Anche nella responsabilità sanitaria deve essere provato il nesso di causalità tra condotta e danno
Pubblicato il 26/03/19 00:00 [Doc.6106]
di Redazione IL CASO.it


Anche in ambito di responsabilità professionale sanitaria, la previsione dell'art. 1218 c.c. solleva il creditore dell'obbligazione che si afferma non adempiuta (o non esattamente adempiuta) dall'onere di provare la colpa del debitore, ma non dall'onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui domanda il risarcimento.

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Cassazione civile, sez. III , 7 marzo 2019, n. 6593. Pres. Travaglino. Rel. Sestini.

Fatti di causa
M.M. e P.G., in proprio e in qualità di eredi di M.R. (padre della prima e marito della seconda), convennero in giudizio la soc. AA. (*) s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguiti al decesso del predetto M.R., avvenuto il (*) dopo un intervento di valvuloplastica mitrale cui era stato sottoposto, presso il Policlinico, in data (*).
La società convenuta contestò gli addebiti e chiese il rigetto delle domande.
Eseguita una c.t.u. medico-legale, il Tribunale respinse le domande attoree, con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Milano, che ha dichiarato di condividere le conclusioni della c.t.u., secondo cui "il decesso del sig. M. non può ricondursi ad un comportamento colposo del personale sanitario del (*), ma a complicanze note in relazione all'intervento, prevedibili, ma non prevenibili, quali embolia polmonare, anuria, infarto intestinale, shock settico", con esclusione della sussistenza di "comportamenti imperiti o negligenti da parte dei sanitari, né negli accertamenti pre-operatori, né nel trattamento chirurgico, né nella gestione del paziente dopo l'intervento".
Ha proposto ricorso per cassazione M.M., anche in qualità di procuratrice speciale della madre P.G., entrambe in proprio e quali eredi di M.R., affidandosi ad otto motivi illustrati da memoria; ha resistito il (*) s.p.a., con controricorso.

