Pegno su titoli dematerializzati solo mediante annotazione sul conto dell'intermediario
Pubblicato il 17/09/18 00:00 [Doc.5139]
di Redazione IL CASO.it


Il vincolo, e quindi anche il pegno, su titoli dematerializzati si costituisce solo con l'annotazione nel conto degli intermediari di cui all'art. 2 del d.lgs 170/2010, il quale prevede (solo) che detta annotazione sia idonea anche a fornire prova della prestazione della garanzia finanziaria; pertanto, l'annotazione del pegno nel conto dell'intermediario ha un duplice effetto, in quanto vale a costituire il pegno su titoli dematerializzati e vale anche a provare che il pegno su quegli specifici titoli dematerializzati sia stato costituito, nulla vietando che quest'ultima prova sia fornita anche con mezzi diversi ed ulteriori dal creditore.

Seppure sulla base di un assetto normativo in parte modificato, la stessa corte di cassazione ha sottolineato che, se la disciplina speciale in tema di titoli dematerializzati e garanzie finanziarie permette di superare la fisicità del titolo, "non elimina anche la necessità dell'individuazione del titolo stesso a norma dell'art. 1378 c.c. Infatti, le registrazioni in apposito conto, previste dall'art. 87 t.u.f. e dall'art 34 d.lgs 170/2010 sostituiscono il vincolo di garanzia con una tecnica alternativa ma funzionalmente equivalente allo spossessamento del costituente, di guisa che il contratto è qualificabile secondo il tipo legale del pegno" "Cass. n. 23268/2006).

[Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto che il privilegio richiesto non potesse essere riconosciuto a causa della mancanza della prova che il pegno sui titoli menzionati sia stato annotato nel conto degli intermediari.]


