In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca non può essere adottato sui beni già assoggettati al fallimento
Pubblicato il 10/07/19 00:00 [Doc.6439]
di Redazione IL CASO.it


In caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi; a tal fine, non è sufficiente la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all'indagato.

[Nel caso di specie, il tribunale del riesame non ha minimamente indicato se il sequestro della somma giacente sul libretto vincolato all'ordine del giudice delegato del fallimento sia stato eseguito ai fini della confisca diretta del profitto o per equivalente; l'individuazione della finalità del vincolo è infatti rilevante, perchè, ove il sequestro abbia avuto ad oggetto il profitto del reato, è comunque consentita la prova della provenienza della somma da attività lecita del terzo; ove invece il sequestro della somma sia finalizzato alla confisca per equivalente, deve tenersi conto che il deposito della somma è avvenuto dopo il fallimento e prima del sequestro.


In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.

* * *
Cass. pen. Sez. III, 2 luglio 2019, n. 28583.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente -
Dott. GALTERIO Donatella - Consigliere -
Dott. CERRONI Claudio - Consigliere -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
Dott. SEMERARO Luca - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Svolgimento del processo
1. In esecuzione del decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna del 26 ottobre 2018, per quanto qui interesse, è stato disposto il sequestro preventivo di un immobile di proprietà di A.S. nonchè di un conto corrente a lei intestato, con delega al marito F.F..
Nei confronti dei rappresentanti legali, formali e di fatto, della s.r.l. (*) il sequestro preventivo è stato disposto in relazione ai reati D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 2 (capo r), D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 (capo s), D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11 (capo t).
In esecuzione del decreto genetico, è stato disposto il sequestro preventivo della somma di Euro 82.096,01 depositata dalla s.r.l. Co. su un libretto vincolato all'ordine del giudice delegato del fallimento della s.r.l. (*), dichiarato con la sentenza del Tribunale di Ravenna del 2 novembre 2017.
1.1. Il Tribunale di Ravenna ha rigettato il riesame proposto da A.S. e da G.F., legale rappresentante della s.r.l. Co., con ordinanza depositata il 10 gennaio 2010.
1.2. Dall'ordinanza emerge che con decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna del 26 ottobre 2018 è stato disposto il sequestro preventivo delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità di F.F., oltre che degli altri concorrenti, indagato per i reati contestati sub capi h, i, j, k, l, m, n, o, non meglio indicati, quale amministratore di fatto della D.S.C. s.r.l., per avere emesso fatture per operazioni inesistenti in favore di (*) s.r.l. e New Tecnology s.r.l. individuando il profitto in 1.815.661,65. In subordine, nel caso di impossibilità di eseguire il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, è stato disposto il sequestro preventivo per equivalente sui beni immobili e mobili registrati di F.F. e degli altri coindagati.
Quanto alla posizione di F.F., nell'ordinanza si riporta un solo capo di imputazione relativo al reato D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 8.
Dal decreto genetico F.F. risulta indagato, quale amministratore di fatto della D.S.C. s.r.l. dal 17 marzo al 22 ottobre 2014, per i reati D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 4 (capo i), D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 (capo k), D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-quater (capo m), D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11 (capo N), art. 640 c.p., comma 2 (capo o).
2. Il difensore di A.S. ha proposto il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Ravenna depositata il 10 gennaio 2010 deducendo il vizio di violazione di legge.
In sintesi, il Tribunale del riesame non avrebbe risposto ai motivi di riesame con i quali si era contestata la possibilità di eseguire il sequestro preventivo per equivalente su beni immobili e denaro del terzo A.S..
2.1. Quanto all'immobile, con il riesame si era rilevato sia che era di proprietà della ricorrente sia che era stato acquistato dall'indagato F.F. nel 2008, previa concessione di un mutuo.
Il Tribunale del riesame non avrebbe neanche risposto al motivo di riesame sull'assenza di periculum in mora in relazione all'immobile, sulla mancanza di collegamento tra il bene sottoposto a sequestro ed il profitto del reato.
Il Tribunale del riesame avrebbe poi applicato al sequestro per equivalente dell'immobile gli stessi principi del sequestro finalizzato alla confisca diretta del denaro, in violazione dei principi giurisprudenziali indicati nel ricorso.
Mancherebbe, per l'epoca di acquisto, il collegamento eziologico tra il bene ed il reato; si rileva infine che è la ricorrente, come indicato con i documenti allegati al riesame, a pagare il mutuo mediante i propri redditi.
