Società cooperative: recesso del socio per giusta causa e perdita volontaria dei requisiti di ammissione
Pubblicato il 09/10/18 09:32 [Doc.5263]
di Redazione IL CASO.it


Massime a cura del Prof. Avv. Giustino Di Cecco

Tribunale di Roma, 6 settembre 2018, Est. Guido Romano.

Società cooperative - Principio di parità di trattamento nella cessazione del rapporto - Sussistenza.

Società cooperative - Recesso del socio per giusta causa - Insussistenza.

Società cooperative - Recesso del socio per perdita volontaria dei requisiti di ammissione - Insussistenza.

La norma dell'art. 2516 c.c., che prescrive che nella costituzione e nell'esecuzione dei rapporti mutualistici deve essere rispettato il principio della parità di trattamento, è volta ad evitare discriminazioni nell'attuazione del rapporto mutualistico e, sebbene faccia riferimento alle fasi della costituzione e della esecuzione, trova applicazione anche nella fase di cessazione del rapporto [1].

L'art. 2532 c.c. - nel momento in cui prevede che il recesso è consentito nei (soli) casi previsti dalla legge o dallo statuto - conferma il «principio di tipicità» (già sancito dal previgente art. 2526 c.c.) delle cause di recesso, accordando il relativo diritto al socio solo in presenza di una specifica norma di legge o dell'atto costitutivo. Ne consegue che, in assenza di una clausola statutaria che indichi quali specifici inadempimenti addebitabili all'ente consentano l'esercizio del diritto di recesso, deve necessariamente concludersi che eventuali inadempimenti, ascrivibili al rapporto di scambio, posti in essere dalla cooperativa non giustificano il recesso da parte del socio e, dunque, lo scioglimento del rapporto sociale. L'opposta conclusione comporterebbe, del resto, una violazione del principio di parità tra i soci perché verrebbe consentito a (taluni) soci di sciogliersi dal rapporto sociale (con conseguente restituzione della quota sociale e di quanto corrisposto in conseguenza del rapporto di scambio derivante dal contratto di prenotazione) e, dunque, di sottrarsi agli oneri già assunti dalla cooperativa verso terzi; oneri che, inevitabilmente, finirebbero col gravare soltanto sui soci superstiti.

Il socio non può addurre come motivo legittimante il recesso, avvantaggiandosene, una circostanza da egli stesso volontariamente cagionata. Nell'ambito della perdita delle condizioni necessarie per concorrere al raggiungimento degli scopi sociali, non può essere ascritto uno stato di fatto al quale il socio stesso abbia volontariamente dato luogo ed occasione in tal modo disponendo egli stesso, in via potestativa, della facoltà di sciogliersi dal vincolo sociale. In tal modo, infatti, le ipotesi di recesso verrebbero ad essere sganciate da fattispecie puntuali e tassative - venendosi così a consentire una sorta di recesso ad nutum - e rimesse alla discrezionalità ed alla convenienza dei singoli soci. E verrebbero ad essere lesi i principi di tipicità delle ipotesi di recesso e di parità di trattamento tra i soci.

[1] Cfr. Tribunale Roma, 16 Dicembre 2015. Est. Cecilia Bernardo, in questa Rivista.(http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/16582)


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