Medicina estetica: per godere dell'agevolazione, dev'essere "in gioco" la salute fisica o psichica
Pubblicato il 26/10/18 00:00 [Doc.5357]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Il medico può ritenere che una prestazione abbia carattere terapeutico e non semplicemente estetico, ma quando l'Amministrazione finanziaria gli chiede di provare l'esenzione, deve offrire giustificazione, fondata su elementi obiettivi.
È il principio di diritto sancito dalla Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna con la sentenza 2328/12/18 dello scorso 2 ottobre.

La vicenda processuale
La direzione provinciale di Ravenna emetteva un avviso di accertamento nei confronti di un medico chirurgo specializzato in medicina estetica, recuperando l'Iva per prestazioni non esentate, in quanto non curative, ma di carattere estetico.
La Ctp di Ravenna confermava la pretesa impositiva, sì che il contribuente proponeva appello, sostenendo che il carattere "terapeutico" ovvero semplicemente "estetico" della prestazione é stabilito - con giudizio insindacabile dal Fisco - dal medico.

Con la sentenza in esame, la Ctr dell'Emilia Romagna ha anzitutto chiarito l'ambito applicativo e la ratio dell'esenzione Iva delle prestazioni mediche (articolo 10, n. 18, Dpr 633/1972).
Quanto al primo aspetto, ha rilevato che sia la giurisprudenza comunitaria che quella nazionale negano il diritto all'esenzione per i "trattamenti di natura puramente estetica" (Corte di giustizia causa C-91/12 del 21 marzo 2013 e Cassazione 21272/2005).
In secondo luogo, la ratio legis consiste nell'"agevolare l'accesso alle cure, onde rafforzare la tutela alla salute (bene costituzionalmente protetto)".
Tuttavia, "quando non è in gioco la salute fisica o psichica, ma solo una personale esigenza estetica (cioè non la necessità di rimediare ad interventi demolitivi, a lesioni riportate in infortuni, ustioni, ecc., bensì il semplice desiderio di migliorare il proprio aspetto per le ragioni più varie, ad esempio lavorative, di affermazione sociale, ecc.), viene meno la giustificazione dell'esenzione IVA della prestazione e deve essere ristabilita la piena operatività del principio di neutralità, che comporta che il destinatario finale della prestazione (il cliente-paziente) paghi l'imposta".

L'aspetto più interessante della pronuncia dei giudici bolognesi attiene alla possibilità, per l'Amministrazione, di sindacare l'inquadramento della prestazione come "terapeutica" da parte del medico-contribuente sottoposto a controllo.
In particolare, la Ctr afferma che "il medico può senz'altro ritenere che una prestazione abbia carattere terapeutico e non semplicemente estetico, ma di ciò deve poi offrire giustificazione, fondata su elementi obiettivi, quando l'amministrazione finanziaria gli chieda di giustificare l'esenzione (tanto più in un sistema che non proibisce al chirurgo estetico d'intervenire, in assenza di effettive esigenze terapeutiche, per soddisfare un desiderio, per l'appunto, solo estetico)".
Quanto sopra in ossequio al fondamentale principio dell'onere della prova che, sul punto, era già stato illustrato dalla Cassazione (pronuncia 28946/2008) con la precisazione che "in tema di IVA, l'onere di provare la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti per godere dell'esenzione di cui al n. 18 dell'art. 10 D.P.R. n. 633 del 1972 (relativo a prestazioni mediche e paramediche) grava sul contribuente, con la conseguenza che, se non viene fornita tale prova, i corrispettivi accertati devono ritenersi relativi ad operazioni imponibili" (cfr altresì Cassazione, 8184/2015, 13991/2014, 5679/2014, 20575/2011 e 21435/2009).

