che non sembra presentare i profili di incostituzionalità denunziati dal ricorrente.
La Corte costituzionale, invero, pur prendendo atto che - secondo la giurisprudenza della Corte Edu - l'art. 7 CEDU non sancisce solo il divieto dell'applicazione retroattiva delle sanzioni più gravose, ma anche il principio della retroattività della sanzione meno gravosa (sentenza 24 gennaio 2012, Mihai Toma c. Romania; 27 aprile 2010, Morabito c. Italia, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia), ha rilevato che "non si rinviene nel quadro delle garanzie apprestato dalla Cedu, come interpretate dalla corte di Strasburgo, l'affermazione di un vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio della retroattività della legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative. Da ciò discende la non fondatezza della denunciata violazione degli obblighi internazionali, di cui all'art. 117, 1° comma, Cost." (Corte cost., sentenza, 20-07-2016, n. 193). E con la pronuncia n. 43/2017 si è precisato che anche per le sanzioni qualificate come amministrative dal diritto interno, ma suscettibili nell'ottica convenzionale di essere individuate come aventi carattere penale, non è possibile reputare automaticamente estese alle stesse quelle garanzie che l'ordinamento statuale riserva alle sole sanzioni penali così 12 come qualificate dall'ordinamento interno, di talché legittima è la differente applicazione delle regole in tema di ius superveniens favorevole in relazione agli illeciti amministrativi, anche laddove siano qualificabili come penali in base alle norme CEDU.
La Corte di cassazione, dal canto suo, ha nettamente distinto le sanzioni previste dall'art.
191 t.u.f. da altre, quali quelle inflitte dalla Consob per manipolazione del mercato ai sensi dell'art. 187-ter t.u.f., affermando la natura penale solo di queste ultime (Cass. civ., sez. I, 02-03-2016, n. 4114, in tema di responsabilità c.d. da prospetto, e da ultimo Cass. civile, sez. II, 10-04-2018, n. 8806).
Né può revocarsi in dubbio che il legislatore delegato abbia espressamente escluso la retroattività della legge più favorevole con riferimento ai procedimenti sanzionatori del tipo di quello in esame.
Ed infatti, nonostante la legge delega prevedesse la possibilità di valutare se estendere il favor rei ai casi di modifica della disciplina vigente al momento in cui è stata commessa la violazione, dalla relazione illustrativa risulta con chiarezza l'esclusione di tale opzione, innanzi tutto perché detto principio non è mai stato introdotto nella legge 24.11.1981 n. 689, «che rappresenta l'architrave delle sanzioni amministrative e che invece accoglie il principio di legalità solo nell'accezione del principio di irretroattività della legge».
6.4. Sulla violazione della disciplina successiva alla commissione dei fatti ma relativa all'attività decisionale della P.A. e sulla violazione dell'art. 194-bis t.u.f.
Con ulteriore motivo l'opponente lamenta che nella commisurazione della sanzione la Consob avrebbe applicato i criteri di cui all'art. 11 della legge n. 689/1981 e non quelli previsti dall'art. 194-bis t.u.f. Stando alla prospettazione contenuta nel ricorso, l'autorità di vigilanza si sarebbe limitata a una motivazione formale e sintetica, dalla quale traspare l'assenza del benché minimo sforzo di rigorosa personalizzazione della misura afflittiva.
Anche tale assunto non può trovare accoglimento, perché l'art. 194-bis non è applicabile al caso di specie, stante il disposto dell'art. 6, comma 2, del d.lgs. 72 del 2015, di cui si è detto in precedenza.
Ancora, la motivazione dell'atto d'accertamento circa il trattamento sanzionatorio riservato all'opponente depriva di fondamento la tesi secondo cui la Commissione non avrebbe "compiuto quello sforzo di rigorosa personalizzazione della misura afflittiva che è corollario della sola imputazione a ciascuno del disvalore della propria azione" (pagina 35 13 del ricorso), giacché la commisurazione della sanzione è stata effettata sulla scorta dei criteri oggettivi e soggettivi analiticamente indicati al paragrafo 5.1. dell'atto di accertamento.
6.5. Sulla violazione del contraddittorio per limitazione all'accesso alle prove raccolte da Consob in sede di preistruttoria.
Si deduce la invalidità del procedimento amministrativo "per la grave limitazione posta all'attività difensiva del ricorrente", in ordine alla compressione del diritto di accesso alle prove raccolte dall'autorità di vigilanza, con conseguente violazione dell'art. 6, par. 2, lett. b, CEDU e dell'art. 41, par. 2, lett. b, Carta diritti fondamentali UE, come interpretato alla luce della stessa CEDU stante il rinvio dell'art. 52, par 3, della stessa Carta diritti fondamentali UE. L'opponente lamenta, in particolare, che la Consob abbia omesso l'ostensione di tutti i 2.801 documenti acquisiti nel corso della ispezione, essendosi limitata a consegnare solo i circa 300 documenti poi esaminati dalla Divisione competente ai fini della formulazione dell'atto di contestazione degli addebiti.