DECRETO
Cassa A. Banca di Credito cooperativo soc. coop. ha proposto tempestiva opposizione ex art 98 l. fall. avverso il provvedimento con cui il GD ha rigettato la sua richiesta di ammissione allo stato passivo del fallimento Z. s.r.l. per € 15.903,28, con privilegio pignoratizio fino ad € 25.000 sulla base del pegno su titoli costituito il 25.8.2014.
La Curatela si è costituita, limitandosi a contestare il riconoscimento della garanzia pignoratizia e non opponendosi all'ammissione del credito in via chirografaria: la presente decisione pertanto verte sul riconoscimento o meno del privilegio pignoratizio richiesto dal creditore.
Il documento originario depositato a dimostrazione della costituzione del pegno riporta la data certa del 25.8.2014 (doc. n. 9): il timbro postale è apposto sul retro del documento costituito da foglio unico, come facilmente evincibile dall'esame visivo del documento originale.
La Cassazione è invero ormai consolidata nell'affermare che "qualora la scrittura privata non autenticata formi un corpo unico col foglio sul quale è impresso il timbro postale, la data risultante da quest'ultimo è data certa della scrittura, perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita, mentre grava sulla parte che contesti la certezza della data l'onere di provare - pur senza necessità di querela di falso - che la redazione del contenuto della scrittura è avvenuta in un momento diverso" (Cass. n. 8438/2012; conformi si leggano anche 15954/2005, 21814/2006, 13912/2007, 5346/2017).
La Curatela contesta però che la costituzione del pegno non abbia rispettato i dettami dell'art. 2 del d.lgs 170/2004, applicabile alla fattispecie atteso che la garanzia pignoratizia ha ad oggetto titoli dematerializzati: in particolare obbligazioni A., con codice identificativo.
In particolare detta norma stabilisce in tema di garanzie finanziarie che il contratto di garanzia finanziaria sia provato per iscritto, che la garanzia finanziaria sia fornita e che detta circostanza sia provata per iscritto (si tratta pertanto di un caso di forma scritta ad probationem): "ciò al fine di consentire l'individuazione della data di costituzione e delle attività finanziarie costituite in garanzia" (motivazione Cass. n. 6760/2016).
La norma prosegue stabilendo che ai fini della prova della prestazione della garanzia finanziaria "è sufficiente la registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli intermediari": le parti dibattono oggi sulla prova alternativa che la norma lascia intendere come ammissibile. Nel senso che non è stata portata in giudizio prova della registrazione degli strumenti finanziari di cui si discute sul conto degli intermediari: mentre l'opponente sostiene la natura non necessaria di detta prova, giacché la prova potrebbe essere fornita aliunde, la Curatela indica nella mancata registrazione un ostacolo insormontabile al riconoscimento del pegno preteso.
È opportuno un passo indietro per comprendere la ratio sottostante la normativa speciale e le forme equipollenti eventualmente ammissibili.
L'art. 2786 c.c. stabilisce che il pegno si costituisce con la consegna della cosa al debitore ovvero con la consegna del documento che attribuisca il diritto di disporre in via esclusiva della cosa. È quindi evidente che nel momento in cui si discuta di pegno su titoli dematerializzati, la normativa deve porsi il problema di costituire il pegno con modalità diversa dalla consegna della cosa (ovvero del titolo) per la semplice ragione che con riferimento ad un bene dematerializzato non può configurarsi un possesso fisicamente inteso: quindi è impossibile spossessare il datore del pegno del titolo dematerializzato con la consegna al creditore del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa.
Questo è il problema che ha inteso affrontare la Direttiva n. 2002/47/CE, che all'art. 2, comma 2, ai sensi del quale "ogni riferimento della presente Direttiva alla garanzia fornita o alla fornitura di garanzia finanziaria, si intende come relativo alla garanzia finanziaria consegnata, trasferita, detenuta, iscritta o in altro modo designata cosicché risulti in possesso o sotto il controllo del beneficiario della garanzia o di una persona che agisce per conto di quest'ultimo": cioè, la norma comunitaria ha introdotto un concetto di "spossessamento funzionale", intendendo riferirsi ad ogni ipotesi di garanzia finanziaria, a condizione che si verifichi una situazione per cui la disponibilità del bene oggetto di garanzia sia sottratta al debitore.
Ora, se il pegno tradizionale si costituisce con la consegna della cosa, si tratta di comprendere come si costituisca la garanzia finanziaria su un titolo dematerializzato: con quali modalità cioè si ottenga il risultato della indisponibilità in capo al debitore del titolo per cui non sia configurabile il possesso fisicamente inteso.
Ebbene, allo scopo è intervenuta una specifica modifica del d.lgs 58/1998 TUF: il d.lgs. 27/2010 relativo agli strumenti dematerializzati, ha infatti sostituito il titolo secondo del TUF (art.li 79-quater e seguenti) e si chiama ora "gestione accentrata di strumenti finanziari"; in particolare il capo II "disciplina della gestione accentrata" stabilisce in sintesi che per ogni emissione di strumenti finanziari dematerializzati vada scelta un'unica società di gestione accentrata e che detta società apre per ogni emissione un conto intestato all'emittente (art. 83ter).
L'art. 83-quater prosegue stabilendo che "il trasferimento degli strumenti finanziari" dematerializzati e "l'esercizio dei relativi diritti patrimoniali possono effettuarsi solo tramite gli intermediari", che l'art. 79 quater definisce come i soggetti "abilitati alla tenuta dei conti sui quali sono registrati gli strumenti finanziari e i relativi trasferimenti". Su richiesta degli intermediari la società di gestione "accende per ogni intermediario conti destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari"; è poi l'intermediario a registrare "per ogni titolare di conto "gli strumenti finanziari di sua pertinenza nonché il trasferimento, gli atti di esercizio ed i vincoli di cui all'art. 83 octies, disposti dal titolare o a carico del medesimo, in conti distinti e separati".
A sua volta l'art. 83 octies precisa che "i vincoli di ogni genere sugli strumenti finanziari" dematerializzati "si costituiscono unicamente con le registrazioni in apposito conto tenuto dall'intermediario".
L'excursus normativo vale quindi a ricostruire la primaria funzione dell'annotazione nel conto dell'intermediario: il vincolo, e quindi anche il pegno su titoli dematerializzati, si costituisce solo con l'annotazione nel conto degli intermediari; l'art. 2 del d.lgs 170/2010 prevede (solo) che detta annotazione sia idonea anche a fornire prova della prestazione della garanzia finanziaria; ovvero l'annotazione del pegno nel conto dell'intermediario ha un duplice effetto: vale a costituire il pegno su titoli dematerializzati e vale a provare che il pegno su quegli specifici titoli dematerializzati sia stato costituito, nulla vietando che quest'ultima prova sia fornita anche con mezzi diversi ed ulteriori dal creditore.
Seppure sulla base di un assetto normativo in parte modificato, la stessa suprema Corte ha sottolineato che, se la disciplina speciale in tema di titoli dematerializzati e garanzie finanziarie permette di superare la fisicità del titolo, "non elimina anche la necessità dell'individuazione del titolo stesso a norma dell'art. 1378 c.c. Infatti, le registrazioni in apposito conto, previste dall'art. 87 t.u.f. e dall'art 34 l. cit. sostituiscono il vincolo di garanzia con una tecnica alternativa ma funzionalmente equivalente allo spossessamento del costituente, di guisa che il contratto è qualificabile secondo il tipo legale del pegno" "Cass. n. 23268/2006).
Quindi, tornando al caso di specie, mancando nella garanzia vantata dal creditore opponente la prova che il pegno sui titoli menzionati nel documento 25.8.2014 sia stato annotato nel conto degli intermediari 8 e per la verità mancando la stessa prova dell'esistenza di detto conto, la garanzia pignoratizia pretesa non può dirsi validamente costituita ed il privilegio oggi richiesto non può essere riconosciuto.
Dagli argomenti esposti discende evidentemente la non configurabilità di un diritto del creditore di trattenere il controvalore dei titoli, secondo quanto previsto dall'art. 4 d.lgs 170/2004, come chiesto nel ricorso ex art. 98 l.f.
In conclusione l'opponente va ammessa al passivo del fallimento opposto in via chirografaria per l'importo di € 15.903,28.
Quanto alle spese di lite va osservato che il Fallimento si è costituito nel presente procedimento senza opporsi all'ammissione del credito in via chirografaria: la trattazione è stata quindi quasi integralmente assorbita dalla sussistenza o meno del privilegio pignoratizio richiesto; appare quindi congruo disporre una compensazione delle spese di lite nella misura di due terzi, con condanna della Curatela alla rifusione della residua quota di un terzo: gli oneri sono liquidati in dispositivo.
Il Collegio

PQM
Ammette la ricorrente al passivo del Fallimento resistente per il credito di € 15.903,28 in via chirografaria;
condanna il Fallimento alla rifusione delle spese legali sostenute dall'opponente limitatamente alla quota di un terzo, liquidate d'ufficio nella misura integrale in € 3.000,00, oltre € 264 per anticipazioni, 15% per rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge.
Si comunichi.
Padova, 19.7.2018
Il Presidente
Maria Antonia Maiolino



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