Per l'applicazione del cram down rilevano i risultati concreti
Pubblicato il 05/05/23 00:00 [Doc.11969]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate


Il tribunale evidenzia che la causa economico-giuridica dell'operazione era in realtà la cessione dell'azienda libera dai gravami tributari rimasti quasi totalmente insoddisfatti

immagine generica

Ai fini della valutazione di convenienza nell’ambito dell’applicazione del cram down occorre considerare i risultati ottenibili dal creditore in concreto e non in astratto. In sede di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti il potere del giudice non è del resto limitato alla sola verifica della regolarità formale degli adempimenti procedurali, ma si estende alla verifica degli aspetti di legalità sostanziale. Una soddisfazione del credito erariale irrisoria, che azzeri sostanzialmente il credito, determina una situazione di evidente compressione dei diritti del creditore pubblico, non conferendogli alcuna utilità effettiva.

Il tribunale di Salerno, con decreto del 23/01/2023, ha affermato alcune rilevanti considerazioni in tema di cram down.
Nel caso in esame la ricorrente chiedeva di omologare un accordo di ristrutturazione dei debiti, corredato dalla proposta ex articolo 63 del Codice della crisi inviata all'Agenzia delle entrate, all'Agenzia delle dogane e monopoli e all'Agenzia delle entrate - Riscossione.

Tenuto conto che nel termine previsto non era pervenuto il consenso dell'amministrazione finanziaria, si chiedeva di omologare forzatamente il piano, che, per le somme tributarie dovute, proponeva di destinare, a favore delle agenzie fiscali, (poche) risorse ritraibili nello scenario liquidatorio, oltre un eventuale up-side rinvenibile dalle ulteriori risorse generabili per effetto della continuità aziendale ( a seguito di cessione di azienda, con incasso delle conseguenti, ulteriori, imposte generate da tale continuità), e ulteriori vantaggi derivanti dal mantenimento dei rapporti di lavoro dipendente.

Il tribunale, al fine di motivare la constatazione di non omologabilità di questa “apparente” soluzione della crisi di impresa, rappresenta che (Cassazione n. 12064/2019), in sede di omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, il sindacato del tribunale non è limitato ad un controllo formale della documentazione richiesta, ma comporta anche una verifica di legalità sostanziale, anche per gli effetti che si determinano sul debito fiscale e sulle liti fiscali pendenti.

Nella specie, peraltro, la ricorrente, a fronte di un accordo raggiunto con l'unico creditore aderente, per circa lo 0,03% dei crediti complessivi, chiedeva di procedere all'omologazione forzata sulla base di una (solo) asserita convenienza per l'erario.
Il tribunale di Salerno, richiamando anche altre precedenti decisioni di merito (tribunale Lecce, 17/10/2022) dove comunque il debito erariale era “soltanto” il 58,73%, con accordi con creditori diversi dall'Amministrazione finanziaria e dall'Inps per “almeno” l'11,45%), rileva che non sussistevano (nel precedente richiamato, come nel caso in esame) i presupposti del cram down, “la cui ratio è quella di superare una inerzia ingiustificata e irragionevole da parte dell'Amministrazione, non quella di comprimere i diritti del creditore pubblico ...”.
E questo per varie considerazioni.

In primo luogo, rilevano i giudici, il credito dell'Agenzia delle entrate, lungi dall'essere (soltanto) determinante ai fini del raggiungimento della percentuale, era anche del tutto preponderante nella situazione debitoria complessiva. E, in secondo luogo, per quanto di specifico interesse, il dato di confronto con l'alternativa liquidatoria scontava un'eccessiva “rigidità”.
Stante infatti la lettera ampia della legge, che parla genericamente di maggiore convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria, ai fini della valutazione in questione occorre considerare, in concreto e non solo in astratto, i risultati ragionevolmente ottenibili dal creditore che dovesse subire il cram down.

Nella fattispecie in giudizio, la società aveva proposto l'azzeramento del proprio debito corrispondendo una percentuale dell'1,79%, più conveniente, affermava (senza però nulla allegare e comprovare al riguardo), rispetto allo scenario liquidatorio, laddove l'importo assegnato all'Agenzia delle entrate sarebbe stato pari a zero.
Il tribunale evidenzia però, al riguardo, che la configurazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, quali atti di autonomia privata, non può fare comunque trascurare la rilevanza pubblicistica del relativo procedimento di omologa, che comporta la sospensione delle azioni cautelari ed esecutive e produce delle deroghe molto rilevanti, in caso di successivo fallimento, al regime generale dell'insolvenza e in particolare al principio della par condicio creditorum (tribunale Ancona, 12 novembre 2008; tribunale Milano 23 gennaio 2007, tribunale di Asti 25 giugno 2014).

In altre parole, a fronte di una soddisfazione irrisoria del credito erariale (che sia per l’1% o per l’11%, in base al precedente richiamato), salvo ulteriori elementi valutativi e probatori, appare evidente come ci si trovi in tali casi in situazioni di ingiustificata compressione dei diritti del creditore pubblico. E questo anche a prescindere dal fatto che, nella specie, c’era peraltro, come detto, un solo accordo con un solo creditore con un credito pari allo 0,03%, il che concretava una ragione evidente di inesistenza giuridica dello stesso accordo che si chiedeva di omologare.

Quanto ancora alla valutazione di convenienza, il tribunale conclude comunque rilevando che attribuire all'erario una percentuale irrisoria significa, in sostanza, azzerarne il credito, non conferendo alcuna utilità effettiva allo stesso creditore.
Tale circostanza esime in realtà il collegio dall'esaminare la questione della mancata prova, da parte del ricorrente, della convenienza per l’Agenzia delle entrate della transazione fiscale rispetto alla liquidazione giudiziale.

Nella specie, in definitiva, oltre all'assenza di un vantaggio economico per il creditore pubblico, appariva evidente come la causa economico-giuridica dell'operazione fosse, in realtà, la cessione dell'azienda, libera dai gravami tributari rimasti quasi totalmente insoddisfatti, non essendo neppure provato che la proposta di acquisizione da parte del un terzo assuntore (che avrebbe assicurato la continuità aziendale) intervenisse al valore effettivo della società.
E questo valeva ancor più se si considerava che, nella memoria che l'erario aveva depositato per negare il proprio assenso, era stato anche evidenziato che, da attività di indagine penale, era emerso un quadro criminoso che vedeva la stessa società al centro di un sistema abusivo di attività di raccolta di gioco e di scommesse (con conseguente mancata dichiarazione dei ricavi conseguiti ed evasione dell'imposta unica sulle scommesse), attuato attraverso portali web non autorizzati che raccoglievano le scommesse al di fuori dei canali leciti.
E questo, conclude il tribunale, a prescindere dalla estraneità o meno della società dalle accuse, confermava comunque l'inaffidabilità dell'impianto contabile precedente all'attuale fase sotto il controllo giudiziale.

 


© Riproduzione Riservata