Non è superfluo premettere che nell'istanza di accesso agli atti, formulata il 20.4.2016 ai sensi degli artt. 22 s. l. 241/1990, il ricorrente ha fatto espressa richiesta di prendere visione ed estrarre copia di "ogni documento relativo, strumentale o conseguente alle contestazioni di cui al procedimento in oggetto menzionato o comunque utilizzato da Consob per la redazione delle contestazioni notificate. In particolare, si chiede di aver accesso (..) agli atti ed ai documenti amministrativi raccolti dalla Divisione Tutela del consumatore nonché agli altri documenti confluiti nel fascicolo istruttorio successivamente all'avvio del procedimento medesimo" (doc. 3 fascicolo di parte opponente).
Obietta la Consob che la mancata ostensione dell'intera massa di documenti esaminati dall'autorità di vigilanza nel corso dell'ispezione è dovuta alla irrilevanza di quelli che non hanno formato oggetto di esame da parte della Divisione Tutela del Consumatore allorché sono stati formulati gli addebiti: nella documentazione posta a disposizione dell'USA non sono infatti confluiti tutti i documenti esaminati dall'autorità di vigilanza in sede ispettiva.
Ora, pacifica è la circostanza che i documenti di cui indistintamente si denuncia la mancata ostensione non costituiscono il corredo probatorio posto a fondamento degli 14 addebiti mossi dalla Consob, sicché neppure astrattamente la loro messa a disposizione pare funzionale a garantire all'opponente l'esercizio del diritto di difesa, posto che l'incolpazione si fonda su profili fattuali e giuridici indubbiamente portati a sua conoscenza. E', invero, proprio la irrilevanza (ai fini dell'incolpazione) della documentazione non allegata alla relazione ispettiva, in quanto estranea all'illecito amministrativo, a giustificarne la mancata esibizione, sol che si consideri come relativamente alla pertinenza della medesima, richiesta ai fini dell'esercizio del diritto di difesa, la Corte costituzionale abbia indicato nella sentenza n. 460 del 2000 un criterio di "rilevanza" legalmente tipizzato laddove, nell'escludere l'incondizionata valenza del segreto d'ufficio nei confronti dell'interessato destinatario di un provvedimento sanzionatorio, ha precisato che la sfera di applicazione dell'art. 4, comma 10, t.u.f., quale che ne sia l'effettiva estensione, certamente non comprende gli atti, le notizie e i dati in possesso della Consob «posti a fondamento di un procedimento disciplinare, sicché questi, nei confronti dell'interessato, non sono affatto segreti e sono invece pienamente accessibili: non soltanto nel giudizio di opposizione alla sanzione disciplinare, ma anche nello speciale procedimento di accesso regolato dall'art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241 (nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), strumento esperibile anche dall'incolpato nei procedimenti disciplinari, per orientare preventivamente l'azione amministrativa onde impedirne eventuali deviazioni» (cfr. Corte cost. n. 460 in motivazione).
I documenti di cui il ricorrente si riferisce furono oggetto di acquisizione da parte della Consob in diverse date, come è comprovato dai processi verbali allegati alla relazione ispettiva (pagina 1 della relazione; doc. 11 del ricorrente), nei quali è indicato l'oggetto specifico di ciascuno dei 2.801 atti o verbali acquisiti dalla Consob. In relazione a quelli diversi dai 364 allegati alla relazione ispettiva l'opponente non ha formulato ulteriori istanze di accesso, posto che l'istanza di accesso fu limitata a quelli "utilizzati da Consob per la redazione delle contestazioni notificate", né è stata rivolta alcuna richiesta alla Banca, che ha continuato a detenerli, come risulta con assoluta chiarezza dai processi verbali di acquisizione.
15 6.6. Sulla violazione del principio di imparzialità e separazione della funzione istruttoria e decisoria posto dall'art. 24 l. 262/2005 e violazione dell'art. 6 CEDU anche come recepito dall'art. 41 par. 1, Carta dei diritti fondamentali UE.
Si deduce che la "complessiva disciplina organizzativa e procedurale di Consob svela come la stessa recepisca solo formalmente i principi superiori europei e convenzionali, non garantendo al candidato responsabile l'assunzione della decisione da parte di un soggetto veramente indipendente ed imparziale" (pagine 60-61 del ricorso).
Rimarcata la natura non sostanzialmente penale delle sanzioni previste dall'art. 191 t.u.f., è sufficiente osservare che nella sentenza 4.3.2014 Grande Stevens c. Italia la Corte Edu ha ritenuto che il procedimento sanzionatorio delineato dall'art. 187-septies t.u.f. nel suo complesso, ossia tenuto conto della fase giurisdizionale che può seguire al procedimento amministrativo sanzionatorio, sia pienamente rispettoso dei principi di cui all'art. 6 CEDU.
