Per gli acquisti IVA non imponibili non configurabile il reato di dichiarazione fraudolenta
Pubblicato il 29/03/16 08:46 [Doc.977]
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L'uso improprio del regime previsto dall'art. 8bis del D.P.R. n. 633/1972 può rilevare in sede tributaria, ma non attribuisce rilevanza penale per il delitto di dichiarazione fraudolenta perché non vi è stata alcuna attività posta in essere per ostacolare l'accertamento, né indicazione nella dichiarazione IVA di un costo indetraibile perché asseritamente non inerente.
Decisione: Sentenza n. 8668/2016 Cassazione Penale - Sezione III
Il caso.
Il Tribunale del riesame rigettava la richiesta di riesame proposta contro un decreto di sequestro preventivo in via diretta su un'imbarcazione, collegata all'ipotesi di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 Decreto Legislativo n. 74/2000) e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 della stessa disposizione).
Per l'accusa la cessione del natante sarebbe stata simulata, e le fatture passive emesse dalla società di leasing in regime di non imponibilità IVA ex art. 8bis del D.P.R. n. 633/1972 avrebbero configurato un'imposta fraudolentemente risparmiata (l'IVA sarebbe stata di circa 440mila euro), trattandosi di bene non inerente (in quanto l'operazione mascherava un utilizzo a fini personali) e quindi escluso dall'esenzione.
I tre indagati in concorso proponevano ricorso in Cassazione, due indagati congiuntamente, e il terzo con ricorso separato.
Nel primo ricorso si deducevano due motivi: violazione di legge in relazione all'art. 11 del Decreto Legislativo n. 74/2000 in quanto non vi sarebbe stata alcuna alienazione simulata, e assenza dell'individuazione della condotta tipica del reato (per il ricorrente, il reato ipotizzato previsto dall'art. 11 citato si configura solo in presenza di simulazione o di altri atti fraudolenti).
Successivamente alla presentazione del ricorso, il difensore di uno dei tre indagati in concorso depositava però dichiarazione con la quale rinunciava al ricorso per carenza di interesse.
La decisione.
La Cassazione affronta i due motivi di ricorso e precisa, anzitutto, che l'addebito mosso agli attuali indagati riguarda condotte di dichiarazione fraudolenta asseritamente poste in essere in concorso: secondo quanto ha ricostruito l'accusa, gli indagati avrebbero costituito una società con oggetto sociale apparentemente volto all'attività di noleggio a terzi dei natanti, ma in realtà costituita allo scopo di conseguire i vantaggi fiscali garantiti a tali tipi societari dalla legislazione speciale e utilizzare alcune imbarcazioni da diporto per il loro beneficio personale ed esclusivo.
La Suprema corte ritiene i ricorsi fondati, e affronta dapprima la questione preliminare relativamente all'intervenuta dichiarazione di rinuncia al ricorso per carenza di interesse: su questo punto, la Cassazione rileva che «non rileva l'intervenuta dichiarazione di rinuncia al ricorso per carenza di interesse, depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 11/09/2015 in quanto sottoscritta esclusivamente dal difensore, senza che risulti a questi conferita procura speciale.
Ed infatti, le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione assunta all'ud. 24/11/2015 (r.g. n. 8933/2015, ric. CELSO), non ancora depositata, hanno dato soluzione negativa alla questione "se il difensore dell'indagato o imputato non munito di procura speciale possa validamente rinunciare all'impugnazione da lui autonomamente proposta"».
A questo punto, la Corte ritiene il primo ricorso fondato nel merito, e afferma che «Per "mezzi fraudolenti" sono da intendere le "condotte artificiose attive nonché quelle emissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà "», con la precisazione che «ânon costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o lo sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali" (art. 3 cc. 3 del D.Lgs. n. 74 del 2000)».
Sul punto, la Cassazione osservava anche che, in assenza di altri elementi, non era chiaro se se l'ammontare degli elementi attivi sottratti all'imposizione (anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi) sia superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione (nuovo art. 3, d. Igs. n. 74 del 2000).
Per tale ragione, dunque, l'impugnata ordinanza deve essere annullata con rinvio al tribunale del riesame di Napoli per nuovo esame relativamente a tale punto».
La Corte di legittimità passa poi a esaminare la censura relativa alla inconfigurabilità del delitto di dichiarazione fraudolenta con riferimento agli acquisti in regime di non imponibilità IVA: proprio perché, non essendo stata detratta alcuna IVA né indicata in dichiarazione, non sarebbe tecnicamente configurabile tale reato.
La Suprema corte chiarisce che trattasi di reato di natura istantanea.
Afferma che «risulta priva di fondamento giuridico l'affermazione del tribunale del riesame secondo cui, in relazione alle predette fatture passive emesse dalla società di leasing, la corrispondente imposta pari ad ⬠441.354,70 "ancorché non possa ritenersi tecnicamente "detratta" proprio perché non addebitata, è pur sempre, all'evidenza, un'Imposta fraudolentemente risparmiata dalla società F.D. trattandosi di bene non inerente e, quindi, escluso dall'esenzione". I giudici di merito hanno infatti apoditticamente ritenuto, pur non essendo stata detratta l'IVA in quanto non indicata in dichiarazione, sussistesse il delitto di cui all'art. 3 contestato, senza peraltro motivare esaurientemente circa i mezzi fraudolenti che i ricorrenti avrebbero posto in essere per ostacolare l'accertamento, limitandosi ad affermare che la stessa sarebbe pur sempre "un'imposta fraudolentemente risparmiata"».
E precisa: «Dato che la giurisprudenza ha affermato che ai fini della sussistenza del reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 3, è necessario non solo che il contribuente indichi nelle dichiarazioni annuali un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi (che superino gli importi ivi indicati) e che sussista il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull'IVA, ma che ciò avvenga sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili e, infine, che il soggetto si sia avvalso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento della falsa rappresentazione».
La Cassazione ritiene quindi la doglianza meritevole di essere accolta: « nel caso di specie non vi sarebbe stata alcuna "indicazione" nella dichiarazione IVA 2010 di un costo indetraibile perché asseritamente non inerente, e ciò è sufficiente ad escludere la rilevanza penale - quantomeno con riferimento alle predette fatture passive relative ai canoni di leasing del Pershing 76 e al prezzo di riscatto dell'imbarcazione medesima -, non rilevando la questione dell'uso improprio della norma tributaria dell'art. 8 bis, d.P.R. n. 633 del 1972 di cui potrebbe, eventualmente, discutersi in sede tributaria, ma da cui non sarebbero desumibili utili elementi per ritenere configurabile il delitto addebitato».
La Corte ha ritenuto superfluo l'esame degli altri motivi di ricorso, assorbiti dall'accoglimento del motivo anziesposto, e ha annullato l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame per un nuovo esame.
Osservazioni.
La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso sulla inconfigurabilità del delitto di dichiarazione fraudolenta nel caso di fatture di acquisto emesse in regime di non imponibilità IVA ex art. 8bis del D.P.R. n. 633/1972, dalla registrazione delle quali non vi è alcuna "indicazione" nella dichiarazione IVA di un costo indetraibile perché asseritamente non inerente.
L'uso improprio del regime previsto dall'art. 8bis del D.P.R. n. 633/1972 può rilevare in sede tributaria, ma non attribuisce rilevanza penale proprio perché non vi è stata alcuna attività posta in essere per ostacolare l'accertamento, né indicazione nella dichiarazione IVA di un costo indetraibile perché asseritamente non inerente.
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