Richiamo della CTU nella sentenza, scomposizione della rata di mutuo in quota interessi e quota capitale
Pubblicato il 14/09/19 00:00 [Doc.6568]
di Redazione IL CASO.it


Segnalazione e redazione a cura avv. Patrizio Melpignano

Non è viziata da carenza o contraddittorietà di motivazioni la sentenza che aderisca integralmente, richiamandole, alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, ritenendole giustificate e immuni da vizi logici.

Non vi è contraddittorietà in una CTU che riconosca la determinatezza dei tassi di interesse e affermi al contempo l'impossibilità di accertare il debito residuo per capitale, essendo rilevabile solo l'ammontare della rata senza possibilità di scomporla in quota capitale e quota interessi. Una cosa, infatti, è stipulare un contratto che presenta tassi sufficientemente determinati, altro è, invece, constatare di non poter scomporre per carenza di documentazione l'addebito della rata in quota interessi e quota capitale. Ciò, a maggior ragione, nel caso in cui la difficoltà incontrata dal CTU derivi dall'insufficienza della documentazione prodotta in causa, documentazione che era onere dell'attore produrre a sostegno delle proprie doglianze.

Errata è la prospettazione che, in tema di verifica del superamento del tasso soglia d'usura, opera la somma algebrica di interessi corrispettivi e moratori, posto che la rilevazione statistica che porta alla determinazione del TEGM (il cui valore, maggiorato di ¼, aumentato di 4 punti percentuali, è dato base per la verifica dell'usurarietà dei tassi) non comprende i tassi di mora praticati dagli operatori bancari e dagli intermediari finanziari. L'eterogeneità dei due interessi è ulteriormente dimostrata dal fatto che gli interessi corrispettivi si calcolano sulla quota di capitale ancora dovuta mentre gli interessi moratori si riferiscono al complesso della rata.

La previsione di una clausola di salvaguardia che preveda la correzione del tasso di interessi moratori nel caso in cui questo dovesse risultare superiore al tasso soglia d'usura è certamente valida nella misura in cui non preveda il meccanismo, giudicato illegittimo dalla Cass. Civ. n. 12965/16, che fa obbligo al debitore di corrispondere le somme dovute a titolo di interessi usurari, con possibilità di richiederne la restituzione solo successivamente.


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