Quanto al principio di distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il procedimento sanzionatorio previsto dall'art. 195 t.u.f.
presenti profili di contrasto con l'articolo 6, par. 1, CEDU, "in considerazione del principio di continuità tra la fase amministrativa e quella giurisdizionale e della possibilità di recuperare in sede processuale il pieno rispetto dei principi del contraddittorio, dell'imparzialità e della parità di parti (Cons. Stato, Sezione Sesta, 26 marzo 2015, n. 1595). L'articolo 6, par. 1, non richiede, infatti, una trasformazione in senso paragiurisdizionale del procedimento amministrativo sanzionatorio (e la necessaria applicazione, già in esso, delle garanzie del giusto processo, prima fra tutte quella del contraddittorio orizzontale tra due parti poste in posizione di parità rispetto all'autorità decidente). Nel caso in cui il procedimento amministrativo non offra garanzie equiparabili a quelle del processo giurisdizionale, la Convenzione postula che l'interessato che subisce la sanzione abbia la concreta possibilità di sottoporre la questione relativa alla fondatezza dell' "accusa penale" contro di lui mossa ad un organo indipendente e imparziale dotato di piena giurisdizione (cfr. sentenza della 2 Sezione della Corte europea dei diritti dell'uomo 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia, divenuta definitiva il 7 luglio 2014). Il che - per quanto qui ancora rileva - avviene nella disciplina del procedimento amministrativo sanzionatorio dettata dal nostro sistema nazionale, dove è assicurato il ricorso in opposizione di piena giurisdizione, con il potere del giudice di sindacare, in fatto e in diritto, la fondatezza, l'esattezza e la correttezza della "decisione" amministrativa e della sanzione inflitta." 16 (Cass., sez. II, 14-12-2015, n. 25141, in motivazione, richiamata da Cass., sez. II, 07-04- 2017, n. 9126).
5.7. Sulla carenza del rito previsto dall'art. 195, comma 4, t.u.f. a garantire un ricorso pieno ed effettivo ai sensi del'art. 47, par. 1, Carta europea dei diritti fondamentali e dell'art. 6 CEDU.
L'opponente sostiene che il rito camerale non consenta, per la sua stessa struttura, l'introduzione di domande risarcitorie nei confronti dell'autorità di vigilanza e delle persone fisiche che hanno condotto il procedimento amministrativo e con colpa grave assunto deliberazioni lesive del soggetto incolpato.
La tesi non merita condivisione, in quanto il rito introdotto dal d.lgs. n. 72/2015 prevede l'udienza pubblica e nulla impedisce all'incolpato di proporre in un separato giudizio un'azione risarcitoria nei confronti dell'autorità amministrativa.
7. Premessa.
Non è inutile ricordare che la disciplina comunitaria in materia di vigilanza bancaria e finanziaria emanata in esecuzione della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) ha imposto precisi vincoli all'operatività degli enti creditizi in materia di azioni proprie.
Il regolamento UE n. 575/2013 (CRR) ha infatti previsto un rafforzamento della dotazione patrimoniale delle banche a parità di attivi di bilancio.
L'art. 53-ter d.lgs. 385/1993, inserito dall'art. 1, comma 20, d.lgs. n. 72/2015, n. 72 disponeva che?«la Banca d'Italia adotta le misure sulle riserve di capitale previste dal capo IV del titolo VII della direttiva 2013/36/UE nonché quelle di natura macro-prudenziale previste dal regolamento (UE) n. 575/2013, quale autorità designata ai sensi di tali normative comunitarie?», ma anche il nuovo testo della norma individua nella Banca d'Italia l'autorità nazionale cui compete l'adozione di misure macro-prudenziali e la correlativa attività ispettiva.
Per impedire disparità e garantire a tutte le imprese bancarie un quadro di riferimento per quanto possibile unitario, la BCE ha proceduto nei confronti delle banche significative ad un attento riesame dei requisiti patrimoniali, sì da evitare squilibri nell'applicazione degli obblighi di ricapitalizzazione.
In quest'ottica, l'art. 77 del Regolamento UE n. 575/2013 (CRR) dispone che un ente creditizio possa procedere all'acquisto di azioni proprie solo previa autorizzazione da parte dell'autorità competente e l'art. 32, comma 2, del Regolamento integrativo UE n. 17 241/2014, rubricato "Domande di riacquisto, anche parziale, e rimborso da parte di società mutue, società cooperative, enti di risparmio o enti analoghi ai fini dell'articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013", ha stabilito che l'utilizzo del Fondo Azioni Proprie (per riacquisto di azioni e rimborso) possa essere autorizzato per importo fino al limite quantitativo del 2% del capitale primario di classe 1 (Cet 1, che nella normativa prudenziale di derivazione comunitaria, corrisponde, in sostanza, al patrimonio netto), fermo l'obbligo di ridurre il patrimonio netto di un importo pari a quello delle azioni acquistate.
E ancora, secondo tale normativa di matrice prudenziale il rapporto tra il capitale a disposizione della banca e le sue "attività ponderate per il rischio" doveva essere pari al 10,50% (c.d. Cet-Common Equity Tier -1 ratio, poi elevato all'11% dalla BCE a seguito del comprehensive asssessment di Banca d'Italia del 26.10.2014).
