La giurisprudenza arbitrale in tema di "decesso di un cointestatario di c/c e conseguente operatività consentita dalla banca a quello superstite".
Pubblicato il 13/07/20 16:28 [Doc.7853]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


La decisione n. 546 dell'ABF, Collegio di Milano, del 14 gennaio 2020.

La questione sottoposta al Collegio Abf milanese concerne l'accertamento dell'illegittimità del comportamento dell'intermediario per aver permesso al cointestatario di un conto corrente a firma disgiunta di effettuare un'operazione dell'importo di € 9.000,00, che ha sostanzialmente prosciugato il saldo del suddetto c/c, e leso il diritto del ricorrente all'eredità legittima;viene contestato il comportamento tenuto dall'intermediario il quale non ha bloccato il conto corrente, di cui il padre del ricorrente era cointestatario, consentendone la movimentazione anche dopo la morte del contitolare da parte del cointestatario in vita. Secondo l'Abf lombardo la banca non può rifiutarsi di eseguire gli ordini disposti da uno dei contestatari con firma disgiunta relativi alle somme presenti sul conto corrente, in quanto la posizione dei cointestatari è quella propria dei creditori in solido, e dunque ciascuno di loro ha diritto di ottenere l'intera prestazione dal debitore, il quale è perciò liberato una volta eseguita la propria prestazione ad uno soltanto dei creditori solidali. Da tempo la giurisprudenza Abf ha sottolineato come sull'intermediario gravi un obbligo di approfondimento delle scelte o delle richieste avanzate dal cliente ove ricorrano circostanze anomale, come, ad esempio, richieste di prelievo di somme in contanti non in linea con la normale operatività del cliente, richiesta di effettuare operazioni mai eseguite per importi non trascurabili, allo scopo di prevenire le conseguenze di eventuali truffe alla clientela più bisognosa di protezione, come ad esempio quella composta da persone anziane, sulle quali anche l'ABI ha ripetutamente richiamato l'attenzione degli intermediari. Allo stesso tempo, ha però costantemente ritenuto che il criterio di auto responsabilità della clientela debba essere assolutamente preponderante, allo scopo di evitare cautele esagerate, le quali finirebbero con il produrre effetti di incapacitazione di tali categorie di correntisti, della cui qualità della vita si determinerebbe così il sicuro peggioramento. Ne consegue che, in assenza di evidenti anomalie o del carattere inusuale delle operazioni contestate, come nel caso di specie (girofondi su altro conto già accesso presso l'intermediario), le esigenze di tutela di tali categorie di correntisti, e fra queste anche dei contitolari dei rapporti bancari rimasti estranei ad operazioni effettuate dal cointestatario degli stessi, debbano cedere innanzi alla necessità di evitare che agli intermediari sia consentito di interferire arbitrariamente con le libere e legittime scelte di autonomia privata assunte dalla propria clientela. In conclusione, il Collegio milanese ritenendo che non vi fosse in capo all'intermediario alcun obbligo giuridico di valutazione delle operazioni su un conto corrente cointestato a firma disgiunta in mancanza di una oggettiva anomalia, nel caso di specie non ravvisabile, ha rigettato il ricorso de quo.



A proposito della decisione in commento non si può non evidenziare come nessuna considerazione e/o accenno venga espresso a proposito della ben nota Decisione n. 5305/2013 del Collegio di coordinamento, come invece, per esempio, svolto dalla Decisione n. 9454 del 31 luglio 2017 del Collegio di Palermo. In tale contesto, infatti, proprio sulla scorta di quanto rilevato dal Collegio di Coordinamento con la sopra richiamata pronuncia, si evidenzia - da parte dell'Abf palermitano - che l'evento morte di uno dei cointestatari del conto determina un vincolo di indisponibilità sulla quota caduta nell'asse ereditario, fintantoché non venga presentata la denuncia di successione o la cd "dichiarazione negativa" di cui all'art. 28 del d. lgs n. 346/1990. Tale adempimento è, difatti, considerato dal Collegio quale condizione senza la quale la Banca può legittimamente rifiutare le richieste del cointestatario, per quanto questi sia legittimato ad esigere la liquidazione dell'intera somma di cui al conto corrente. Il Collegio di Coordinamento ha, difatti, chiarito che la permanenza della legittimazione in capo ai cointestatari nonostante la morte di uno di essi è vicenda che attiene esclusivamente al rapporto negoziale inter partes, che non può pregiudicare le posizioni dei terzi, quale l'Amministrazione finanziaria; tanto più se i diritti dei terzi siano riconosciuti da una disposizione avente natura imperativa, qual è quella tributaria. Sulla base di tali argomentazioni, il Collegio di Coordinamento ha statuito che "La disposizione di cui all'art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l'intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di una impossibilità giuridica sopravvenuta, come descritta dall'ordinanza di rimessione), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione; non a caso, la normativa speciale prevede l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 53 t.u., nel caso in cui l'istituto di credito provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità che grava sulla quota caduta nell'asse ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri cointestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano alla presentazione della documentazione successoria".



In buona sostanza, l'ABF, riconoscendo, come detto, alla normativa tributaria natura imperativa", in virtù della sanzione amministrativa ex art. 53 del testo unico dell'imposta sulla successioni e donazioni, precisa che l'istituto, con la propria condotta, non può pregiudicare i diritti dei terzi, e in particolare quelli dell'Amministrazione Finanziaria e - ragionando a contrario - conclude che se la banca dovesse chiudere i rapporti e trasferire i saldi su intestazioni diverse, si consentirebbero "facili pratiche elusive della normativa fiscale".[1]



Resta salva la possibilità per il cointestatario di disporre della somma di sua spettanza, che in virtù di quanto previsto dall'art. 1298, comma 2, c.c. ( "le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulta diversamente"), è pari al 50% del saldo attivo, in assenza di diverse indicazioni. Il cointestatario potrebbe, invece, ottenere lo svincolo della quota caduta in successione solo a seguito della documentazione di cui sopra.



Donato Giovenzana - Legale d'impresa




[1] Vds. Decisione n. 2938 del 01 febbraio 2018, conformi n. 4218 del 20 febbraio 2018, n. 5470 del 08 marzo 2018, n. 11374 del 24 maggio 2018.


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