Il reddito da attività lavorativa si presume pertinente ai “bisogni della famiglia”: per l’eventuale credito da restituzione è inopponibile il fondo patrimoniale.
Pubblicato il 03/06/15 21:06 [Doc.555]
di Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Brescia – 7 luglio 2014 - Pres. dr. Rosa – est. dr. Nanni
Salvo prova contraria, si presume che i redditi provenienti dall'attività lavorativa del coniuge (in particolare, provvigioni da rapporto di agenzia) siano destinati al benessere materiale della famiglia; l’eventuale credito da restituzione deve dunque ritenersi pertinente ai “bisogni della famiglia” nell’accezione lata ormai attribuita all’espressione dalla giurisprudenza, accezione che ricomprende ogni fatto genetico, contrattuale od extracontrattuale, che si traduca in una condotta diretta al conseguimento di utilità (tra le quali il reddito) incrementative delle disponibilità economiche della famiglia e rivolte alla sua prosperità, con esclusione del soddisfacimento di esigenze meramente voluttarie o caratterizzate da intenti speculativi 
(Cass. 2013/4011; Cass. 2009/15862; Cass. 2006/12998).


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