La ratio di tali disposizioni ben si coglie nella necessità del rispetto dei vincoli prudenziali, volti a garantire in tal modo l'effettività del patrimonio di vigilanza, che potrebbe essere messo a rischio dall'acquisto di azioni proprie.
Ciò in coerenza con la disciplina civilistica di cui agli artt. 2357 c.c. ("La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.") e 2357-ter c.c., che prevedeva la costituzione e il mantenimento di una riserva indisponibile sino al trasferimento o all'annullamento delle azioni proprie, pari all'importo delle azioni proprie iscritto all'attivo del bilancio, e (per effetto dell'art. 6.1, d.lg. n. 139/2015) a far data dal 1.1.2016 "una riduzione del patrimonio netto di uguale importo, tramite l'iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo".
Il Regolamento UE n. 575/2013 è entrato in vigore l'1.1.2014, mentre il Regolamento Delegato UE 241/2014, approvato in data 7.1.2014 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 14.3.2014, è vigente dal 3.4.2014.
La Banca Popolare di Vicenza era compresa nel gruppo di banche italiane di grandi dimensioni, sottoposte a far data dal 2014 alla vigilanza della BCE.
8. La violazione contestata.
18 Come accennato, il procedimento sanzionatorio conclusosi con l'adozione della delibera impugnata ha tratto origine dall'attività di vigilanza ispettiva condotta dalla Consob presso la Banca Popolare di Vicenza nel periodo 22.4.2015-24.2.2016.
Stando alla prospettazione della resistente, dalle verifiche ispettive, i cui esiti sono compendiati nella relazione della Divisione Ispettorato del 26.2.2016, nel novero delle iniziative poste in essere dalla Banca Popolare di Vicenza per favorire il sostegno alla domanda del proprio titolo azionario anche in vista del comprehensive assessment condotto dalla BCE - che essendo diretto a valutare la quantità e la qualità del patrimonio di vigilanza ha condotto la Banca medesima a ricercare forme di rafforzamento dei requisiti patrimoniali e a creare l'apparenza di una maggiore solidità patrimoniale - rilevanza centrale avrebbero assunto sia le operazioni straordinarie realizzate sul mercato primario dalla Banca (Aumento di Capitale e Mini Aumento di Capitale del 2013 e 2014 ed emissioni obbligazionarie), sia le operazioni di vendita di azioni proprie realizzate sul mercato secondario, in contropartita diretta, tramite il Fondo Acquisto Azioni Proprie.
L'iniziativa della Banca finalizzata alla vendita di azioni proprie sarebbe stata posta in essere nel periodo dal 1.1.2014 al 28.2.2015 in modo continuativo e sistematico, attraverso una sollecitazione rivolta a un'ampia platea di clienti, non individuabili ex ante, e diretta a proporre e incentivare l'acquisto da parte di soci/azionisti, ma anche di non soci, delle azioni BPVi sul mercato secondario, con condizioni di prezzo uniformi e facendo figurare le operazioni come distinte negoziazioni in conto proprio effettuate dalla Banca in esecuzione di ordini impartiti dai clienti su loro iniziativa.
Tale attività promozionale e sollecitatoria è stata ritenuta dall'autorità di vigilanza idonea a configurare la fattispecie di «offerta al pubblico di prodotti finanziari», secondo la definizione posta dall'art. 1, comma 1, lettera t), t.u.f ("ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell'offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati"), della quale fu omessa la pubblicazione del prospetto informativo richiesta dall'art. 94, comma 1, t.u.f., documento che - secondo la Consob - avrebbe dovuto rendere "edotti i destinatari delle "comunicazioni" promozionali dell'esistenza di un'offerta di vendita sistematica di azioni proprie da parte della Banca volta ad evitare il superamento del vincolo della normativa 19 prudenziale relativo alla consistenza del "Fondo Acquisto Azioni Proprie", in modo tale da soddisfare le richieste di vendita di azioni da parte dei clienti" (pagina 11 dell'atto di accertamento).
Sulla premessa che nel periodo dall'1.1.2014 al 28.2.2015 la Banca pianificò e realizzò tale iniziativa, la Consob ha contestato all'opponente, nella sua qualità di componente del CdA della Banca, di aver - in concomitanza con un impegno del "Fondo Acquisto Azioni Proprie" finalizzato al soddisfacimento di richieste di riacquisto da parte della Banca delle azioni detenute dai clienti/soci - condiviso e avallato l'offerta di vendita delle azioni del predetto "Fondo", con le modalità "promozionali" e "sollecitatorie" illustrate nell'atto di accertamento, anche attraverso il rilascio, di volta in volta, dell'autorizzazione delle sistematiche operazioni di vendita delle azioni in contropartita diretta con i clienti, risultante dai verbali delle riunioni del consiglio stesso. Tali decisioni del CdA rivelerebbero la piena consapevolezza in capo all'organo gestorio delle modalità operative adottate dalle strutture della Banca e dei volumi dell'operatività in discorso e, di fatto, avrebbero permesso la concreta realizzazione di tale iniziativa (pagine 11 e 12 dell'atto di accertamento).
