Prosegue, a vele spiegate, il percorso giurisprudenziale di "neutralizzazione" delle modifiche apportate dalla Legge Fornero
Pubblicato il 26/04/22 00:00 [Doc.10516]
di Redazione IL CASO.it


di Fatigato - Avvocati Giuslavoristi

Prosegue, a vele spiegate, il percorso giurisprudenziale di "neutralizzazione" delle modifiche apportate dalla Legge Fornero all'art. 18 L. 300/70 e della ratio della riforma normativa, che era quella di prevedere, come rimedio generale avverso i licenziamenti illegittimi, quello risarcitorio, limitando la reintegra a vizi dell'atto di recesso residuali e tipizzati.
In particolare, dopo aver esteso la tutela reintegratoria sostanzialmente a tutte le ipotesi di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (equiparando la violazione del repechage alla manifesta insussistenza della causale giustificatrice del recesso), ora i Giudici di legittimità hanno completato la stessa operazione estensiva anche con riferimento ai licenziamenti disciplinari, ritenendo che debba applicarsi la tutela reintegratoria perché la condotta rientra tra quelle punibili con sanzioni conservative secondo le previsioni del CCNL applicato al rapporto di lavoro, "anche laddove tale previsione sia espressa attraverso clausole generali o elastiche".
In sostanza, in contrasto con i principi ispiratori della riforma Fornero (giusti o sbagliati che siano) e, soprattutto, in contrasto con la volontà espressa a chiare lettere dal legislatore (a cui, nella ripartizione tra poteri dello Stato, è riservata la scelta "politica" in merito alla tutela da accordare avverso i licenziamenti illegittimi), a distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore, la giurisprudenza ha "capovolto" l'impostazione normativa, facendo nuovamente assurgere la tutela reintegratoria a tutela generale in caso di licenziamento illegittimo sia economico che disciplinare e relegando la tutela indennitaria a limitate ipotesi residuali.


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