La letteratura esibizionista - O delle presenze ingombranti nei libri di oggi
Pubblicato il 03/12/21 23:00 [Doc.9920]
di Giovanni Zagni, direttore dei progetti di fact-checking PagellaPolitica e Facta.


Non è più tempo di movimenti e manifesti, e non accade più quindi che uno scrittore o un gruppo di scrittori dica che cosa vuole fare con la propria arte e come e perché. Chissà quali sono i motivi di questa reticenza e chissà se invece non si tratti di mia ignoranza: magari in realtà da qualche parte c'è un grande fervore di testi programmatici. Se così è, però, quei testi faticano ad arrivare all'attenzione non dico dell'uomo della strada - che forse a quel tipo di cose non è mai stato troppo interessato - ma per lo meno al lettore curioso. L'ultimo esempio italiano a mia memoria è stato il New Italian Epic di Wu Ming, che ha poco più di dieci anni e, bisogna ammettere, è invecchiato assai male.

Anche se mancano le dichiarazioni di intenti, però, ci sono comunque alcune caratteristiche della letteratura italiana di oggi, tratti comuni che si ritrovano in opere anche molto diverse tra loro. E la principale, mi sembra, è la presenza ingombrante - troppo ingombrante - dello scrittore nella pagina. Non parlo soltanto dell'utilizzo della prima persona singolare, che esiste da sempre e che è spesso un espediente per la selezione del punto di vista, della prospettiva da cui raccontare una storia (nessuno pensa, leggendo l'incipit di Moby Dick, che in quel «Chiamatemi Ismaele» sia davvero Melville a parlare); parlo proprio del fatto che, all'uso della prima persona, si accompagni l'inserzione dell'autore, della sua biografia, voce e pensieri tra le pagine di un'opera che si vuole letteraria.
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