In sede ispettiva è, infatti, emerso che nel periodo in questione furono eseguite 6.351 operazioni di vendita di azioni BPVi in contropartita diretta, per un controvalore complessivo pari a euro 295.731.875, e che lo scopo dell'attività promozionale sarebbe stato la significativa riduzione del quantitativo di azioni presenti nel c.d. "Fondo Acquisto Azioni Proprie", alimentato dai consistenti disinvestimenti posti in essere dalla clientela, al fine di rispettare i vincoli imposti dalla normativa in precedenza indicata.
9. L'elemento oggettivo.
Quanto al profilo oggettivo dell'illecito amministrativo contestato, due sono le questioni da affrontare, che attengono: - alla sussistenza delle condotte contestate dalla Consob, poste a fondamento del provvedimento sanzionatorio;
- alla loro configurabilità come "offerta al pubblico" ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 1, comma 1, lett. t) e all'art. 94, comma 1 t.u.f.
9.1. In ordine alla prima, v'è evidenza probatoria del fatto che a partire dalla fine del 2013, nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015, la Banca pose in essere quella che la Consob, 20 mutuando l'espressione utilizzata da alcuni esponenti aziendali dell'intermediario, ha definito "campagna svuotafondo". In tale contesto, le operazioni sulle azioni BPVi avvennero sul mercato secondario, ma solo formalmente "ad iniziativa cliente", essendo emerso che, di fatto, esse furono per lo più eseguite su pressione della rete commerciale, per collocare presso la clientela - mediante vendite in contropartita diretta - le azioni del Fondo Acquisto Azioni Proprie, con il dichiarato obiettivo di compensare mediante le vendite la forte domanda di riacquisto da parte della Banca, proveniente dai soci.
Ciò in vista del rispetto degli obblighi imposti dalla normativa di derivazione comunitaria.
Ritiene questa Corte che la Consob abbia offerto la prova che tale campagna sollecitatoria fu avviata sin dalla fine del 2013, nell'imminenza dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni di matrice prudenziale.
9.1.1. Un primo riscontro è rinvenibile nelle numerose e-mail acquisite nel corso degli accertamenti ispettivi, dalle quali si evince che alle Direzioni Regionali erano stati posti precisi obiettivi da raggiungere riguardo alle vendite di azioni BPVi sul mercato secondario.
Ed infatti, nel messaggio di posta elettronica inviato il 31.12.2013 da Claudio Giacon, responsabile direzione regionale Veneto occidentale, e indirizzato ai capi area è indicato l'obiettivo quantitativo da raggiungere nelle vendite dei titoli azionari: "Entro gennaio ogni Direzione Regionale deve inoltrare acquisti [da parte di clienti, n.d.r.] per un ctv. di euro 10 mln (3/M Vicenza Città e Vicenza Nord - 2/M Vicenza Sud Ovest e PD).
Indifferente B.T. [cd. "big ticket"/"grossi tagli", n.d.r.] e/o piccole partite. Allineate da subito le Filiali e gestori sulla necessità di partire immediatamente ad "aggredire" il mercato e programmare le attività prioritarie richieste" (all. 1330, pagina 41).
Di un mese dopo (30.1.2014) è la e-mail di Dario Zorzato, collaboratore di Giacon, ai capi area Veneto occidentale, con la quale si comunica "il nuovo obiettivo per il 28 febbraio, comprensivo di quanto già attribuito a gennaio: - Vicenza : 5.200.000 (ex 3 mln) - Padova : 3.500.000 (ex 2 mln) - VI Sud : 3.500.000 (ex 2 mln) - VI Nord : 5.700.000 (ex 3 mln) 21 Come per il precedente obiettivo, gli importi comprendono tutti i "tagli" (piccoli e grandi). Per quanto riguarda la comunicazione dei risultati teniamo per il momento quella settimanale (tabulato del lunedì), salvo comunicazione diretta via mail per i grandi tagli non appena conclusa l'operazione (domande firmate)" (all. 1330, pagina 44).
Il 15.5.2014 Giacon scrisse ai propri capi area che l'obiettivo delle vendite di azioni BPVi raggiunto nel mese di settembre si sarebbe dovuto conseguire anche nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, sulla scorta di liste che indicavano i nomi dei clienti da contattare, già redatte o che sarebbero state inviate "a stretto giro" (cfr. all. 1330).
E sempre con messaggio di posta elettronica inviato il 15.5.2014 da Giacon ai Capi Area (in concomitanza con l'avvio del periodo di adesione all'Aucap e al MiniAucap), questi ultimi furono espressamente invitati a "indirizzare" parte delle successive sottoscrizioni non verso l'aumento di capitale, bensì per l'attuazione dell'obiettivo "svuota fondo", "al fine di poter soddisfare le poche ed inderogabili richieste di vendita che ognuno di Voi mi ha riferito". Giacon aggiunse in quella missiva di comprendere "la delicatezza e la forzatura" della propria richiesta in una fase di "piena campagna" per gli aumenti di capitale, ma di aver voluto anticipare la problematica, in quanto "nella riunione del Resp. Corporate questo argomento verrà trattato e nello specifico verrà indicato come indirizzo specifico alla richiesta di fare leva sulla quota 10% fidi vecchi e nuovi" (all. 1328, pagina 31).
