Il giudice che liquida il compenso dell'avvocato non può fare riferimento a criteri integrativi e adeguatori rispetto a quanto previsto dall'art. 82 DPR 115 del 2002
Pubblicato il 11/05/19 00:00 [Doc.6226]
di Redazione IL CASO.it


I criteri cui l'autorità giudiziaria ha l'obbligo di attenersi nella liquidazione degli onorari e delle spese ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 devono ritenersi esaustivi per cui il giudice non può fare riferimento a criteri integrativi e adeguatori non essendo operante il D.M. n. 127 del 2004, sia per l'espresso divieto di detto art. 82 sia perché già la norma contempla la natura dell'impegno professionale.


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Corte di Cassazione, sez. II Civile, 8 maggio 2019, n. 12092. Presidente Gorjan. Relatore Correnti

Fatto e diritto
L'Avv. M.M. propone ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia, che resiste con controricorso, avverso la ordinanza del Tribunale di Tivoli del 13.1.2015 che, in riforma del decreto impugnato di liquidazione dell'importo di Euro 20.000 oltre accessori per patrocinio a spese dello Stato, quale difensore delle parti offese C.A. e Ca.Mo. , in proprio e nella qualità di genitori della minore C.G. , nonché di Ca.Em. e Ma.Ba. , nella qualità di genitori delle minori Ca.Ve. e Ma. , ha liquidato Euro 21.612, 30 a a titolo di onorari oltre il 12% di rimborso spese forfettarie, IVA e cpa.
Con relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stato proposto il rigetto del ricorso ma, con ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile 14 giugno-4 agosto 2016, dato atto della memoria del ricorrente, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza della seconda sezione civile non sussistendo i presupposti di evidenza decisoria che consentivano la definizione del ricorso in camera di consiglio.
Il ricorrente denunzia 1) violazione di norme di diritto con specifico riguardo al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 ed al D.M. n. 127 del 2004, artt. 2 e 4 circa la possibilità di aumento in ragione del particolare impegno, della complessità dei fatti e per le questioni giuridiche trattate, riconosciuti nei provvedimenti impugnati; 2) violazione del D.M. n. 127 del 2004, art. 4 cap. H tariffa penale, tabella C voce 6.2 nella parte in cui l'ordinanza ritiene che l'istanza di liquidazione non possa contenere la richiesta di più onorari, anzicché di un'unica tariffa con riferimento ai più testi escussi nella singola udienza; 3) violazione dell'art. 3 della detta tariffa per l'aumento del 40% per due sole ulteriori parti in luogo di quello dovuto del 120%.
Le censure tendono ad una rilettura degli atti non consentita in questa sede e sono inidonee a ribaltare la motivazione della sentenza.
Il collegio condivide e fa propria la relazione ex art. 380 bis c.p.c. che ha richiamato giurisprudenza di questa sezione (Cass. 2.2.2011 n. 2445) secondo la quale i criteri cui l'autorità giudiziaria ha l'obbligo di attenersi nella liquidazione degli onorari e delle spese ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 devono ritenersi esaustivi per cui il giudice non può fare riferimento a criteri integrativi ed adeguatori non essendo operante il D.M. n. 127 del 2004, sia per l'espresso divieto di detto art. 82 sia perché già la norma contempla la natura dell'impegno professionale.
Ad integrazione osserva:
In relazione al primo motivo sostanzialmente ci si lamenta del mancato aumento per la riconosciuta complessità dell'impegno professionale ma, così come proposta, la doglianza non coglie nel segno ed è contraddittoria.
Il riferimento al complesso dibattimento svoltosi a carico di cinque imputati e alla presenza di diciotto parti civili protrattosi per oltre trenta udienze, come riconosciuto dalla ordinanza, non è di per sé indicativo del particolare impegno del difensore che nemmeno indica la complessità dei fatti e delle questioni giuridiche trattate. Infondato è il secondo motivo perché l'escussione di più testi nella stessa udienza non dà luogo a più onorari e difetta di autosufficienza non fornendo elementi concreti Cass. n. 26643/2011).
Quanto al terzo motivo la maggiorazione del 20% per ogni parte è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito (Cass. 8.7.2010 n. 16153) per cui è insindacabile in cassazione.
In definitiva il ricorso va rigettato con condanna alle spese.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4000 oltre spese prenotate a debito, dando atto dell'esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell'ulteriore contributo unificato.


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