Ragioni della decisione
1. Col primo motivo (che deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché dell'art. 111 Cost. e degli artt. 1218, 2697, 2727, 2729 e 2043 c.c., oltre che degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto, "con apparente o, comunque, insufficiente ed illogica motivazione", che il Tribunale avesse "correttamente invocato ed applicato i principi giuridici in materia di responsabilità contrattuale medica": assume che la sentenza di primo grado aveva "ingiustamente addossato al paziente-creditore, anziché al danneggiante, la prova del nesso causale" e che la Corte, confermando la pronuncia, non aveva "spiegato perché sarebbe conforme al diritto in materia l'avere il Tribunale erroneamente onerato il danneggiato della prova certa dell'inadempimento qualificato".
1.1. Premesso che non ricorre un'ipotesi di apparenza della motivazione e che l'insufficienza della motivazione non é più deducibile ai sensi del nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo risulta privo di interesse, dal momento che la decisione non rinviene la sua ratio fondante nell'individuazione della spettanza dell'onere probatorio in punto di nesso causale, ma esclude - a monte - che vi sia stato un qualche inadempimento da parte dei sanitari del Policlinico, negando il presupposto stesso della responsabilità contrattuale della struttura, senza necessità - quindi - di affrontare il profilo del nesso causale fra la condotta sanitaria e il decesso del M..
Il tutto a prescindere dal rilievo che i più recenti e ormai consolidati arresti di questa Corte hanno chiarito che, anche in ambito di responsabilità professionale sanitaria, la previsione dell'art. 1218 c.c. solleva il creditore dell'obbligazione che si afferma non adempiuta (o non esattamente adempiuta) dall'onere di provare la colpa del debitore, ma non dall'onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui domanda il risarcimento (cfr., ex multis, Cass. n. 18392/2017 e Cass. n. 29315/2017).
2. Il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 132, 167 e 183 c.p.c., nonché dell'art. 111 Cost. e degli artt. 1218, 1223, 2236, 2697 e 2727 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, censurando la sentenza impugnata per non aver ritenuto applicabile il principio di non contestazione, sull'assunto che "le divergenze fra le parti riguarderebbero non i fatti ma l'interpretazione degli stessi, ed in ogni caso il (*) avrebbe ben contestato tutti i fatti dedotti da parte attrice, mentre quest'ultima non avrebbe precisato quali sarebbero le circostanze non contestate e, quindi, provate".
2.1. Premesso che la Corte ha evidenziato "come l'ospedale convenuto abbia sostanzialmente preso posizione su ogni circostanza dedotta dalle attrici nell'atto introduttivo di primo grado, offrendo un inquadramento della fattispecie diverso ed opposto rispetto a quello dedotto dalle controparti", il motivo risulta infondato giacché, per quanto emerge dalla sentenza impugnata (cfr. "svolgimento del processo", a pag. 4), dallo stesso contenuto del ricorso (a pagg. 82 e 83) e - più diffusamente - dal controricorso (a pagg. 8-11), il Policlinico aveva contestato sotto ogni profilo gli assunti avversari, sicché non residuava alcun ambito rispetto al quale potesse ritenersi integrata una mancata contestazione idonea a sollevare la parte attrice dall'onere di provare gli addebiti mossi alla convenuta e il giudice dal compito di procedere alla loro verifica.
3. Il terzo e il quarto motivo deducono la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 132 c.p.c., dell'art. 111 Cost., nonché degli artt. 1218, 1223, 1224, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 e 2727 c.c. e dell'art. 2, 3, 4, 13, 29, 30, 31, 32, 35 e 32Cost., degli artt. 40 e 41 del c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4" (con l'aggiunta, quanto al quarto motivo, del riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 5): la ricorrente lamenta che la Corte abbia "- con apparente o comunque insufficiente ed incongrua motivazione - escluso la responsabilità del Policlinico nella fase pre-operatoria" (terzo motivo) e "nella fase peri-intra-post operatoria" (quarto motivo), "in contrasto con il diritto vivente in tema di responsabilità contrattuale medica e con gli stessi accertamenti dei CCTTUU, ed omettendo ogni valutazione delle deduzioni critiche alla CTU".
3.1. Entrambi i motivi - che possono essere esaminati congiuntamente - sono inammissibili, in quanto deducono in modo generico la violazione delle numerose norme di diritto indicate nella rubrica, senza individuare specifici errores in iure, e sono volti, nella sostanza, a sollecitare una nuova e diversa lettura della vicenda sotto il profilo della questio facti, mirando pertanto a conseguire un apprezzamento di merito funzionale all'affermazione della responsabilità del Policlinico, in relazione alle varie fasi (pre-operatoria e peri-infra-post operatoria) in cui si é articolata la prestazione dei sanitari della struttura ospedaliera.
4. Col quinto motivo (che denuncia nuovamente la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 132 c.p.c., dell'art. 111 Cost., nonché degli artt. 1218, 1223, 1224, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 e 2727 c.c. e dell'art. 2, 3, 4, 13, 29, 30, 31, 32, 35 e 32Cost., degli artt. 40 e 41 del c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5"), la ricorrente censura la sentenza "per avere la Corte d'Appello - con omessa o apparente disamina e motivazione e comunque con insufficiente ed incongrua motivazione - escluso il nesso causale giuridico tra l'inadempimento sanitario, peraltro riconosciuto dai CCTTUU, e le lesioni mortali del sig. M. (nonostante l'incontestato nesso causale materiale)".