2.2. Quanto al sequestro sui conti correnti intestati alla ricorrente sui quali il marito indagato F.F. è titolare di delega ad operare, il Tribunale del riesame avrebbe omesso di rispondere all'istanza di riesame con la quale si era dedotto, mediante la produzione documentale, che sui conti correnti transitavano solo i proventi dell'attività lavorativa della ricorrente: che pertanto il sequestro preventivo era illegittimo. La delega infatti consente al marito di disporre delle dei denari della ricorrente.
3. Il procuratore speciale di G.F., legale rappresentante della s.r.l. Co., ricorre per la cassazione dell'ordinanza del Tribunale del riesame di Ravenna del 10 gennaio 2019.
Rileva il ricorrente di aver proposto riesame avverso il decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna del 26 ottobre 2018 in esecuzione del quale era stato disposto il sequestro preventivo della somma di Euro 82.096,01 depositata dalla s.r.l. Co. su un libretto vincolato all'ordine del giudice delegato del fallimento della s.r.l. (*), dichiarato con la sentenza del Tribunale di Ravenna del 2 novembre 2017.
Secondo la scrittura privata del 21 luglio 2017, la somma non era entrata a far parte dell'attivo fallimentare ma era rimasta in deposito.
3.1. Segnala il ricorrente che la somma di Euro 58.499,95 era pari all'importo dovuto da s.r.l. Co. a s.r.l. (*); tale società aveva però ceduto il credito ad istituti di credito in data anteriore al fallimento.
La somma era stata solo depositata e non acquisita all'attivo del fallimento in quanto la curatela si era impegnata a versarla agli istituti di credito ove le azioni di revocatoria, che il curatore avrebbe proposto, non avessero avuto effetto.
3.2. La somma di Euro 23.596,09 era detenuta in deposito dal fallimento della s.r.l. (*) e rappresentava il residuo credito di (*) per ragioni contributive; la somma era stata versata da s.r.l. Co. quale debitore solidale. La somma, secondo la scrittura privata del 21 luglio 2018, era tenuta in deposito dalla curatela; nel caso di esito positivo dell'azione giudiziale dell'ente previdenziale, il fallimento avrebbe restituito la somma in deposito a s.r.l. Co. la quale avrebbe così, con tale importo, estinto il debito verso l'ente previdenziale.
Secondo il ricorrente, pertanto si era dimostrato che la somma di denaro non era mai stata acquisita al patrimonio di (*) s.r.l.; sicchè non avrebbe potuto essere sottoposta a sequestro preventivo, essendo di s.r.l. Co., quale terzo estraneo al reato.
Per altro, ove fosse stato confermato il sequestro preventivo, la s.r.l. Co. avrebbe dovuto corrispondere agli istituti di credito ed all'ente previdenziale le somme già corrisposte, depositate sul libretto e sottoposte a sequestro.
Il deposito della somma da parte di s.r.l. Co. dimostrava altresì che la somma non costituiva il profitto rimasto nella disponibilità dell'ente destinatario del provvedimento di sequestro.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto la carenza di interesse ad impugnare della s.r.l. Co., in quanto non avrebbe diritto alla restituzione delle somme di denaro che spetterebbero agli istituti di credito; per l'altra parte la somma sarebbe sottoposta a condizione e quindi non era azionabile.
3.3. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge rilevando che, quanto alla somma oggetto di cessione agli istituti di credito, il sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari era stato autorizzato sulle somme depositate nel sistema bancario, non sui crediti di (*).
Sulla somma di denaro (*) non aveva ottenuto la proprietà perchè non era avvenuta la consegna del denaro da s.r.l. Co. alla (*), nè erano stati effettuati pagamenti prima del fallimento.
Nè l'effetto traslativo era avvenuto, in quanto la somma non era stata consegnata al fallimento (*) ma solo versata in deposito vincolato, e tenuta distinta dall'attivo fallimentare, per tutelare sia le ragioni di s.r.l. Co. che del fallimento.
Pertanto, la proprietà delle somme di denaro era rimasta in capo alla s.r.l. Co., con conseguente diritto alla restituzione ed interesse ad impugnare.
S.r.l. Co. è terza rispetto al sequestro e non può subire l'ablazione delle somme di sua proprietà.
La conclusione del Tribunale del riesame che la restituzione delle somme spetterebbe agli istituti di credito cessionari dei crediti di (*) verso s.r.l. Co. sarebbe poi errata; l'interesse degli istituti di credito sussisterebbe in caso di sequestro preventivo dei crediti, ceduti anteriormente al fallimento ed al sequestro, e come tali già fuoriusciti dalla disponibilità di (*).
Invece, il sequestro preventivo ha ad oggetto le somme depositate da s.r.l. Co. che rappresentano il corrispettivo ma non il credito.
L'interesse sussiste in capo a s.r.l. Co., in quanto rischierebbe la duplicazione del pagamento, ove la somma non le fosse restituita.
3.4. Quanto alla somma di Euro 25.596,09, oggetto del vincolo di solidarietà D.Lgs. n. 273 del 2006, ex art. 29, si rileva che la stessa non è mai entrata a far parte del patrimonio della (*) nè dell'attivo fallimentare, essendo in mero deposito.
Si rileva poi che l'esistenza della condizione non esclude che il diritto di proprietà sulla somma sia di s.r.l. Co., come pattuito nella scrittura privata del 21 luglio 2018. Vi è poi l'interesse a che la somma non sia confiscata perchè s.r.l. Co., ove si verifichi la condizione, ha diritto alla restituzione della somma data in deposito.