Nel caso posto all'esame del giudice regionale, il medico-contribuente "avrebbe dovuto precisare, cliente per cliente, in cosa era consistito il trattamento e perché lo si poteva considerare terapeutico. L'allegazione era tanto più necessaria se si pensa che, in quanto medico chirurgo con specializzazione in medicina estetica e chirurgia plastica, la dott.ssa (…) verosimilmente eseguiva sia prestazioni richieste per mere ragioni estetiche, sia prestazioni curative".
Difatti, per quanto la parte avesse prodotto in giudizio le cartelle cliniche dei pazienti, ciò non costituiva sufficiente elemento di prova, mancando una precisa "allegazione" (da intendersi quale specifica affermazione di un fatto in termini processuali) tale da rendere intelligibile la documentazione medica.

La Commissione, infine, ha rigettato la richiesta di disapplicazione delle sanzioni, formulata ai sensi degli articoli 6 e 7 del Dlgs 472/1997: "con riferimento al difetto di esenzione IVA delle prestazioni estetiche, si è visto che l'indirizzo giurisprudenziale è sempre stato univoco, ed era perciò sufficiente che la dott. (…) consultasse il proprio commercialista per apprendere che i compensi dovevano essere maggiorati dell'imposta".

Osservazioni
L'articolo 132, paragrafo 1, lettere b) e c) della direttiva 2006/112/Ce (direttiva Iva) stabilisce che gli Stati membri dell'Ue esentano da Iva:
l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni a esse strettamente connesse
le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle prestazioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato.
Il nostro ordinamento ha recepito i richiamati principi all'articolo 10, n. 18), del Dpr 633/1972, che esenta "le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza…".
L'Amministrazione finanziaria, in proposito, ha fornito chiarimenti con la circolare 4/2005.
Secondo il documento di prassi, la nozione di "prestazione medica" elaborata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenze 20/11/03, cause C-307/01 e C-212/01) va limitata "alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone".
Con specifico riferimento alle prestazioni di chirurgia estetica la circolare precisa - al paragrafo 8 - che le stesse sono esenti Iva soltanto quando siano "ontologicamente connesse al benessere psico-fisico del soggetto che riceve la prestazione e quindi alla tutela della salute della persona".
Di recente, sia la Corte di giustizia che la Corte di cassazione hanno confortato tale linea interpretativa, stabilendo importanti principi di diritto.

In particolare, la Corte di giustizia, con la sentenza 21 marzo 2013 nella causa C-91/12, ha chiarito che:
il concetto di "esenzione" stabilito dalla direttiva Iva va inteso in senso restrittivo, dato che costituisce una deroga al principio secondo cui l'Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (punto 23)
è rilevante lo scopo per cui è effettuato un determinato trattamento estetico o una determinata operazione estetica. Il trattamento/operazione è esente Iva solo quando ha "lo scopo di trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma oppure di un handicap fisico congenito, abbiano bisogno di un intervento di natura estetica (…) Per contro, se l'intervento risponde a scopi puramente cosmetici, non rientra in tali nozioni (di esenzione Iva)" (punto 29)
le semplici convinzioni soggettive che sorgono nella mente della persona sottoposta a un intervento estetico non sono di per sé determinanti ai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia scopo terapeutico (punto 34)
è necessario (ma non sufficiente) che i trattamenti/operazioni siano effettuati da soggetti appartenenti al corpo medico abilitato o che lo scopo di tali interventi sia determinato da un professionista siffatto (punto 36)
devono concorrere tutti gli altri requisiti previsti nel paragrafo I, lettere b) e c) dell'articolo 132 della direttiva Iva, "nonché di altre disposizioni pertinenti del titolo IX, capi 1 e 2, di tale direttiva" (punto 37).
Da ultimo, si osserva che anche la Corte di cassazione ha costantemente ribadito la necessità di indagare lo scopo ultimo della prestazione oggetto di fattura, ritenendo che l'esenzione vada esclusa quando "i trattamenti praticati non abbiano contenuto intrinseco di prestazione sanitaria medica o paramedica…" (Cassazione, 17656/2014 e 21272/2005).
Claudio Pivanti
pubblicato Lunedì 22 Ottobre 2018


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