L'integrazione salariale ai soli lavoratori disabili che abbiano presentato un certificato può costituire discriminazione
Pubblicato il 27/01/21 08:16 [Doc.8580]
di Redazione IL CASO.it


Corte di giustizia dell'Unione europea
COMUNICATO STAMPA n. 9/21
Lussemburgo, 26 gennaio 2021

Sentenza nella causa C-16/19 VL / Szpital Kliniczny im. dra J. Babi?skiego Samodzielny Publiczny Zak?ad Opieki Zdrowotnej w Krakowie

La prassi di un datore di lavoro, consistente nel versare un'integrazione salariale ai soli lavoratori disabili che abbiano presentato un certificato di riconoscimento di disabilità dopo una certa data da lui fissata, può costituire una discriminazione diretta o indiretta fondata sulla disabilità

VL ha lavorato presso un ospedale a Cracovia (Polonia) dall'ottobre 2011 al settembre 2016. Nel dicembre 2011, ha ottenuto un certificato di riconoscimento di disabilità, che ha trasmesso al suo datore di lavoro lo stesso mese. Al fine di ridurre l'importo dei contributi dell'ospedale al Fondo statale per la riabilitazione delle persone disabili, il direttore di tale ospedale ha deciso, al termine di una riunione con il personale tenutasi nella seconda metà del 2013, di concedere un'integrazione salariale mensile ai lavoratori che gli avessero presentato, successivamente a detta riunione, un certificato di riconoscimento della loro disabilità. Sulla base di tale decisione, l'integrazione salariale è stata concessa a tredici lavoratori che hanno presentato il proprio certificato dopo tale riunione, mentre altri sedici lavoratori, tra i quali VL, che l'avevano trasmesso prima, non ne hanno beneficiato.
Poiché il ricorso presentato contro il suo datore di lavoro è stato respinto in primo grado, VL ha proposto appello dinanzi al S?d Okr?gowy w Krakowie (Tribunale regionale di Cracovia), giudice del rinvio. A suo avviso, la prassi del suo datore di lavoro, che ha comportato l'esclusione di taluni lavoratori disabili dal beneficio di un'integrazione salariale concessa ai lavoratori disabili e che mirava esclusivamente a ridurre i contributi dell'ospedale, esortando i lavoratori disabili che non avessero ancora trasmesso un certificato di disabilità a farlo, è contraria al divieto di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sulla disabilità, previsto dalla direttiva 2000/78 1 .
Ciò premesso, nutrendo dubbi sull'interpretazione dell'articolo 2 di detta direttiva e, in particolare, sulla questione se possa configurarsi una discriminazione, ai sensi di tale disposizione, allorché viene operata una distinzione da parte di un datore di lavoro all'interno di uno stesso gruppo di lavoratori contraddistinti da una medesima caratteristica protetta, il giudice del rinvio ha deciso di sottoporre una questione alla Corte. Esso chiede se la prassi di un datore di lavoro consistente nell'escludere, a decorrere da una data fissata dal medesimo, dal beneficio di un'integrazione salariale versata ai lavoratori disabili dietro presentazione di un certificato di riconoscimento di disabilità coloro che avevano già presentato il loro certificato prima della suddetta data possa costituire una discriminazione ai sensi della disposizione citata.
Giudizio della Corte La Corte, riunita in Grande Sezione, verifica, in un primo momento, se una differenza di trattamento che si verifica all'interno di un gruppo di persone disabili possa rientrare nella «nozione di discriminazione», di cui all'articolo 2 della direttiva 2000/78. A tale riguardo, essa rileva che il tenore letterale di tale articolo non consente di statuire che, nel caso di tale motivo protetto, il divieto di discriminazione previsto dalla direttiva in questione sarebbe limitato alle sole differenze di trattamento esistenti tra persone disabili e persone non disabili. Neanche il contesto nel quale tale articolo si inserisce contiene una simile limitazione. Quanto all'obiettivo perseguito da tale direttiva, esso depone a favore di un'interpretazione secondo la quale detta direttiva non limita la cerchia delle persone rispetto alle quali può essere effettuato un confronto, al fine di individuare una discriminazione fondata sulla disabilità, a quelle non disabili. La Corte constata altresì che, se è vero che i casi di discriminazione fondata sulla disabilità ai sensi della medesima direttiva sono, di norma, quelli in cui persone disabili sono oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto a persone non disabili, la tutela conferita da tale direttiva sarebbe tuttavia attenuata se una fattispecie in cui una simile discriminazione si verifichi all'interno di un gruppo di persone che presentano tutte una disabilità si sottraesse, per definizione, al divieto di discriminazione da essa previsto. Il principio della parità di trattamento sancito dalla direttiva 2000/78 è infatti volto a tutelare un lavoratore che presenta una disabilità contro qualsiasi discriminazione basata su di essa, non solo rispetto ai lavoratori non disabili, ma anche rispetto agli altri lavoratori disabili.
