Non è violato il contraddittorio se la difesa non è compromessa
Pubblicato il 21/04/23 00:00 [Doc.11933]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


La contribuente non ha indicato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa prima dell’emissione dell’atto impositivo, idonee a modificarne l’esito

immagine generica illustrativa

Anche l'effettuazione di una singola attività di costruzione, se comporta il rilevante impiego di mezzi economici, il protrarsi nel tempo e un'apprezzabile organizzazione di fattori di produzione, configura un'attività di impresa. Valido l’avviso di accertamento per Ires, Irap ed Iva per la contribuente che ha acquistato ristrutturato e venduto sei unità abitative (Cassazione n. 36502 del 13 dicembre 2022).
L'Agenzia delle entrate ricorre contro una contribuente, per una pronuncia della Ctr a lei favorevole. I giudici di secondo grado infatti avevano accolto l’appello della controparte contro la pronuncia della Ctp che aveva respinto il ricorso proposto dalla stessa contribuente contro un avviso di accertamento per Ires, Irap e Iva inerente l’anno d’imposta 2007.
Con la sentenza impugnata in Cassazione, la Ctr del Piemonte nel merito sosteneva che, nel caso di specie, le operazioni contestate di acquisto, ristrutturazione e vendita di sei unità abitative, realizzate con la suddivisione di precedenti abitazioni dell’edificio, non fossero espressione dell'esercizio abituale di un'attività di impresa da parte della contribuente.

Con il primo motivo, l'Agenzia delle entrate ha denunziato la violazione e falsa applicazione dell'articolo 12, comma 7, legge n. 212/2000, e della sentenza Corte di giustizia Ue del 3 luglio 2014 in causa C-129/2013 Kamino in quanto la sentenza della Ctr era da ritenersi erronea, sul punto in cui i giudici avevano ritenuto illegittimo l’accertamento ai soli fini Iva in quanto non era stato redatto un pvc dal quale computarsi il termine dilatorio di sessanta giorni per l'emissione dell'avviso di accertamento. Secondo l’Agenzia, la pronuncia era censurabile in ragione del fatto che la contribuente avrebbe dovuto indicare quali difese in concreto non aveva potuto svolgere a causa della mancata instaurazione del contraddittorio.

Con il secondo motivo, l'Agenzia delle entrate ha evidenziato la violazione e falsa applicazione degli articoli 55 del Dpr n. 917/1986 (reddito d’impresa) e 39 del Dpr n. 600/1973 (redditi determinati in base alle scritture contabili ai fini delle imposte dirette).
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso erariale ritenendo fondate le doglianze così come argomentate.

In riferimento al primo motivo di ricorso i giudici di legittimità ne hanno statuito l’attendibilità richiamando quanto chiarito, sul punto, dalle Sezioni unite della Corte con la sentenza n. 24823/2015 laddove si evidenzia che l'amministrazione finanziaria, solo in materia di tributi armonizzati, è gravata da un obbligo generale di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto, purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa (cfr anche Cassazione n. 20036/2018).

Nel caso di specie, la Suprema corte ha cassato, sul punto, la sentenza della Ctr in quanto essa aveva ritenuto illegittimo l'avviso di accertamento per violazione del generale principio dell'obbligo del contraddittorio preventivo in tema di "tributi armonizzati", incorrendo così nella denunciata violazione di legge, non avendo rilevato che la contribuente non aveva assolto all'onere di esporre le ragioni (uniche difese della contribuente sono quelle relative alla contestazione della natura imprenditoriale dell'attività svolta) che avrebbe potuto far valere prima dell'emissione dell'atto impositivo, astrattamente idonee a modificarne l'esito.

Anche il secondo motivo di impugnazione è stato accolto ritenendolo, nel merito, fondato.
Secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, la nozione tributaristica dell'esercizio di imprese commerciali non coincide con quella civilistica, in quanto l'articolo 4, primo comma, del Dpr n. 633/1972, in tema di Iva - cosi? come l'analogo articolo 51, comma 1, del Tuir (vecchia numerazione, ora articolo 55) -, intende come tale "l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva", delle attività indicate dall'articolo 2195 c.c., anche se non organizzate in forma di impresa; prescindendo quindi dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell'impresa commerciale agli effetti civilistici (cfr. Cassazione n. 20433/2011; in tema di imposte sui redditi, Cassazione n. 17013/2002 e n. 17894/2002, n. 27211/2006, n. 19237/2012).
Occorre, cioè, che l'attività sia svolta con caratteri di stabilità e regolarità e che si protragga per un apprezzabile periodo di tempo, pur se non necessariamente con rigorosa continuità (Cassazione n. 6853/2016).

Nello specifico, la giurisprudenza di Cassazione si è occupata dei casi di costruzione e successiva vendita di immobili da parte di privati, ritenendo che anche l'effettuazione di una singola attività di costruzione, che comporti il rilevante impiego di mezzi economici, il protrarsi nel tempo ed un'apprezzabile organizzazione di fattori di produzione, configuri un'attività di impresa (Cassazione n. 4407/1995).
L'Agenzia delle entrate, nella risposta all'interpello del 24/10/2019, n. 426 ha affermato che «la qualifica di imprenditore puo? essere attribuita anche a chi semplicemente utilizzi e coordini un proprio capitale a fini produttivi”.

Sulla base del richiamato orientamento giurisprudenziale ed in conformità a quanto chiarito anche dalla risoluzione 20 giugno 2002, n. 204/E, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, “la realizzazione di 5 appartamenti, 8 garage e 3 posti auto configurasse un comportamento logicamente e cronologicamente precedente l'atto di cessione e strumentale rispetto all'incremento di valore, che evidenzia l'intento di realizzare un "arricchimento" (lucro)”.
Nel caso oggetto del citato interpello, sostanzialmente simile a quello in esame, l'Agenzia delle entrate riteneva, quindi, che l'attività svolta dall'istante doveva considerarsi imprenditoriale dal momento che l'intervento sul complesso immobiliare risultava finalizzato, non all'uso del proprietario o a quello della sua famiglia, ma alla realizzazione e successiva vendita delle unità immobiliari, garage e posti auto a terzi, avvalendosi di un'organizzazione produttiva idonea, e svolgendo un'attività protrattasi nel tempo.

In conclusione, la Cassazione ha stabilito, sul punto, il principio di diritto in base al quale l'abitualità dell'attività imprenditoriale, ai fini della sua reale configurabilità, va definita avuto riguardo alla sua stabilità nel periodo di imposta preso in considerazione e tenuto conto, come avvenuto nel caso di specie, che le vendite oggetto di contestazione non rientravano in un'operazione unitaria.

 


© Riproduzione Riservata