Motivi della decisione
1. Il ricorso di A.S. è fondato nel senso che segue.
1.1. In punto di diritto va ribadito il principio di diritto espresso da Cass. Sez. 3, n. 35771 del 20/01/2017, Akhmedova, Rv. 270798 - 01, per il quale in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi; a tal fine, non è sufficiente la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all'indagato.
1.2. Orbene, rispetto ai motivi di riesame, la motivazione è del tutto assente: quanto ai conti correnti, la difesa aveva dedotto, mediante la produzione documentale, che le somme giacenti sul conto corrente fossero nella esclusiva disponibilità della ricorrente perchè provenienti da lecite fonti di reddito.
Il Tribunale del riesame non ha minimamente preso in esame il motivo e la documentazione prodotta, ritenendo sufficiente la sussistenza della sola delega. E' stata pertanto totalmente omessa la motivazione sia rispetto al motivo di riesame sia rispetto alla sussistenza della disponibilità delle somme di denaro in capo all'indagato.
1.3. Analoghe considerazioni valgono quanto all'immobile: la motivazione sulla disponibilità in capo all'indagato è del tutto assente, perchè ci si limita ad affermare che il bene è nella disponibilità dell'indagato pur se formalmente intestato alla moglie ricorrente.
La motivazione è del tutto assente sul perchè l'immobile sia solo formalmente intestato alla ricorrente e non nella sua effettiva disponibilità.
Va ricordato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza il caso della motivazione mancante si risolve in una violazione di legge per la mancata osservanza dell'obbligo stabilito dall'art. 125 c.p.p..
1.4. Si impone pertanto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata ad altra sezione del Tribunale di Ravenna sezione riesame misure cautelari reali affinchè sia data concreta risposta ai motivi di riesame.
2. Anche il ricorso proposto da G.F., quale legale rappresentante della s.r.l. Co., è fondato.
2.1. Va in primo luogo osservato che il Tribunale del riesame non ha minimamente indicato se il sequestro della somma giacente sul libretto vincolato all'ordine del giudice delegato del fallimento della s.r.l. (*) sia stato eseguito ai fini della confisca diretta del profitto o per equivalente.
L'individuazione della finalità del vincolo è infatti rilevante, perchè, ove il sequestro abbia avuto ad oggetto il profitto del reato, è comunque consentita la prova della provenienza della somma da attività lecita del terzo; ove invece il sequestro della somma sia finalizzato alla confisca per equivalente, deve tenersi conto che il deposito della somma è avvenuto dopo il fallimento della s.r.l. (*) e prima del sequestro.
Va ribadito il principio espresso da Cass. Sez. 3, n. 45574 del 29/05/2018, Angelillis, Rv. 273951 - 01, per cui in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.
2.2. Soprattutto, il Tribunale del riesame non ha risposto al motivo di riesame sulla natura giuridica del deposito della somma di denaro; la tesi difensiva, per la quale, essendo stata la somma solo depositata, è rimasta di proprietà del depositante, è rimasta priva di risposta.
Il Tribunale del riesame si è limitato a verificare il diritto alla restituzione senza però rispondere al motivo sulla proprietà della somma; per altro, la tesi difensiva si fonda sull'accordo tra la s.r.l. Co. e la procedura fallimentare di fatto, documentazione, così come il motivo, non valutata.
Le somme infatti non sono confluite nella massa fallimentare ma risultano effettivamente, allo stato, in deposito, in vista dell'avveramento della condizione.
Pertanto, si impone l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata ad altra sezione del Tribunale del riesame per nuovo giudizio su tali punti.

P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata limitatamente ai beni sequestrati ad A.S. e S.r.l. Co. e rinvia sul punto al Tribunale di Ravenna sezione riesame misure cautelari reali.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019.


© Riproduzione Riservata