Favor rei: non parte in automatico il ricalcolo al ribasso della pena
Pubblicato il 20/07/18 00:00 [Doc.4974]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Nell'accertamento basato sul redditometro occorre dimostrare che i maggiori importi sono stati utilizzati per le spese contestate e non solo che sono esenti o con ritenuta alla fonte

In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal Dlgs 158/2015, non operando in maniera generalizzata in favor rei, impongono al contribuente di effettuare in giudizio specifiche allegazioni riferite al caso concreto, idonee a dimostrare l'applicabilità di una sanzione inferiore rispetto a quella irrogata.
Ad affermarlo, la Corte suprema con ordinanza n. 16625 del 25 giugno 2018.

Fatto
Il contenzioso origina dall'impugnazione di un avviso di accertamento, a fini Irpef, per il periodo d'imposta 2008, basato sul "redditometro" (articolo 38, comma 4, Dpr 600/1973), con contestuale irrogazione di sanzioni.
Investiti della questione, i giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, non hanno condiviso le argomentazioni del contribuente, confermando la legittimità della pretesa impositiva. Nello specifico, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha dichiarato fondato l'avviso sul rilievo che il contribuente fosse onerato della prova contraria, d'assolvere mediante la produzione di "documentazione attestante il percepimento di risorse patrimoniali e finanziarie non soggette a dichiarazione ma anche il loro utilizzo nell'anno d'imposta soggetto a verifica".
Il giudizio approda in Cassazione su ricorso del contribuente, che lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 38, comma 6, Dpr 600/1973; nonché la violazione di legge in tema di sanzioni, Dlgs 471/1997, articolo 1, comma 2, e Dlgs 472/1997, articolo 3, comma 3, per mancata riduzione della sanzioni, in violazione del principio del favor rei.

Decisone - ulteriori osservazioni
A parere della Corte, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio per cui, in tema di accertamento sintetico, l'onere della prova contraria a carico del contribuente "ha a oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche che ne denotano l'utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della 'durata' del relativo possesso" (Cassazione, pronunce n. 7389/2018 e n. 1510/2017).

Per vincere la presunzione di maggiore capacità contributiva scaturente da un accertamento sintetico ex articolo 38, Dpr 600/1973, così come rivisto dal Dl 78/2010, il contribuente è tenuto a fornire all'ufficio una idonea prova contraria; difatti, la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).
La ratio è quella di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di ulteriori redditi, così da consentire la riferibilità ai medesimi della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente.

Per quanto riguarda, poi, la dedotta violazione di legge in tema di sanzioni (con riferimento agli articoli 1, comma 2, Dlgs 471/1997 e articolo 3, Dlgs 472/1997), la Corte ribadisce il principio di diritto secondo cui "le modifiche apportate dal d.lgs. 158/2015, in tema si sanzioni tributarie, non operano in maniera generalizzata in 'favor rei', rendendo la sanzione irrogata illegale, dovendosi conseguentemente escludere che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ius superveniens più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma, soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo" (su tutte, Cassazione, pronuncia 9505/2017).

Secondo un consolidato orientamento, spetta al giudice riesaminare la fattispecie alla luce degli elementi rilevanti in concreto, graduando le sanzioni e ragguagliandone la quantificazione alle circostanze specifiche del caso in esame; i giudici di legittimità escludono che il favor rei sia automaticamente applicabile.
Il divieto di operare sic et simpliciter la trasformazione della sanzione irrogata in sanzione illegale, "specie in assenza di specifica deduzione dell'applicabilità in concreto di una sanzione tributaria inferiore rispetto a quella applicata", è in linea con le indicazioni fornite dall'Agenzia delle entrate nella circolare 4 marzo 2016, n. 4/E, secondo cui "l'Ufficio deve raffrontare le norme sanzionatorie, ante e post modifica, in concreto e non in astratto, tenendo conto anche delle circostanze aggravanti ed attenuanti o esimenti eventualmente previste dalla legge e verificando gli effetti della loro applicazione in rapporto alle caratteristiche della condotta realizzata dal trasgressore, al fine di stabilire il trattamento sanzionatorio più mite".

Con la richiamate circolare, l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti applicativi riguardanti le nuove sanzioni amministrative tributarie, come riformate dal Dlgs 158/2015.
Il decreto, emanato in attuazione della delega fiscale, ha infatti rimodulato la risposta sanzionatoria dello Stato a fronte di alcuni comportamenti irregolari dei contribuenti, con lo scopo di meglio correlare la misura delle penalità economiche all'effettiva gravità delle violazioni.
Per individuare la norma più conveniente per il contribuente, l'ufficio dovrà utilizzare i principi generali seguiti nel diritto penale, tenendo conto della peculiarità del sistema tributario. Ciò significa che le valutazioni non dovranno essere svolte in astratto, ma calate sulla singola fattispecie con un'analisi caso per caso, incluse eventuali attenuanti, aggravanti o esimenti previste dalla normativa.

La possibilità di ricalcolo è, infine, riconosciuta laddove nel frattempo sia stato proposto ricorso presso la Commissione tributaria provinciale, dal momento che lo jus superveniens recante modifiche pro-contribuente è rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio, sempre che le specifiche allegazioni riferite al caso concreto, siano idonee a dimostrare l'applicabilità di una sanzione inferiore rispetto a quella irrogata.
Carmen Miglino
pubblicato Venerdì 13 Luglio 2018


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