Telemarketing: il Garante multa una società per 70mila euro. Con l'acquisto del caffè arrivava anche la telefonata di disturbo
Pubblicato il 17/11/23 00:00 [Doc.12615]
di Garante per la protezione dei dati personali


 

Con l’acquisto del caffè arrivava anche la telefonata di disturbo. Il Garante privacy ha comminato una sanzione di 70mila euro ad una società produttrice di caffè per aver promosso il proprio marchio attraverso telefonate indesiderate, insistenti e concentrate nel tempo, rivolte per lo più ad utenti iscritti nel Registro pubblico delle opposizioni (Rpo).

L’Autorità si è attivata a seguito di numerose segnalazioni e reclami di utenti che lamentavano di aver ricevuto le chiamate anche da numerazioni telefoniche contraffatte. In molti casi le telefonate indesiderate seguivano l’acquisto del caffè. Alla richiesta di informazioni da parte del Garante, la società ha risposto che l’attività di marketing telefonico riguardava dati personali degli utenti acquisiti con diverse modalità: tramite il form presente nel proprio sito internet, mediante il passaparola dei clienti, il programma “Presenta un amico” e liste di contatti raccolti da società terze.

Dalle verifiche effettuate dall’Autorità sono emerse diverse violazioni, a partire dall’uso dei dati per finalità di marketing senza aver acquisito il consenso degli utenti e senza aver loro fornito una apposita informativa (assente nel corso delle telefonate e insufficiente quella presente sul sito internet poiché l’attività promozionale non era indicata tra le finalità perseguite dalla società). La stessa violazione aveva peraltro riguardato anche utenti che avevano acquistato il caffè attraverso il call center dal momento che l’ordine di acquisito era considerato come prova del consenso al marketing. La società inoltre non aveva attivato controlli preventivi per verificare se le utenze presenti nel proprio database fossero iscritte nel Registro pubblico delle opposizioni e aveva del tutto omesso controlli sul processo di acquisizione dei dati da parte delle società terze.

Alla luce delle gravi violazioni riscontrate, l’Autorità ha pertanto inflitto alla società una multa di 70mila euro per trattamento illecito di dati personali.

La società inoltre dovrà cancellare i dati acquisiti illecitamente per finalità di marketing e attivare idonee misure tecniche, organizzative e di controllo affinché il trattamento dei dati personali degli utenti avvenga nel rispetto della normativa privacy lungo tutta la filiera.

 


Telecamere private, Garante: no alla ripresa di aree pubbliche
Le telecamere “ascoltavano” anche le conversazioni dei passanti

Quando si installano sistemi di videosorveglianza in ambito personale o domestico, oltre a rispettare la riservatezza dei vicini, è necessario prestare la massima attenzione a non riprendere aree pubbliche. Lo ha ricordato il Garante Privacy nell’ammonire un cittadino che aveva installato sul muro esterno della propria abitazione alcune telecamere che potevano riprendere l’area pubblica antistante con un parco giochi e una piazza. L’intervento dell’Autorità segue la segnalazione di una stazione dei Carabinieri.

Dagli accertamenti degli agenti risultava infatti che l’impianto di videosorveglianza era composto da una prima telecamera posizionata sulla porta di accesso dell’abitazione in grado di riprendere zone non di diretta pertinenza, in violazione del Regolamento europeo. Il dispositivo, oltre a riprendere le immagini, consentiva di registrare le conversazioni di chi passava nelle vicinanze e di intervenire parlando attraverso il microfono. L’impianto prevedeva poi una seconda telecamera, non attiva, posizionata alla fine di un vialetto che collegava l’entrata con uno spazio interno all’edificio.

Nel corso dell’istruttoria il Garante privacy ha accertato che la ripresa dell’area pubblica, rispetto a quelle di propria pertinenza, era avvenuta in maniera non conforme ai principi di liceità e di minimizzazione dei dati della normativa privacy. Se infatti i trattamenti effettuati mediante sistemi di videosorveglianza installati per attività domestiche sono da ritenersi, in linea di massima, esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina privacy, nel caso in cui l’angolo di visuale delle telecamere si estenda ad aree pubbliche o proprietà altrui essi sono soggetti agli obblighi del Regolamento.

Nel caso in esame, l’istruttoria ha rilevato che la ripresa delle aree pubbliche era avvenuta in assenza di idonei presupposti di liceità, considerato che chi ha installato le telecamere non ha dimostrato la sussistenza di un legittimo interesse riferito a una situazione di rischio effettivo che avrebbe potuto giustificare tale trattamento. Ciò vale ancora di più per la captazione di conversazioni avvenute in spazi pubblici attraverso dispositivi audio. Soltanto in presenza di situazioni di pericolo concreto si può estendere la ripresa delle videocamere anche ad aree comuni, luoghi aperti al pubblico o di pertinenza di terzi, purché ciò sia adeguatamente motivato e suffragato da idonea documentazione (es. denunce, minacce, furti).

Tenuto conto del fatto che la condotta ha esaurito i suoi effetti, avendo egli provveduto subito dopo l’apertura dell’istruttoria a sostituire la telecamera precedentemente installata con una fissa puntata verso l’ingresso, il Garante ha limitato il suo intervento al solo ammonimento.

 


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