Fallimento della supersocietà di fatto ed estensione ai soci costituiti anche da società di capitali
Pubblicato il 16/06/16 09:00 [Doc.1211]
di Redazione IL CASO.it


Cassazione civile, sez. I, 13 giugno 2016, n. 12120. Presidente Didone. Relatore Ferro.

Segnlazione e massime a cura del Prof. Francesco Fimmanò


Nel fenomeno di fatto della supersocietà quand’anche ricorra un vizio genetico nell'atto costitutivo della società fra una società a responsabilità limitata ed una persona fisica, per il principio di conservazione degli atti posti in essere in forza di un contratto di società nullo, ci sarebbe la conversione in una causa di scioglimento, con necessaria apertura della fase di liquidazione, al fine di definire i rapporti pendenti. Si tratterebbe di una società nulla, e tuttavia considerata valida per il passato e, per il futuro, società valida nello (e per lo) stato di liquidazione, senza caducazione retroattiva della sua esistenza, in forza della peculiarità delle nullità societarie, applicabili anche alle società di persone, ai sensi della valenza generale del principio di cui all'art. 2332 c.c., commi 2 e 4.

Acquisito secondo un procedimento efficacemente definito ascendente, che la cooperazione fra un soggetto persona fisica ed una società a responsabilità limitata ha operato anche solo per fatta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell'esercizio in comune dell'attività economica, della esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque di un agire nell'interesse (ancorchè diversificato e non però contro l'interesse) dei soci, nonchè dell'assunzione ed esteriorizzazione del vincolo anche verso i terzi, ne deriva, in via discendente, dalla conseguente società di persone, di fatto ed irregolare, la necessaria responsabilità personale dei suoi componenti, così instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento, diretta quanto al soggetto collettivo e per ripercussione quanto ai suoi soci, ai sensi della L. Fall., art. 147.

L’art. 147 comma 5 prevede una progressione dal fallimento individuale a quello della società della quale l'imprenditore individuale sia invece il socio ed inquadra un più ampio fenomeno di accertamento della reale impresa, definito anche come subornazione dell'imprenditore palese da parte dell'imprenditore occulto.

L'utilizzo strumentale di una o più società di capitali al fine di una diversificazione e delimitazione degli investimenti e della responsabilità di chi le dirige e le governa, anche con un sistema di direzione coordinato, di per sè non trasmoda in un abuso, posto che proprio tale schema organizzativo è immanente al paradigma delle diverse responsabilità limitate, né tale utilizzo strumentale può portare alla conseguenza della perdita del beneficio della responsabilità limitata per il sol fatto di aver operato nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui, violando i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società dominate e pertanto nell'interesse contrario a quello di dette società.

Nel merito, occorre l'accertamento che la s.r.l. presenti un'affectio societatis con la persona fisica e che la società di fatto esprima una sua autonoma e affatto propria insolvenza, alla cui verifica poter giungere anche eventualmente muovendo - quale fatto indiziante - da quella di uno o più dei suoi soci, ovvero del socio cui era inizialmente imputabile la attività economica, ma senza alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova richiesta, come per tutti gli insolventi fallibili, dalla L. Fall., art. 5.


© Riproduzione Riservata