Ancora, il 7.11.2014 Giacon scrisse ai propri capi area: "Come noto sulla campagna s.f. ad ogni Direzione Regionale è stato assegnato impegno di euro 50/m entro fine anno. La ripartizione scritta dell'importo per Area, contrariamente alle precedenti campagne, da me non è stata fatta nella consapevolezza che, essendo chiara e dichiarata la priorità, si lavorasse tutti in un clima di solidarietà fra Aree. Al fine di evitare 'imbarazzi' per tutti specifico che ad ogni Area corrisponde l'importo di € 12,5/m"(all. 105).
Sulla "campagna svuotafondo" G. Amato, Direttore Commerciale della Banca, ha dichiarato il 30.9.2015 al responsabile della Funzione di Compliance che tale iniziativa era attuata nell'ultima parte dell'anno, con l'obiettivo di liberare risorse per evadere richieste di vendita delle azioni BPVi, ma "anche in corso d'anno o addirittura durante l'aumento di capitale, con l'obiettivo di liberare risorse per evadere le richieste di vendita, veniva 22 prescritto di "indirizzare" alcune sottoscrizioni di azioni non come adesione all'aumento di capitale ma come negoziazione in contro proprio" (all. 1584).
Preciso riscontro dei risultati raggiunti nella "campagna svuotafondo" si legge nella e-mail inviata il 30.9.2014 dal Direttore Sviluppo, S. Romano, a Emanuele Giustini, vice direttore generale e responsabile della Divisione Mercati (all. 101): l'oggetto del messaggio di posta elettronica è "svuota" e ad esso è allegato un file recante una tabella in cui sono indicati gli obiettivi dello "svuotafondo", a quella data complessivamente pari a 200 euro/mln, suddivisi per Direzione Regionale, nonché i risultati raggiunti da ciascuna Direzione Regionale, distinti tra dati certi (euro 40 mln) e attesi (euro 33 mln).
9.1.2. Le modalità operative di tale campagna sollecitatoria furono affiancate da una serie di iniziative, tutte volte a renderla maggiormente incisiva e ad incentivare i clienti all'acquisto di azioni emesse dalla Banca.
(i). Si è trattato, innanzi tutto, dell'utilizzo di liste di clienti da contattare, selezionati dall'intermediario per la riuscita della "campagna svuotafondo" 2014, come si evince dalla e-mail del 13.10.2014 inviata da Giustini ai direttori regionali, nella quale si fa esplicito riferimento alle liste di clienti (all. 41).
In proposito, G. Amato ha riferito che alla fine del mese di gennaio 2014 l'iniziativa "svuotafondo" aveva fatto registrare una forte implementazione delle vendite di azioni BPVi e che Turco, "all'epoca incaricato di fare da trait d'union tra il dott. Giustini e la rete per le iniziative inerenti al capitale", il 28 e 29 gennaio aveva inviato in via riservata ai direttori regionali e ai capi area gli stralci di rispettiva competenza delle liste clienti. Il motivo per cui tali liste erano state diffuse - spiega Amato - risiedeva nel fatto che in quel periodo era giunto dal Direttore Generale e dal Responsabile della Divisione Mercati "l'input per cui tutti gli affidati dovevano acquisire la qualità di soci" e che per l'operatività della "campagna svuotafondo" dovevano essere utilizzate sia le liste relative all'iniziativa "sviluppo impieghi", sia la lista dei clienti con possesso di un pacchetto di azioni BPVi inferiore al 10% dell'accordato totale. Amato ha inoltre riferito che tale iniziativa ebbe nuovamente impulso a settembre 2014 e che in quel periodo Turco inviò ai direttori regionali e ai capi area un file excel recante liste dei clienti affidati per oltre un milione di euro, con evidenza della percentuale del controvalore delle azioni BPVi in portafoglio rispetto al credito aperto, nelle quali era prevista un'apposita colonna che il destinatario 23 della lista avrebbe dovuto riempire indicando "l'azione volta nei confronti del cliente" (all. 1584).
(ii). Un'ulteriore iniziativa fu la formulazione da parte della rete commerciale, alla scadenza dei time deposit (depositi bancari a vista), di proposte d'investimento indirizzate all'acquisto di sole azioni BPVi sia in sede di aumento di capitale, sia sul mercato secondario, secondo quanto risulta dalle dichiarazioni di Amato e di Cudiz, Direttore Regionale Friuli Venezia Giulia (all. 1309).