4.1. Il motivo é infondato atteso che, per quanto rilevato al punto 1.1, la Corte territoriale ha correttamente affermato che "l'accertamento in merito alla assenza di responsabilità della struttura sanitaria nella produzione dell'evento letale del sig. M. rende superflua l'analisi del nesso di causalità tra l'operato dei sanitari e l'evento stesso".
5. Il sesto motivo (che prospetta anch'esso la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 132 c.p.c., dell'art. 111 Cost., nonché degli artt. 1218, 1223, 1224, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 e 2727 c.c. e dell'art. 2, 3, 4, 13, 29, 30, 31, 32, 35 e 32Cost., degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4") lamenta che sia stata esclusa "la responsabilità del (*) per inidoneo consenso informato", rilevando che la Corte, "pur partendo dal corretto assunto giuridico per il quale il consenso informato deve essere chiaro ed esaustivo sui rischi e sulle alternative terapeutiche, ha, con incongrua motivazione ed in violazione dei pacifici principi giuridici in materia, ritenuto corretto quello prestato nella specie, adagiandosi supinamente sulle carenti considerazioni dei CCTTUU ed omettendo di considerare le contestazioni sul punto dell'odierna ricorrente, nonché decisivi elementi di fatto"; assume, in particolare, che "il modulo di consenso informato de quo era un mero prestampato valido per qualsiasi intervento al cuore, che quindi non puntualizzava le percentuali di rischio specifico di morbilità e mortalità in relazione a quell'intervento ed a quel paziente, e non illustrava neppure le concrete alternative terapeutiche".
5.1. Il motivo é inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, dato che le doglianze circa la dedotta inidoneità dello "stampato" sottoscritto dal M. sono svolte senza ottemperare all'onere di trascrivere il contenuto del documento, in modo da consentire a questa Corte di apprezzarne le lamentate genericità e incompletezza; tanto più a fronte dei rilievi della Corte territoriale secondo cui il documento era "redatto con un linguaggio chiaro, che unisce ad una precisione tecnica e ad una dettagliata descrizione delle varie problematiche connesse alla specifica tipologia dell'intervento, un'esposizione efficace, che utilizza espressioni e descrizioni comprensibili da chiunque".
6. Col settimo motivo (che nuovamente prospetta la "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 132 c.p.c., dell'art. 111 Cost., nonché degli artt. 1218, 1223, 1224, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 e 2727 c.c. e dell'art. 2, 3, 4, 13, 29, 30, 31, 32, 35 e 32Cost., degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 "), la ricorrente si duole che la Corte abbia, "-con apparente o comunque insufficiente ed incongrua motivazione -negato il nesso causale giuridico tra l'inadempimento sanitario riconosciuto dagli stessi CCTTUU e le chances terapeutiche" e chiede che la sentenza venga cassata con rinvio alla Corte territoriale perché, rinnovata la c.t.u., "valuti la percentuale di sopravvivenza, guarigione o miglioramento in caso di tempestiva e corretta gestione, anche chirurgica, delle complicanze postoperatorie, e per l'effetto riconosca e quantifichi, secondo equità circostanziata, il relativo ristoro del danno da perdita di chances terapeutiche".
6.1. Anche questo motivo é infondato, giacché - come correttamente osservato al punto VII della sentenza impugnata - l'esclusione di qualsiasi profilo di condotta colposa dei sanitari dell'ospedale non consente di "prendere in considerazione la possibilità di soluzioni alternative che avrebbero consentito un prolungamento e/o una migliore qualità della vita del sig. M. e, quindi, della sussistenza di pregiudizi in tal senso risarcibili": va rimarcato, infatti, che anche il danno da perdita di chances terapeutiche presuppone l'esistenza di una condotta colposa - commissiva od omissiva- che integri la causa del pregiudizio.
7. L'ottavo motivo denuncia l'"errata pronuncia sulle spese processuali, per apparente o insufficiente motivazione e violazione degli artt. 132-134 c.p.c., artt. 91 e 92 c.p.c., nonché del D.M. n. 55 del 2014, artt. 2, 4 e 5 in relazione all'artt. 111 Cost., comma 6 e art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4": la ricorrente evidenzia che la condanna alle spese disposta in primo e in secondo grado aveva raggiunto la "ragguardevole somma di Euro 35.000, 00" e assume che, "in ogni caso, la dedotta fondatezza dei motivi di ricorso, e l'auspicata cassazione della decisione impugnata, dovrà travolgere (...) anche la predetta pronuncia sulle spese del giudizio".
7.1. Il motivo é infondato nella parte in cui prospetta la mancanza di motivazione della condanna alle spese - evidentemente ed espressamente correlata alla soccombenza della parte appellante - e inammissibile per il resto, in quanto non individua alcuna violazione delle norme richiamate in rubrica (non spiegando perché ed in quali termini sarebbero stati violati gli artt. 91 e 92 c.p.c. e il D.M. n. 55 del 2014, artt. 2, 4 e 5), ma si limita ad auspicare che l'accoglimento del ricorso "dovrà travolgere" anche la pronuncia sulle spese.
8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
9. Sussistono le condizioni per l'applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000, 00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200, 00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2019.


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