Vietare al dipendente di indossare il velo islamico non è discriminatorio
Pubblicato il 15/03/17 08:31 [Doc.2676]
di Redazione IL CASO.it


Corte Giust. UE, Grande Sezione, sentenza 14 marzo 2017, causa C-157/15

RINVIO PREGIUDIZIALE – POLITICA SOCIALE – DIRETTIVA 2000/78/CE – PARITÀ DI TRATTAMENTO – DISCRIMINAZIONE BASATA SULLA RELIGIONE O SULLE CONVINZIONI PERSONALI – REGOLAMENTO INTERNO DI UN’IMPRESA CHE VIETA AI DIPENDENTI DI INDOSSARE SUL LUOGO DI LAVORO SEGNI VISIBILI DI NATURA POLITICA, FILOSOFICA O RELIGIOSA – DISCRIMINAZIONE DIRETTA – INSUSSISTENZA – DISCRIMINAZIONE INDIRETTA – DIVIETO POSTO AD UNA DIPENDENTE DI INDOSSARE IL VELO ISLAMICO

L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva.
Siffatta norma interna di un’impresa privata può invece costituire una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro da essa previsto comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia, a meno che esso sia oggettivamente giustificato da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, e che i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare.


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