La chiusura del fallimento ex art. 118 l. fall. può essere disposta, in pendenza di giudizi attivi del curatore, non solo quando c'è stata ripartizione finale dell’attivo, ma anche quando in prospettiva detta ripartizione possa compiersi.
Pubblicato il 05/03/16 15:21 [Doc.935]
di Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Forlì – 3 febbraio 2016 - Pres. rel. dr. Pazzi

Fallimento – Assenza di ripartizione dell’attivo - Chiusura del fallimento in pendenza di giudizi attivi – Probabilità di riparto futuro all’esito dei predetti giudizi - Ammissibilità

Fallimento – Assenza di ripartizione dell’attivo - Chiusura del fallimento in pendenza di giudizi attivi - Art. 118 l. fall., primo comma, n.3 (“quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo”) – Interpretazione restrittiva letterale – Esclusione – Probabilità di futuro riparto all’esito dei giudizi pendenti – Equiparazione alla fattispecie del fallimento che ha proceduto alla ripartizione dell’attivo - Ammissibilità

Può procedersi fin da subito alla chiusura del fallimento, ai sensi del novellato art. 118 l. fall., secondo comma, terzo periodo, in pendenza di giudizi per il recupero dei crediti della massa, malgrado non vi sia stata la possibilità di procedere ad alcuna ripartizione dell’attivo, ciò nonostante il disposto della novella del citato articolo si riferisca espressamente al “caso di cui al n.3” dell’art. 118, primo comma, l. fall. (prevedente appunto la chiusura del fallimento “quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo”).

La ratio della norma verrebbe infatti svilita da un’interpretazione strettamente letterale che imponga la continuazione della procedura in caso di mancanza attuale di attivo, con un’evidente ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai fallimenti che siano invece in grado di ripartire anche solo pochi spiccioli ai propri creditori.

Per non mortificare la finalità concreta perseguita dal legislatore - la cui portata sulle procedure concorsuali pendenti sarebbe significativamente ridotta da un’interpretazione strettamente letterale - il rinvio al disposto dell’art. 118 l. fall., primo comma, n.3, deve essere intesa come riferito alla natura, attuale o potenziale, della procedura piuttosto che al mero dato contabile dell’avvenuta esecuzione di un riparto di qualsiasi consistenza a seguito degli accantonamenti effettuati. Invero, il fallimento privo di attuali disponibilità liquide da ripartire, ma con cause in corso, vantando future possibilità di ripartizioni, non può essere considerato ad oggi una procedura la cui prosecuzione non consentirà di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, nel senso espressamente previsto dal n.4 del primo comma della medesima norma (c.d. fallimento a zero).

L’interpretazione del rinvio all’art. 118 l. fall., primo comma, n.3, deve dunque essere effettuata rispetto alle prospettive finali della procedura e non a quelle al momento della chiusura accelerata, nel senso che potranno essere chiusi con anticipo non solo i fallimenti che abbiano compiuto una qualche forma di ripartizione finale dell’attivo, ma anche quelli che in prospettiva futura potranno compierla, in ragione della natura e delle probabilità di successo dei giudizi pendenti già attivati dalla Curatela.

(Fattispecie di procedura fallimentare chiusa anticipatamente ex art. 118 l. fall. in pendenza di un’azione di recupero di un credito promossa dalla Curatela, ma in totale carenza di altre attività e dunque senza aver proceduto ad alcun riparto di attivo).


Non constano precedenti giurisprudenziali editi.
Nello stesso senso del provvedimento in rassegna - per cui si rende opportuna una interpretazione non strettamente letterale della norma - in dottrina Eros Ceccherini, “La chiusura del fallimento non è impedita dalla pendenza di giudizi”, IlFallimentarista, 17.2.2016, ha osservato che : “la condizione per poter chiudere la procedura fallimentare, in pendenza di giudizi, è quella prevista al punto 3 dell’art. 118 l. fall., ossia che “sia stata compiuta la ripartizione dell’attivo”. La norma prevede, dunque, quale unica condizione, che il curatore abbia compiuto la ripartizione finale dell’attivo, escludendo per conseguenza le procedure fallimentari, con giudizi pendenti, prive di liquidità da assegnare ai creditori. Una simile circostanza appare discriminante per tutte quelle procedure che non hanno attivo da distribuire, ma che, avendo di giudizi pendenti, ne ricaveranno, molto probabilmente, all’esito degli stessi”.


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