La Corte valuta in un secondo momento se la prassi controversa possa costituire una discriminazione fondata sulla disabilità, vietata dalla direttiva 2000/78. Essa indica in primo luogo, a tale proposito, che, allorché un datore di lavoro tratta un lavoratore meno favorevolmente di un altro dei suoi lavoratori in una situazione analoga e, alla luce di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, consta che tale trattamento sfavorevole è effettuato sulla base della disabilità di questo primo lavoratore, in quanto si basa su un criterio inscindibilmente legato a tale disabilità, un trattamento del genere è contrario al divieto di discriminazione diretta di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78. Poiché la prassi controversa è all'origine di una differenza di trattamento tra due categorie di lavoratori disabili che si trovano in una situazione analoga, è compito del giudice del rinvio stabilire se la condizione temporale imposta dal datore di lavoro per beneficiare dell'integrazione salariale in questione, ossia la presentazione del certificato di riconoscimento di disabilità successivamente alla data fissata dal medesimo, costituisca un criterio inscindibilmente legato alla disabilità dei lavoratori ai quali tale integrazione è stata negata. La Corte rileva al riguardo che, nel caso di specie, il datore di lavoro non sembra aver consentito ai lavoratori disabili che avevano già presentato il loro certificato prima di tale data di presentarlo nuovamente o di depositarne uno nuovo, sicché tale prassi potrebbe aver posto definitivamente nell'impossibilità di soddisfare tale condizione temporale un gruppo chiaramente identificato di lavoratori, composto dall'insieme dei lavoratori disabili la cui disabilità era necessariamente nota al datore di lavoro al momento dell'istituzione di tale prassi. Infatti, questi ultimi avevano previamente ufficializzato tale status di disabilità mediante la presentazione di un certificato di riconoscimento di disabilità. Pertanto, una simile prassi può costituire una discriminazione diretta qualora sia tale da porre definitivamente nell'impossibilità di soddisfare detta condizione temporale un gruppo chiaramente identificato di lavoratori, composto dall'insieme dei lavoratori disabili la cui disabilità era necessariamente nota al datore di lavoro al momento dell'istituzione di tale prassi.
In secondo luogo, la Corte sottolinea che, qualora il giudice del rinvio dovesse, invece, constatare che la differenza di trattamento in questione risulta da una prassi apparentemente neutra, esso dovrà, per stabilire se tale prassi costituisca una discriminazione indiretta ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, verificare se essa abbia avuto l'effetto di sfavorire particolarmente persone con determinate disabilità rispetto a persone con altre disabilità e, segnatamente, di sfavorire taluni lavoratori disabili per via della particolare natura della loro disabilità, in particolare del carattere manifesto di questa o del fatto che tale disabilità richiedesse soluzioni ragionevoli. Secondo la Corte, si potrebbe infatti ritenere che siano principalmente i lavoratori con una disabilità del genere a essersi visti costretti, prima della data fissata dall'ospedale di cui trattasi, a ufficializzare il proprio stato di salute presso il medesimo, mediante la consegna di un certificato di riconoscimento di disabilità, mentre altri lavoratori con disabilità di natura diversa, perché ad esempio meno gravose o che non necessitano subito di tali soluzioni ragionevoli, potevano scegliere se effettuare o no una simile pratica. Pertanto, una prassi come quella di cui trattasi, benché apparentemente neutra, può costituire una discriminazione indirettamente fondata sulla disabilità qualora essa comporti un particolare svantaggio per taluni lavoratori disabili a seconda della natura della loro disabilità, senza essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima e senza che i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


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