Protezione internazionale: ruolo attivo del Giudice nell'istruttoria, accertamento dei fenomeni che giustificano la protezione internazionale, indicazione delle informazioni e delle relative fonti
Pubblicato il 29/04/19 00:00 [Doc.6191]
di Redazione IL CASO.it


Protezione internazionale - Ruolo attivo del giudice nell'istruzione della domanda - possibilità di assumere informazioni e acquisire tutta la documentazione necessaria - Potere-dovere del giudice di accertare anche d'ufficio se, e in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell'istante si verifichino fenomeni tali da giustificare la protezione internazionale - Indicazione nella motivazione delle informazioni e delle relative fonti

Come ebbe a rilevare, in particolare, già la sentenza delle Sezioni Unite 17 novembre 2008, n. 27310 (con diretto riferimento alla Direttiva 2004/83/CE), in materia di protezione internazionale, il giudice deve «svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni e da impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni e acquisire tutta la documentazione necessaria»: in proposito deve dunque «ravvisarsi un dovere di cooperazione del giudice nell'accertamento dei fatti rilevanti ... e una maggiore ampiezza dei suoi poteri istruttori officiosi».

Il dovere di attivazione del giudice ha come presupposto che «il richiedente abbia adempiuto all'onere di allegare i fatti costitutivi della sua personale esposizione al rischio»; all'assolvimento di tale onere della parte è in via diretta conseguente «il potere-dovere del giudice di accertare anche d'ufficio se, e in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell'istante si verifichino fenomeni» tali da giustificare l'applicazione della protezione internazionale (Cass., 31 gennaio 2019, n. 3016).

Come ha rilevato, per altro verso, la pronuncia di Cass. 28 giugno 2018, n. 17069, «il giudice del merito ha la possibilità e dunque il dovere ... di accertare d'ufficio, mediante le informazioni attingibili presso la Commissione nazionale per il diritto di asilo o da altre fonti, se e in quali limiti», nei luoghi indicati dal ricorrente, «si registrino fenomeni di violenza indiscriminata» o altri comunque destinata a comportare la normativa di applicazione della protezione internazionale; è dunque anche da escludere, tra l'altro, l'eventuale rilevanza di precondizioni ulteriori per l'attivazione del detto dovere di cooperazione istruttoria (quale quella rappresentata dalla ritenuta credibilità del racconto fatto dal ricorrente). Del resto, la figura della cooperazione istruttoria del giudice non risponde a ipotetici intendimenti di ordine premiale, bensì deriva dalla peculiare situazione oggettiva che sta alla base, e giustifica, l'applicazione della normativa della protezione internazionale.

Alla rilevazione della positiva sussistenza del dovere di approfondimento istruttorio segue che non può ritenersi corretta e adeguata la decisione del giudice del merito che, nel respingere la richiesta di protezione, si limiti a fornire indicazioni generiche e approssimative sulla situazione del Paese interessato dalla domanda del richiedente; ché ciò equivale, come appare evidente, a negare la stessa sussistenza di un dovere di questo tipo (cfr. Cass., 28 giugno 2018, n. 17075).

L'assolvimento del quale comporta, invece, l'assunzione - e quindi pure la relativa indicazione nell'ambito del tessuto motivazionale - di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione (tra le altre, cfr. in particolare Cass., 12 dicembre 2108, n. 28990; nonché la già richiamata Cass., n. 17069/2018, ove pure ulteriori riferimenti).

Dal che deriva pure, inter alia, la necessità di riportare, nel contesto della motivazione svolta, le fonti di informazione utilizzate, come quelle che per l'appunto stanno a fondamento e giustificazione del convincimento che nel concreto viene espresso dal giudice.

Non potendosi comunque ritenere fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei a quelli della Comunità europea, la mancata indicazione delle fonti specificamente utilizzate dal giudice per fondare la decisione assunta implica, in buona sostanza, che quest'ultima esprima una valutazione meramente soggettiva; e comporta, in via correlata, che la stessa risulta connotata da difetto di motivazione o, comunque, da una motivazione meramente apparente.

[Nel caso di specie, la sentenza della Corte territoriale si è limitata all'affermazione per cui «non può ritenersi dimostrato che il grado di violenza del conflitto armato in corso nella regione di provenienza del richiedente (Benin City) abbia assunto le caratteristiche» occorrenti per l'applicazione della protezione internazionale. La sentenza, inoltre, non indica a base di riferimento di tale affermazione alcuna fonte.
Sì che il «deficit istruttorio» risulta, nella specie, del tutto palese. In effetti, vengono qui a sommarsi genericità dei contenuti manifestati e mancanza di oggettiva controllabilità delle fonti da cui questi ultimi sarebbero tratti. Con la conseguenza che la sentenza, oltre a essere affetta da una motivazione solo apparente, viene pure a violare il disposto dell'art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008.]


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