(iii). La sottoscrizione di azioni BPVi fu posta come vera e propria condizione per l'erogazione di credito, in quanto il finanziamento ottenuto doveva essere in parte utilizzato dal cliente (per il controvalore corrispondente al 10% dell'importo del fido) per l'acquisto di azioni della Banca. Ciò emerge con assoluta chiarezza dalla e-mail 5.2.2014 di Giacon ai capi area, perché la direttiva non lascia adito a dubbi: "Come ampiamente e ripetutamente condiviso a tutti i livelli, è tassativo "pretendere" che tutti i nostri Clienti affidati debbano essere nostri SOCI. Il momento della revisione dovrà "obbligare" tutti gli Organi Deliberanti (Direttore di Filiale o Deliberante in Area) a verificarne il rispetto e/o porvi rimedio (..) Per gli affidamenti importanti e/o nuove operazioni a m.t. la reciprocità deve invece essere tassativamente proporzionale. Su questo argomento anche questa mattina ho avuto un deciso confronto con D.G E VDG…" (all. 1590).
L'indicata reciprocità andava intesa nel senso che gli acquisti di azioni BPVi dovevano essere proporzionali alle nuove esigenze di finanziamento e/o agli affidamenti in essere della clientela, pena il blocco di fatto dell'operatività ai clienti, come risulta dalla successiva e-mail dell'11.2.2014 inviata da Giustini ad Amato, Balboni, Mossetti, Romano, Santilli, Turco, Vanetti e Vignoli ("Bisogna riuscire a bloccare le revisioni e i nuovi affidamenti a non soci. Romano (Direzione Sviluppo), come da indicazioni dg chiama a manetta. Turco tienimi sotto controllo i numeri":cfr. e-mail n. 73).
Ad essa fece seguito la trasmissione da parte di Turco, in data 28.1.2014, a ciascun Direttore Regionale di una lista denominata "Affidati Possesso Azioni" (all. 1653-1660 alla relazione ispettiva), finalizzata a supportare la rete in questa iniziativa. E vi fu un successivo puntuale controllo della presenza di azioni BPVi nei portafogli di tutti i beneficiari di delibere di concessione o rinnovo di fidi (e-mail n. 36).
(iv). Altra iniziativa diretta al conseguimento degli obiettivi della "campagna svuotafondo" fu l'ampliamento della base sociale della Banca mediante l'acquisizione di "nuovi soci" 24 tramite il ricorso al "Fondo Acquisto Azioni Proprie", come confermato da Amato: "un'altra indicazione era di fare in modo che taluni clienti diventassero soci prima dell'aumento di capitale, cosicché l'adesione all'aumento di capitale da parte di costoro avesse potuto realizzarsi in regime di "iniziativa cliente" (all. 1584).
9.1.3. Il raggiungimento degli obiettivi era sottoposto a continui controlli e monitoraggi da parte del direttore generale, Samuele Sorato (amministratore delegato dal 13.2.2015 al 12.5.2015). In tal senso depongono i messaggi di posta elettronica da questo inviati a Giustini il 4.2.2014 (e-mail n. 103) e quello del giorno successivo, inviato al responsabile della Direzione Sviluppo, nel quale, facendo seguito alle informazioni fornite da quest'ultimo circa il numero di "nuovi soci" acquisiti a partire dal 1.1.2014, Sorato afferma che "Bisognerebbe migliorare" (e-mail n. 102).
Le forti pressioni sulla rete esercitate dalle strutture sovraordinate per il raggiungimento degli obiettivi della "campagna svuotafondo", intensificatesi al termine delle operazioni di aumento di capitale alla fine dell'esercizio 2014, trovano indubbio riscontro nella citata e- mail di Giacon del 7.11.2014 e nel messaggio di posta elettronica inviato il 2.12.2014 da Giustini ai Capi Area, e per conoscenza ai Direttori Regionali ("Non riusciamo a venir fuori dall'iniziativa svuota. Queste cose si fanno costruendo solide relazioni nel tempo.
Alcuni di voi hanno fatto registrare un risultato misero, cioè non sono riusciti a costruire queste relazioni. Questo è anche il ruolo del capo area. Alcuni di voi stanno dimostrando che non sanno interpretare questo ruolo e ne terremo conto"; e-mail n. 106).
Di ciò hanno, del resto, diffusamente riferito Marco Nichele, capo area Vicenza nord e in precedenza capo area Verona sino a fine 2012, ("l'operatività in questione si è accentuata nel 2013 e nel 2014 con continue e costanti pressioni da parte della Direzione Generale e Regionale con richiesta di fornire alla Direzione Regionale lista dei potenziali sottoscrittori "svuota fondo"; segnalazione giornaliera dello stato delle trattative con obbligo tassativo di raggiungere gli obiettivi dichiarati") e Gianmaria Casarotti, capo area Treviso, che ha narrato di una riunione organizzata dalla Divisione Mercati con i Direttori di Segmento, Direttori Regionali e Capi Area presso la Sala Consiglio nel mese di ottobre o novembre 2014, nel corso della quale la Divisione Mercati comunicò nuovi obiettivi fissati sul capitale (Miniaucap euro 100/mln e "svuota fondo" euro 50/mln), in relazioni ai quali Nichele, intervenuto per rappresentare che "con la chiusura del precedente miniaucap 25 riteneva che le iniziative fossero state completate", fu minacciato di licenziamento da Giustini (all. 1309).
