Rivalsa a seguito di accertamento: l'Iva si recupera con il giudice civile
Pubblicato il 27/11/18 07:15 [Doc.5548]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Nel caso affrontato dall'Agenzia delle entrate, però, tale strada non è più percorribile perché la società cessionaria è stata cancellata dal registro delle imprese e si è estinta

La rivalsa a seguito di accertamento è un istituto privatistico, essendo relativa non al rapporto tributario, ma ai rapporti interni fra i contribuenti. Ne consegue che nel caso di mancato pagamento dell'imposta da parte dell'acquirente del bene o del servizio l'unica possibilità che il fornitore ha per recuperare l'Iva versata all'Erario, ma non incassata, è quella di rivolgersi al giudice civile. Nel caso oggetto dell'interpello, però, questa strada non è più percorribile in quanto la società cessionaria è stata cancellata dal registro delle imprese e, quindi, si è definitivamente estinta. Il diritto di rivalsa, quindi, pur astrattamente riconosciuto, non è più giuridicamente esercitabile. È questo, in sintesi, quanto affermato dall'Agenzia delle entrate nella risposta n. 84/2018, fornita a seguito di un'istanza di interpello.

Il quesito
Una società, che opera nel settore del commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento e accessori, si è rivolta all'Amministrazione per avere chiarimenti sulla corretta interpretazione della disposizione del decreto Iva, che disciplina l'esercizio del diritto di rivalsa dell'imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica emessi nei confronti di fornitori di beni e servizi (articolo 60, comma settimo, Dpr 633/1972).

In particolare, la società interpellante ritiene che sussista una condizione di incertezza interpretativa per quanto riguarda l'esercizio della rivalsa nel caso in cui, a seguito di definizione dell'accertamento, il cedente/prestatore non possa effettivamente esercitare il diritto di rivalsa a causa della cessazione dell'attività di impresa e della perdita dello status di soggetto passivo da parte del cessionario/committente.

La risposta
Nell'articolare il proprio parere, l'Agenzia ricorda, innanzitutto, che l'articolo 60, settimo comma, Dpr 633/1972, come modificato dal Dl 1/2012, ha introdotto nel nostro ordinamento il diritto di rivalsa a seguito di accertamento, consentendone l'esercizio a condizione che il fornitore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all'Erario in dipendenza dell'importo controverso.

La rivalsa a seguito di accertamento, prosegue l'Amministrazione, ha natura facoltativa, interviene successivamente all'effettuazione dell'operazione e presuppone l'avvenuto versamento definitivo della maggiore Iva accertata da parte del fornitore. Tali caratteristiche rendono "speciale" tale diritto di rivalsa e lo differenziano dalla rivalsa "ordinaria".

Inoltre, è stato precisato che il diritto di rivalsa è ammesso a condizione che l'accertamento abbia consentito l'individuazione esatta della società cessionaria e la riferibilità dell'Iva accertata alle operazioni di cessione effettuate (circolare n. 35/E del 17 dicembre 2013).

Tuttavia, sottolinea l'Agenzia, pure in presenza di tutte le condizioni necessarie a rendere il diritto potenzialmente esistente (definitività dell'accertamento, effettuazione dei versamenti dovuti, individuazione del cessionario e riferibilità dell'Iva alle operazioni), la rivalsa a seguito di accertamento è un istituto privatistico, essendo relativa non al rapporto tributario, ma ai rapporti interni fra i contribuenti. Ne consegue che nel caso di mancato pagamento dell'imposta da parte dell'acquirente del bene o del servizio l'unica possibilità che il fornitore ha per recuperare l'Iva versata all'Erario, ma non incassata, è quella di rivolgersi al giudice civile.
Peraltro, nel caso oggetto dell'interpello, tale strada non è più percorribile in quanto la società cessionaria è stata cancellata dal registro delle imprese e, quindi, si è definitivamente estinta, con conseguente perdita della titolarità del rapporto giuridico dedotto in giudizio. Il diritto di rivalsa, quindi, pur astrattamente riconosciuto, non è più giuridicamente esercitabile.
r.fo.
pubblicato Lunedì 26 Novembre 2018


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