Anche Diego Ipprio, responsabile area nord ovest e in precedenza direttore regionale Verona Trentino ed Emilia Romagna, ha dichiarato alla Funzione Internal Audit che dopo la chiusura dell'Aucap 2014, a partire da settembre 2014 e fino ai primi mesi del 2015, ebbe inizio un'azione di pressing sempre più incisiva da parte della Divisione Mercati, perché fossero perfezionate le operazioni "svuota fondo" (all. 1309).
L'importanza del successo della "campagna svuotafondo", per il mantenimento dei ratios patrimoniali imposti dalla BCE, univocamente emerge dalle dichiarazioni rese da Amato alla Funzione di Compliance (all. 1584), alla quale fu riferito della "pressione fortissima" esercitata in merito dal responsabile Divisione Mercati, e da quanto ha dichiarato Balboni al responsabile della Funzione Internal Audit, nel ricordare come nel corso degli ultimi due anni uno degli argomenti maggiormente trattati nelle periodiche riunioni di Area fosse quello legato alle iniziative "svuotafondo", la cui intensità era andata progressivamente crescendo in relazione al margine di scostamento dei risultati dagli obiettivi (all. 1309).
F. Bosso, responsabile Area Vicenza, ha riferito alla Funzione Internal Audit che "a seguito delle continue pressioni della Direzione Generale e Regionale per individuare altri clienti sui quali veicolare le iniziative "Svuota fondo" e collocamento "Aucap", nel tempo sono state poste in essere altre operazioni che non prevedevano nessuna forma di "compenso" per il cliente ma si inserivano nell'ambito di iniziative creditizie nelle quali veniva proposto un incremento dell'accordato da utilizzare appunto per sottoscrizione azioni/Aucap (..) L'azione di pressing è stata molto incisiva con minacce anche di provvedimenti particolarmente rigorosi sia negli incontri con la Direzione Generale e la Divisione Mercati ma anche negli incontri di Direzione Regionale che teneva Giacon cui partecipavano i diversi Capi Area". (all. 1309).
Tale quadro probatorio non può che condurre a ritenere provata l'iniziativa della Banca volta a sollecitare la clientela all'acquisto di azioni BPVi sul mercato secondario, in contropartita diretta, nel periodo 1.1.2014-28.2.2015.
9.2. In ordine alla configurabilità di tale iniziativa della Banca come offerta al pubblico di prodotti finanziari ai sensi dell'art. 1, comma 1, lettera t), t.u.f., va in linea generale osservato che la definizione normativa individua la nozione di offerta senza tenere in 26 alcun conto lo strumento e la forma utilizzati, ponendosi pertanto in linea di continuità con la precedente nozione di "sollecitazione all'investimento".
Ne discende che la fattispecie trova applicazione anche quando l'operazione non presenta i caratteri dell'offerta al pubblico definita dall'art. 1336 c.c., posto che la ratio dell'art. 1, comma 1, lettera t), t.u.f. è di apprestare tutela al risparmiatore "non informato", cosicché qualsiasi operazione diretta a realizzare una forma diffusa di raccolta del risparmio rientra nella definizione di "comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell'offerta e dei prodotti finanziari offerti (..)", inclusi gli inviti ai potenziali investitori a presentare offerte per la sottoscrizione o l'acquisto di prodotti finanziari.
Ciò che caratterizza l'offerta al pubblico è, quindi, la sua configurazione come operazione in cui l'iniziativa proviene dall'emittente, donde l'esigenza di tutelare gli investitori mediante la pubblicazione del prospetto informativo, tenuto conto della particolare natura dei beni offerti al pubblico.
Il che distingue la fattispecie in esame da quella relativa ai "servizi di investimento" (art. 1, comma 5, t.u.f.), i quali presuppongono un ordine della clientela, che assume un ruolo propositivo e di impulso anche qualora al ridetto servizio sia affiancato quello di consulenza. Tanto è a dirsi anche per la "negoziazione per conto proprio" prevista dall'art. 1, comma 5-bis, del t.u.f., che la definisce "attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta" e presuppone sempre un ordine del cliente, o un ordine da eseguirsi per conto del cliente, o un ordine del cliente da ricevere e trasmettere, fondandosi, dunque, su un rapporto individualizzato che mira all'effettuazione della migliore scelta di investimento per quel determinato cliente.
Chiarito che la comunicazione ben può essere effettuata senza necessità di utilizzare mezzi di comunicazione di massa, ai fini della configurabilità dell'offerta al pubblico la lettera t) dell'art. 1, comma 1, t.u.f. richiede che la stessa sia rivolta "a persone", purché si tratti di "una serie di soggetti individuati in funzione della loro appartenenza ad una categoria molto ampia, caratteristiche tutte che lasciano sottintendere il carattere pubblico ed in incertam person


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